Rassicurazione e dintorni

Spesso le persone in terapia chiedono di essere rassicurate rispetto ad ansie, angosce e paure varie. È legittimo e comprensibile. Se sei impaurito, cerchi di rassicurarti.
È quello di cui ha bisogno un bambino piccolo spaventato. E anche un adulto che fronteggia la paura e chiede aiuto quando da solo non riesce a tranquillizzarsi.
Quando eravamo piccoli, se siamo stati fortunati, abbiamo avuto genitori e affini che ci hanno rassicurato. E ci hanno trasmesso, direttamente o indirettamente, la capacità di auto-rassicurarci. Di regolare l’intensità delle nostre emozioni in modo da renderle sostenibili e affrontabili. Che si accompagna, quasi sempre, ad un senso di sé capace di fidarsi e affidarsi. Di avere fiducia in sé e negli altri.
Se, purtroppo, non siamo stati fortunati, non abbiamo sperimentato a sufficienza questa rassicurazione dall’esterno; in situazioni tragiche possiamo addirittura essere stati vittime di grave trascuratezza e abusi fisici ed emozionali. Allora, difficilmente abbiamo potuto interiorizzare la capacità di calmarci, rassicurarci e regolare i nostri stati mentali. Ciò ha minato, più o meno profondamente, la sicurezza in noi stessi e ha installato dentro di noi una altrettanto profonda sfiducia nel mondo e negli altri.
Oggi, il bambino ferito, spaventato, addolorato, ‘abusato’ vive e regna ancora dentro l’adulto. Che sviluppa malesseri più o meno gravi che cerca di curare da solo o con l’aiuto di persone care. E che quando non ci riesce e trova il coraggio chiede un aiuto specialistico, ad esempio una psicoterapia.
Un percorso psicoterapeutico è un’impresa artistica a due a volte coinvolge più o meno direttamente anche altre persone della cerchia familiare e affettiva): insieme si cerca di creare la cura adatta alla specifica persona con le sue caratteristiche, la sua storia, la sua sofferenza, le sue risorse.
Tenendo conto della specificità individuale suddetta, riguardo alla rassicurazione solitamente in terapia si lavora per:
STABILIZZARE le emozioni dolorose in seduta in modo che siano tollerabili per il paziente e lo aiutino ad esplorare il suo mondo interno (sensazioni, emozioni, pensieri, ricordi) ed elaborare i suoi vissuti e le sue esperienze.
Aiutare il paziente a SVILUPPARE CAPACITÀ DI AUTOREGOLAZIONE e AUTO-RASSICURAZIONE che potrà usare nella vita quotidiana per governare frustrazioni, ansia e momenti di stress.
Aiutare il paziente a SAPERSI RASSICURARE ANCHE SE NON TUTTO è PREVEDIBILE e non tutto è SOTTO CONTROLLO
Aiutare il paziente ad ACCETTARE che una quota di INCERTEZZA farà sempre parte della vita quotidiana, dei rapporti interpersonali e dell’esistenza più in generale
Aiutare il paziente ad essere consapevole delle sue RISORSE, interne e interpersonali, materiali e psicologiche, ed utilizzarle anche in condizioni di non totale rassicurazione.
Il tutto per aiutare la persona a riprendere in mano, con consapevolezza e responsabilità, le redini della propria vita ovvero a recuperare la consapevolezza di avere un certo grado di potere nel governare i propri stati mentali, di progettare una vita che ha senso e valore per sé e per agire di conseguenza nella direzione desiderata.

Per com-prendersi cura di sé

Per prenderti cura di te devi comprenderti. Devi comprendere il tuo funzionamento attuale e la tua storia di vita e come sono collegati tra loro.
Devi esplorare e comprendere il tuo FUNZIONAMENTO ATTUALE. Cosa ti fa stare male oggi (sintomi fisici e psicologici, relazioni conflittuali a casa e al lavoro, difficoltà a farti valere, frustrazioni e delusioni ricorrenti, ecc.). Quali emozioni dolorose riempiono le tue giornate e quali situazioni e pensieri le generano. Quali comportamenti problematici sei abituato ad adottare. Quali tentativi di cambiamento hai messo in atto e perché, secondo te, non hanno funzionato a farti risolvere i tuoi problemi e ridurre il tuo malessere.
Se ciò che hai compreso non fosse stato sufficiente a farti attivare per migliorare la tua situazione allora forse sarebbe utile un ripasso della tua STORIA DI VITA.
Spesso la sofferenza che ci attanaglia nasce dalla ripetizione di vecchi schemi di pensiero e comportamento appresi tanto tempo fa come strategie che trovammo allora per risolvere il nostro dolore ma che nel tempo sono diventate disfunzionali.
Devi andare allora a cercare eventuali TRAUMI vissuti nel tuo passato (grandi incidenti in cui hai rischiato di morire o hai visto morti da vicino, lutti importanti, catastrofi naturali come terremoti, abuso fisico e anche sessuale subito, ecc.).
Trauma è qualcosa che ci è accaduto e che ci ha fatto sentire in pericolo, minacciati nella nostra stessa vita; un dolore che ha sopraffatto le nostre capacità di sostenerlo e superarlo, rimanendo dentro di noi come un ‘nodo irrisolto’ che tende a riproporsi con emozioni opprimenti, pensieri disturbanti, immagini spaventose, sensazioni corporee devastanti, fino a stati dissociativi della mente.
A volte esistono invece RELAZIONI TRAUMATICHE nella nostra storia: senza specifici eventi giganteschi, le relazioni più importanti della vita di una persona sono state caratterizzate sistematicamente da frustrazioni enormi e ripetute, trascuratezza fisica ed emotiva, negligenza o incapacità di accudimento delle persone che avrebbero dovuto prendersi cura dei bisogni del bambino e del ragazzo.
Con questi traumi, probabilmente ti porti dentro un grande ‘SENSO DI TRADIMENTO E SFIDUCIA’ e una ferita emotiva caratterizzata da IDEE ‘NEGATIVE’ sul mondo, su te stesso, sugli altri, con sensibilità a certi temi che la vita ti ha presentato e con molta probabilità ti presenterà a più riprese (perdita, abbandono, solitudine, rifiuto, costrizione, sfiducia, ingiustizia, conflitti, critica, controllo, libertà, autonomia, deprivazione emotiva e altri ancora).
Questi ‘TEMI DI VITA SENSIBILI’ riguardano tutti i legami affettivi: come li abbiamo vissuti da piccoli e come hanno creato in noi ASPETTATIVE su come dovrebbero andare le relazioni. Queste aspettative, per lo più inconsapevoli, agiscono nel FUNZIONAMENTO ATTUALE orientando quello che pensiamo, come ci sentiamo e cosa facciamo nelle nostre relazioni quotidiane.
Dunque, comprendere il presente per tornare al passato, per comprendere quanto il passato governa ancora il presente (e anche il futuro).
È un percorso di esplorazione che parte come sempre dalla sofferenza per cercare una strada verso la serenità e la libertà da vecchie catene che ci portiamo dentro da tanto tempo. Un percorso che in certe sue parti può essere fatto da soli, magari facendosi aiutare dalla lettura di qualche buon libro come ‘Alice nel paese delle miserie’ (lo puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line). Quando l’esplorazione diventa ‘troppo dolorosa’ allora può essere utile chiedere un aiuto specialistico per la cura di traumi e ferite, dolori antichi e sofferenze attuali.

Scacco alla mente e al corpo

Nella vita accadono tante cose. Incontriamo diversi eventi nel corso della nostra esistenza, alcuni sono ‘oggettivamente’ (o quasi) fonte di felicità per tutti (innamorarsi, essere promossi, raggiungere un obiettivo, ecc.), altri sono ‘oggettivamente’ (o quasi) fonte di sofferenza per tutti (lutti, malattie, abusi e violenze subiti, ecc.).
Eppure esistono alcuni eventi che hanno un effetto particolare sull’individuo, per come li percepisce, li valuta, li considera. Per come la sua mente e il suo corpo accusano il colpo. Sono eventi che la persona vive come ‘traumatici’: in parte per quello che sono, in parte per quello che rappresentano, per come toccano la sensibilità della persona. Ad esempio, una bocciatura ad un esame, un ridimensionamento al lavoro, essere traditi o lasciati dal partner, un’umiliazione in un gruppo sono eventi ‘spiacevoli’, indubbiamente per tutti, ma una persona può viverli come catastrofici, insopportabili, traumatici. Perché? Perché nella sua storia già è successo qualcosa di simile o addirittura identico, magari tanti anni prima, con la mente di un bambino o tante volte, fino a diventare un danno ripetutamente vissuto. Questi eventi passati hanno creato un terreno vulnerabile al riproporsi di una situazione simile e quando ciò avviene la persona ha una ‘ferita scoperta’ che tende immediatamente a sanguinare, ancora e ancora.
In psicoterapia, la persona può imparare a riconoscere, nascosta tra i sintomi, questa sua sensibilità, questo suo funzionamento che, inconsapevolmente, ‘trasforma un dolore in un trauma’. Un accadimento spiacevole in qualcosa di devastante. Un evento pesante in qualcosa di catastrofico.
Riconoscere il ‘ponte tra ora e allora’ è un passaggio fondamentale affinché l’adulto prenda per mano il bambino ferito che si porta dentro e lo conduca fuori dal buio…
Il viaggio dalle miserie alle meraviglie, non sempre ma spesso, richiede il passaggio in un tunnel buio e spaventoso; lo trovi ben rappresentato in ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line. Anche il viaggio di Alice nel paese delle meraviglie comincia con la caduta nei meandri bui dell’ignoto… Ignoto e potenzialmente trasformativo…

Antidepressivo

Una cura efficace per la depressione è fondata su cinque punti, che potremmo siglare con 5 A per ricordarli meglio. Prima però una premessa. Non esiste un’unica depressione, esistono svariate forme e manifestazioni depressive. Per cui i seguenti passaggi possono essere validi tenendo conto di una precedente valutazione del tipo specifico di fenomeno depressivo di cui si tratta.
Ecco le 5 A.

ACCETTARE lo SCARTO tra reale e ideale (perdite, fallimenti, limiti personali e della realtà, imperfezioni del mondo e delle persone, compreso se stessi). Incontriamo nella vita situazioni di più o meno grande frustrazione e delusione con cui dobbiamo fare i conti; proviamo a ridurre lo scarto e impariamo ad accettare ciò che non siamo riusciti a cambiare.

Mantenere sempre ATTIVA una PROGETTUALITÀ, di piccoli e grandi progetti, a breve e lungo termine. Imparando a spostare il futuro al presente: cosa vorrei ora!

ATTIVARE RISORSE, personali e interpersonali, materiali e psicologiche. Tutto ciò che serve per affrontare il buio, la tristezza, l’angoscia, la solitudine, l’impotenza.

AGIRE. Svolgere attività per sentirsi vivi e vitali, agire PER RIFLETTERE e poi agire di nuovo. Fare quanto necessario per portare avanti i progetti personali.

ACCUDIRE SE STESSI. È il pezzo di lavoro sulle proprie ferite, sui traumi di vita e su come hanno condizionato l’evoluzione della personalità e le scelte di vita, da allora fino ad oggi. Curare le ferite per donare energia al presente e speranza al futuro.

Dentro questa cornice generale si svolge la cura della propria specifica situazione depressiva.

L’autostima compassionevole e flessibile

L’autostima si nutre di 4 componenti.
1. Raggiungere gli OBIETTIVI che ci si è dati in base ai nostri valori e vivere una sana soddisfazione, godersi i risultati raggiunti, provare un sano orgoglio di sé e gratitudine per tutto ciò che ha contribuito al nostro ‘successo’.
2. Essere COMPASSIONEVOLI CON SE STESSI, in special modo quando non si raggiungono i propri obiettivi. Riconoscere la propria tendenza all’autocritica feroce e spietata per sostituirla gradualmente con un atteggiamento comprensivo, gentile, accettante verso di sé. Un atteggiamento davvero efficace per imparare dagli errori senza affossare il senso del nostro valore e per riprendere il cammino verso i propri obiettivi, lì proprio da dove si è interrotto.
3. Mantenere sempre vigile l’attenzione sui propri VALORI e sulla direzione in cui orientano la nostra vita e le nostre scelte. I valori sono le fondamenta del nostro stare al mondo ed è importante proteggerli da venti di burrasca che tenderebbero a scardinarli.
4. ESSERE FLESSIBILI rispetto alle strade utili e sane per raggiungere gli obiettivi e realizzare i valori rigorosamente saldi dentro di sé. La flessibilità è quella risorsa che ci permette di essere creativi nel trovare molteplici modi per arrivare dove per noi è importante. Per esempio, un valore potrebbe essere proprio una vita fondata sulla compassione al servizio del proprio benessere e della personale autostima.
Ora nota come funzioni in base a questi quattro pilastri dell’autostima…
E individua le aree che sono già efficaci e potenti dentro di te a nutrire l’autostima e quelle che invece necessitano di essere ‘allenate’…

Storie di vita: dalla risorsa al sintomo, dal sintomo alla risorsa

Un bambino trascurato, traumatizzato, abusato emotivamente, se non fisicamente, cresce sentendosi “non amato” e “senza valore”, con sentimenti di inadeguatezza, incompetenza, colpa e vergogna, con un senso di difettosità oltre che di impotenza.

Traumi psicologici e fisici e trascuratezza emozionale sensibilizzano la mente del bambino prima e dell’adulto poi a “focalizzare errori e difetti personali” e a “trascurare qualità e valore personali”.

Imparare a riconoscere le proprie risorse è un passaggio fondamentale per potenziare il senso del proprio valore (autostima), di essere amabile e di poter affrontare la vita con senso di competenza ed efficacia.

Risorsa è tutto ciò che è utile a raggiungere scopi. Le risorse possono essere sane o problematiche.

Riconoscere le risorse comincia dal riconoscere il valore che hanno avuto in passato quelli che oggi sono diventati comportamenti problematici e sintomatici: comportamenti scoperti e appresi allora come utili a regolare le emozioni, a calmare il corpo, ad affrontare le difficoltà e a governare le relazioni. La domanda guida diventa: a cosa ti è servito imparare a fare quello che fai? Ad esempio: controllare, cercare la perfezione, fare da solo, chiuderti in te stesso, dire sempre sì, reprimere emozioni e pensieri, compiacere, dipendere, cercare sempre attenzione, urlare, pretendere, non esprimerti, non prendere decisioni. Da questo riconoscimento del “valore di sopravvivenza” anche di modalità problematiche, la persona può cominciare a riconoscere i bisogni che stanno sotto i sintomi e a trovare modalità e comportamenti più adattivi per rispondere a quei bisogni. Quindi la domanda successiva è: quali tue modalità sono ancora utili a soddisfare tuoi importanti bisogni e quali, invece, sono sostanzialmente disfunzionali e fonte di sofferenza?

Spesso le persone hanno organizzato un’intera storia di vita e struttura di personalità intorno a queste “decisioni precoci di adattamento”. Oggi quella storia e quella personalità condizionano le scelte e le relazioni attuali e quindi il grado di benessere/malessere che la persona vive. Terza domanda fondamentale diventa allora: cosa puoi cominciare a mettere in discussione del tuo modo di stare al mondo, di pensare e agire?

Mettere in discussione necessita di due ingredienti fondamentali: riflessione e azione. Riflettere per comprendere e dare senso. Agire per sperimentarsi concretamente in nuove modalità e scelte: fare qualcosa di diverso (non patologico e distruttivo, come da allora e fino ad ora) per soddisfare bisogni importanti e ancora validi, ora come allora. Ad esempio, se cercare a tutti i costi di essere perfetto ti è servito nel tentativo di sentirti amato in modo condizionato (il bambino in origine ha pensato inconsapevolmente: sarò amato “se e solo se” sarò perfetto), oggi puoi cercare amore autentico (affetto, relazioni appaganti, stima, ecc.) anche senza necessariamente dover essere perfetto. Altro esempio: se hai imparato a fare sempre e tutto ciò che gli altri (genitori in primis) ti chiedevano diventando esperto della compiacenza e della sottomissione (perché credevi così di guadagnarti briciole d’amore e apprezzamento), oggi puoi imparare anche a dire no, anche no e comunque sentirti amato e stimato in relazioni importanti (o perdere persone che evidentemente non ti meritavano). Terzo esempio: se sei cresciuto in una famiglia “imprevedibile” (es. papà fortemente violento, mamma profondamente depressa), è comprensibile che tu abbia imparato a “non dare fastidio e controllare tutto, anche l’incontrollabile” (con l’idea sensata che così avresti salvato la pelle ovvero avresti ottenuto il minimo indispensabile di amore e apprezzamento): oggi puoi comunque esprimere te stesso (pensieri ed emozioni) e abbandonare la necessità di controllare tutto. Ultimo esempio: da piccolo (e da grande) hai imparato a “volare basso”, ad avere poche ambizioni, ad essere modesto perché a casa dominava il valore dell’umiltà e della cautela non rischiosa (in altre famiglie invece regnava la ricerca del successo e del prestigio); quindi sei diventato una formichina, con i suoi pro e i suoi contro; oggi puoi comunque dare ascolto anche ad altre parti di te, più intraprendenti e più gaudenti.

Risorsa è tutto ciò che è utile a soddisfare bisogni. Risorsa è ciò che rende sopportabile ciò che sembra schiacciarci, che permette di superare una difficoltà che sembrava insormontabile, che permette di adattarci invece di soccombere. Ed è importante imparare a riconoscere le proprie risorse per utilizzarle. Ed è importante imparare a lasciarsi alle spalle risorse disfunzionali in favore di nuove risorse creative, efficaci e fonte di benessere.

Anche la persona più problematica e piena di limiti possiede delle risorse che deve imparare a riconoscere. Anche i comportamenti più problematici che oggi una persona vuole cambiare, un tempo sono stati risorse che hanno aiutato la persona ad affrontare situazioni difficili. Oggi la persona può riconoscere il valore di quei comportamenti e cercare di sostituirli con altri comportamenti più sani e altrettanto utili a soddisfare i bisogni originari e attuali.

‘P – factor’. Un viaggio

Il dolore fa crescere e anche la paura, anche se probabilmente un po’ tutti vorremmo crescere senza incontrarne più di tanto. Crescere ti richiede di mettere ordine nel caos e nell’imprevedibilità che ti arrivano, prima o poi, tanto o poco, anche se un po’ tutti vorremmo crescere sperando di schivare il più possibile la sofferenza e imparando a cogliere le opportunità. Così è la vita… Certo è meglio la serenità che la tragedia, diremmo tutti.
La nostra vita ci fornisce sostanzialmente interrogativi a cui noi “dobbiamo” rispondere, siamo chiamati ad affiancare punti esclamativi.
La nostra vita si svolge tra ciò che troviamo e ciò che non troviamo. Tra ciò che lasciamo e ciò che troviamo. E ogni tanto ci interroghiamo sulla distanza che esiste tra ciò che siamo e ciò che vorremmo e avremmo voluto essere. Ma anche tra ciò che siamo stati e ciò che non siamo più. E a volte questi temi ci procurano gioia, molto più spesso dolore.
Chi veramente fa i conti con dolore, paura, malattia, perdita, disillusione (tutti noi?) deve necessariamente cercare la luce dentro al buio… Per non sprofondare nell’oscurità, qualunque forma essa possa assumere…
E quindi ognuno ha il suo viaggio da compiere… Eroico o meno che sia… Di cui conosciamo, forse, l’inizio, ma la cui fine dobbiamo cercare di inventare…
Viaggio che si svolge sempre tra regole e immaginazione, tra testa e cuore, tra ragione e sensazioni.
Viaggio in cui devi saperti muovere dentro le certezze rassicuranti e i confini che delineano il percorso, per imparare gradualmente a sfidare i tuoi limiti, imposti e autoimposti, senza mai perdere la testa, qualità che ti permette di perderla solo al momento giusto…
Viaggio che ciascuno compie col personale bagaglio. Di predisposizioni caratteriali ed esperienze precoci, di tendenze innate e di abilità acquisite. Doti naturali e percorsi evolutivi. Bagaglio di dolore e paura e di strategie che abbiamo inventato per cavarcela. Bagaglio di risorse e di limiti personali. Bagaglio in cui ognuno ha messo anche un po’ di certezze su cui poggiarsi e un po’ di imprevisti da imparare a governare.
Fino a quando non funziona qualcosa. Qualcosa non funziona più. Il controllo che, anche solo inconsapevolmente, hai avuto finora lascia il posto a qualcosa che sfugge, che ti sfugge. L’imprevisto diventa ingovernabile.
Prima alcuni segni che non sempre riesci ad interpretare… Poi segnali più chiari, che magari vedi, riconosci come anomalie, ma che tendi a trascurare… Quindi i sintomi, stai male, esprimi una qualche forma e grado di malessere: sei sempre stanco e deconcentrato, il lavoro diventa sempre più “l’attesa del fine settimana”, ciò che fino a ieri ti appassionava ora lo vivi in modo spento, demotivato. Sei costantemente annoiato, quasi sempre incazzato, anche tristezza e ansia ti vengono a trovare sempre più spesso. Ogni relazione ne risente, a casa, al lavoro, in coppia, coi figli, con gli amici. I pilastri in cui ti sei finora riconosciuto e identificato sembrano scricchiolare. Ti senti diverso dal solito, diverso da come sei sempre stato e anche gli altri, più o meno vicini, cominciano a vedere che qualcosa non va nel tuo modo di stare al mondo, nelle relazioni, nella quotidianità.
Il tuo corpo si lamenta, la tua mente si lamenta, tu ti lamenti. Lamenti che hanno bisogno di ascolto. Lamenti che sembrano inascoltabili.
Gradualmente insidiosa, una “parte malata” sta invadendo la tua personalità. Malessere fisico, emotivo, relazionale. Qualcosa è cambiato, si è rotto, si è inceppato o qualcosa del genere. Lo smarrimento che altre volte hai incontrato lungo il viaggio e che hai sempre superato con un senso di sfida, evoluzione, potenza e controllo, oggi è uno smarrimento in cui ti senti “profondamente” perso…
Ora comincia un altro viaggio. In almeno tre tappe, da percorrere necessariamente, anche se, come sempre, ciascuno a suo modo.
Prima. Sto male…
Seconda. Ho bisogno di aiuto…
Terza. Devo farmi aiutare…
Il resto è tutto da percorrere… in infinite forme possibili…
Grazie Luca per il tuo insegnamento…
Grazie Luca per il tuo libro, che invito tutti a leggere e diffondere: ‘P-Factor. La variabile Parkinson nella mia vita’. (Luca Berti. Youcanprint Edizioni).
Grazie per aver condiviso con noi la tua esperienza, il viaggio che stai facendo, forse unico e diverso da altri viaggi, forse simile al viaggio che ciascuno di noi compie…

Qual è il problema!? La vera natura dei problemi

Conosci la storiella zen dei due monaci e la ragazza?

Il problema non è quello che ti succede, ma quello che ci fai con quello che ti succede.
Sono veramente pochi gli eventi realmente traumatici, catastrofici, distruttivi. Anzi, probabilmente, anche l’evento più nefasto può essere vissuto, rivissuto, rielaborato dalla mente e dal corpo in modo da renderlo meno traumatico possibile, da viverlo come doloroso, ma senza farsene distruggere. Da lasciarlo nel passato, antico o recente che sia, per renderlo meno disturbante possibile, per lasciarlo seppellito nella propria storia, ma ormai pressoché innocuo.
Non è facile ovviamente. Non sempre. Non per tutti. Molto dipende dal tipo di evento traumatico: morte violenta di un caro, abusi fisici subiti da parte dei propri cari, grave trascuratezza emotiva, essere vittime di disastri naturali, sviluppare handicap rilevanti, solo per fare qualche esempio di grave traumaticità. Molto dipende dalle risorse di cui la persona può disporre o che può attivare: personali e affettive, sociali e ogni altra modalità o strumento utile a sostenere la persona.
Resta il principio generale che ciascuno di noi può fare qualcosa con ciò che gli è capitato. E cosa facciamo fa certamente la differenza.

Il problema è l’evento o come lo rendi stressante in base a come lo interpreti e lo interiorizzi?

Il problema è l’evento o come lo rendi stressante in base a come lo pensi e lo ripensi?

Il problema è l’emozione negativa che vivi (ansia, paura, preoccupazione, tristezza, rabbia, senso di colpa, vergogna, ecc.) o come la tratti (la neghi, la reprimi, la soffochi, la nascondi, la fai diventare malattia fisica, ecc.)?

Il problema è la frustrazione e la delusione o come continui a farle vivere dentro di te?

Il problema è il dolore per essere stato lasciato o come lo trasformi in senso di fallimento e angoscia?

Il problema è il tradimento o come lo guardi e riguardi nella tua mente alla moviola?

Il problema è la critica che ricevi o come continui a farla rimbombare dentro di te?

Il problema è il giudizio negativo su di te che ti hanno instillato fin da ragazzino o il modo in cui ci hai creduto e continui a crederci?

Il problema è l’auto-svalutazione o come la metti alla guida della tua vita?

L’EMDR è una forma di psicoterapia specializzata nel trattamento e scioglimento dei traumi: permette alla persona di desensibilizzarsi dal trauma e dalle sue conseguenze perduranti al presente aiutandola a lasciare il passato nel passato.
In generale, tutte le forme di psicoterapia aiutano a fare i conti con “la vera natura dei problemi”…

Tanzan ed Ekido erano due monaci zen che camminavano lungo una strada fangosa. Poco prima di un villaggio incontrarono una ragazza che stava cercando di attraversare la strada. Il suo kimono dorato avrebbe subito danni irreparabili bagnandosi. Tanzan, senza pensarci su, prese in braccio la ragazza e la portò dall’altra parte della strada. Poi entrambi i monaci continuarono il loro cammino. Qualche ora dopo Ekido sbottò, incapace di reggere a quello che sentiva dentro. “Perché hai portato quella ragazza? Noi monaci zen non facciamo cose di questo tipo”. Tanzan rispose: “Ho portato la ragazza qualche ora fa; tu invece la stai ancora portando”.

L’ardua impresa dell’accettazione

Cosa significa e cosa comporta accettare una dura realtà? Una realtà che non vorremmo fosse vera, ma che purtroppo è reale, rispetto alla quale siamo impotenti, abbiamo fatto i nostri tentativi per negarla, far finta che non fosse vera o provare a cambiarla, ma ora non possiamo fare altro che accettarla? Ecco una traccia essenziale per “accettare”.

Accettare la REALTÀ: la perdita, la separazione, il fallimento, la sconfitta, una frustrazione che si ripete, una delusione relazionale, il trauma, la malattia, il lutto, una qualche “via del non ritorno”, ciò che è accaduto, più forte e più grande di noi, delle nostre capacità di affrontarlo. Riconoscere la dura realtà è il primo passo per elaborarla, cercarne il senso e il valore, fino ad accettarla come “qualcosa che fa parte delle cose che accadono e possono accadere”.

Accettare il DOLORE e tutte le emozioni che porta con sé: tristezza, preoccupazione, paura, impotenza, angoscia, rabbia, senso di colpa, vergogna, solitudine, disperazione, ecc.. Sopportarlo, attraversarlo, viverlo, per superarlo, impararci a convivere, trasformarlo, fino a lasciarcelo alle spalle.

Accettare i CAMBIAMENTI. Adattarsi alla nuova situazione che si è venuta a creare, riorganizzare i propri comportamenti, le proprie relazioni e il proprio stile di vita. Ritrovare un senso e un valore nella vita nonostante il dolore di una realtà avversa, stressante, traumatica.

Accettare il cambiamento DELL’IMMAGINE DI SÉ. Qualcosa è cambiato all’esterno, qualcosa è cambiato all’interno, nella nostra visione del mondo, nel nostro modo di concepire noi stessi, le altre persone, la vita, il senso delle cose.

Accettare il cambiamento del PROGETTO DI VITA. Rimodulare i nostri scopi di vita. Da oggi in poi alcuni sogni e obiettivi saranno diversi. Da oggi in poi dobbiamo imparare ad investire in nuovi progetti.

Dentro questa cornice dell’accettazione c’è il percorso personale di ognuno di noi che si deve confrontare con dure realtà. Come lo facciamo orienta il nostro adattamento e benessere o lo sviluppo di malessere e sofferenza. E anche la nostra capacità di gestire le avversità in futuro, piccole e grandi frustrazioni, delusioni e stress che la vita potrà presentarci.

Pensa ad una situazione passata che hai dovuto fronteggiare o una presente che devi affrontare. Verifica i passi precedenti e nota cosa hai fatto, cosa puoi fare e cosa devi fare per confrontarti con la dura realtà… E verifica l’impatto della realtà sulle tue condizioni di benessere o malessere.

Dal letame nascono i fior. Una storia sulla perfezione e sul valore

C’era una volta un’anziana donna che aveva due grosse anfore appese alle estremità di una canna che portava sulle spalle. Una delle anfore aveva una crepa e perdeva un po’ d’acqua, mentre l’altra era perfetta e conservava sempre tutta l’acqua.
Alla fine del lungo cammino, dal fiume a casa, la vecchia donna restava con un’anfora piena solo a metà. Per due anni interi andò avanti così…
L’anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l’anfora nuova non perdeva l’occasione di far notare la sua perfezione.

Dopo due anni, che all’anfora difettosa sembrarono un fallimento senza fine, l’anfora disse alla donna: “io mi vergogno del mio difetto e dei guai che ti procuro”.
L’anziana signora sorrise: “non hai notato che dal tuo lato della strada risplendono i fiori, ma non dal lato dell’altra anfora? Io ho messo dal tuo lato della strada dei semi di fiori, perché ero consapevole del tuo difetto. Ora tu li annaffi ogni giorno quando torniamo a casa. Per due anni ho potuto raccogliere questi meravigliosi fiori e ornare la tavola con essi. Se tu non fossi esattamente così, come tu sei, non esisterebbe questa bellezza che adorna la nostra casa”.

… … …

Come spesso accade nella nostra vita quotidiana, le cose non sempre sono proprio quello che sembrano … Le ferite, i dolori, i fallimenti, le imperfezioni possono esprimere possibilità di bellezza, nutrimento e vitalità… Basta saper guardare con attenzione… Piantare semi e prendersene cura…