Chi si astiene dalla lotta coi propri pensieri, si prende cura di sé.
Noi siamo nati per soddisfare i nostri bisogni. La nostra mente si è evoluta per trovare strade utili verso quei bisogni. I nostri pensieri dovrebbero essere al servizio di nostre azioni efficaci a soddisfare bisogni e desideri. Ma le cose non sempre funzionano a dovere…
La nostra sofferenza non è tanto legata ai fatti che ci accadono, ma alle interpretazioni che diamo di quei fatti. Ma ancora di più alimentiamo il nostro stress emotivo, quando indugiamo in ‘pensieri sui pensieri’. Quando rimuginiamo ponendoci all’infinito domande del tipo: “e se accade questo…?”, domande che cercano illusoriamente di colmare l’incertezza che ci preoccupa e che di fatto finiscono solo per accrescere la nostra ansia. Quando ruminiamo rabbiosamente su fatti accaduti, ponendoci domande che, lungi dal risolvere problemi, alimentano la nostra rabbia (“perché si è comportato così ingiustamente?”) o la nostra triste autosvalutazione (“perché ho fatto quell’errore?”).
Rimuginare e ruminare sono attività mentali attraverso cui produciamo pensieri su pensieri senza di fatto risolvere problemi e soddisfare bisogni.
È ora di una piccola esplorazione per la tua consapevolezza.
Nota quando rimugini… Quali domande ti poni? Quali risposte ti dai?
Nota quando rumini…Quali domande ti poni? Quali risposte ti dai?
Nota con quale scopo pratichi queste attività mentali…
Nota cosa ottieni da questo incessante pensare e pensare e pensare…
Nota cosa ottieni da questa esplorazione…
Immagina in che modo potrebbe esserti utile ciò che hai compreso…
Inizia ad agire in base alla consapevolezza emersa…
Una terapia efficace può aiutare la persona a smettere di lottare coi propri pensieri e concentrarsi in modo certamente più utile sui bisogni frustrati nella situazione problematica e sulle strategie adatte a cercare soddisfazione di quei bisogni.
A complemento di una buona terapia, potresti anche leggere ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Categoria: rimuginio
Io sono incapace
Spesso facciamo pensieri su noi stessi del tipo: sono incapace, sono fragile, sono inadeguato, sono colpevole, sono stupido, sono sfortunato, ecc. O pensieri simili del tipo: non sono amabile, non valgo niente, non merito amore, non sono all’altezza, non ce la farò, ecc. Sono pensieri e credenze su se stessi più o meno consapevoli. Così come facciamo pensieri del tipo: il mondo fa schifo, gli altri ti tradiscono, la vita è una fregatura, il mondo è alla deriva, gli altri sono inaffidabili, la vita è piena di dolore.
Ora, a prima vista, questi pensieri sanno di negativo e probabilmente si accompagnano ad esperienze emotive stressanti e dolorose.
Cosa fare per ridurre la sofferenza?
Una strada è quella di affrontare questi pensieri negativi. Come? In diversi modi, tra loro integrabili. Che puoi cominciare ad adottare immediatamente.
Prendi un tuo pensiero negativo… Ad esempio: “io sono debole”. Ed inizia ad esplorare in che modo questo pensiero negativo è associato alla tua sofferenza, ai tuoi stati d’animo negativi, ad esempio ansiosi o depressivi. E poi inizia a notare (chiederti):
Quali sono le prove che mi dicono che sono debole…
Quali sono i criteri per definirmi debole…
Quanto questo presunto stato di debolezza e credenza di essere debole condiziona le mie scelte…
Quanto ‘sentirmi debole’ o ‘credermi debole’ è qualcosa di catastrofico e insopportabile…
A cosa e quanto mi è utile continuare ad avere questa idea in testa…
Come sto trattando questa mia credenza… Se, ad esempio, ci sto rimuginando…
A cosa e quanto mi è utile pensare continuamente a questa idea…
Quali sono i risultati effettivi del mio pensare continuamente a questo mio pensiero…
Se e quanto mi sta aiutando veramente a risolvere i problemi continuare a pensare incessantemente alla credenza “sono debole”… Cosa sarebbe più efficace fare per risolvere i miei problemi e ridurre la mia sofferenza…
Se, attraverso le osservazioni (o domande) che ti ho proposto, esplori i tuoi pensieri e come tratti i tuoi pensieri, probabilmente riuscirai a fare un’enorme chiarezza sulla tua sofferenza e su come ridurla.
Se, inoltre, inizi a leggere ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line, probabilmente la tua chiarezza e la tua efficacia nel risolvere i tuoi problemi faranno passi da gigante.
La foresta sterminata dei pensieri ripetitivi e l’azione efficace
Certamente anche a te sarà capitato qualche volta di perderti nella foresta dei tuoi pensieri che si ripetono incessantemente. Una foresta: tanti tipi di alberi e tanto numerosi.
Probabilmente sono pensieri che generano preoccupazioni e che da queste sono alimentati; pensieri che nascono da frustrazioni e che si autoalimentano procurandoti rabbia e sconforto, tristezza e angosce ulteriori; pensieri che sorgono da vicende deludenti per te e che finiscono per sprofondarti in rancore e risentimento, ma anche sensi di colpa e auto-denigrazione. Nient’altro dirai tu?! Chiedo a te se ti sei ritrovato in qualcuna di queste situazioni e in altre simili, in cui il pensiero si ripete e si ripete e si ripete ancora, soffiando sul fuoco di emozioni dolorose anch’esse senza fine.
Questo è l’unico caso in cui può avere senso e valore una deforestazione. Come? Percorrendo due strade.
Prima. Chiediti se e a cosa ti serve quel pensare continuo. Ad esempio, ti aiuta a risolvere qualche problema? Se trovi qualche giovamento, allora continua, ma non all’infinito: solo fino a quando avrai effettivamente risolto il problema in tempi ragionevoli. Altrimenti, probabilmente, non è vero che questo continuo rimuginare e ruminare ti serve a qualcosa e quindi devi interrompere questa ripetizione sterile e dannosa del pensare continuo.
Scegli di interrompere! Non ci riesci? E qui inizia la seconda strada. Credi di non riuscire a interrompere il tuo pensiero ripetitivo disfunzionale? Credi che sia incontrollabile? Questa credenza è semplicemente falsa! Non dico sia facile. Dico che è per te possibile! Che ci sono modi per farlo e che ognuno può farlo coi propri tempi e mezzi. Ci sono vari modi, diversi da situazione a situazione, attraverso cui puoi iniziare a ‘spostare la tua attenzione’: dal pensare sterile ad un pensiero più utile, realistico ed efficace per affrontare i tuoi problemi. Il passaggio fondamentale è quello della tua convinzione che genera la tua azione diversa dal solito: POSSO FARLO E INIZIO A FARLO.
Puoi smettere di rimuginare su problemi futuri e incerti che tanto non puoi controllare totalmente.
Puoi smettere di ruminare su fatti accaduti che tanto ormai sono passati e non puoi cambiare.
Puoi focalizzare la tua attenzione al presente, imparando a governare le tue risorse al meglio per tue azioni concrete che effettivamente attivano cambiamenti, producono effetti, spostano le cose. L’esito delle tue azioni potrà essere immediatamente il risultato desiderato oppure ti aiuterà a capire cosa devi correggere in corsa per avvicinarti al tuo obiettivo. E così via fino a quando sarai soddisfatto dei risultati raggiunti, potrai goderne e anche sarà per te necessario accettare lo scarto rimasto tra ciò che avresti voluto e ciò che effettivamente hai potuto raggiungere.
Ostaggio
Di solito sei ostaggio di alcuni meccanismi che ti fanno soffrire.
Ostaggio di automatismi dell’azione: abitudini radicate, dipendenze comportamentali.
Ostaggio di automatismi del pensiero: nei contenuti (catastrofizzare eventi solo spiacevoli, terribilizzare qualcosa che è doloroso ma non ti distrugge, considerare insopportabile qualcosa di stressante ma che puoi imparare a sostenere e magari a superare, essere schiavo di ciò che senti che devi assolutamente fare) e nei processi di pensiero: rimuginare su un futuro incerto che tenti in modo illusorio di prevedere e controllare totalmente, ruminare su un passato su cui oramai non puoi intervenire, se non nel modo in cui ora lo elabori per renderlo digeribile.
Ostaggio di automatismi delle emozioni: reazioni disregolate, impulsività, trattenere le emozioni, reprimere ciò che senti.
Ostaggio di automatismi relazionali: tendenza a vivere certe relazioni sempre allo stesso modo, tutte le relazioni sempre con un esito insoddisfacente.
Hai esempi di questi ostaggi nella tua vita?
Come te li spieghi?
Quali bisogni cerchi di soddisfare attraverso quegli automatismi che pure ti fanno soffrire?
Potresti trovare altri modi più sani per soddisfare quei tuoi bisogni? O forse devi rivisitare alcuni dei tuoi bisogni, dei tuoi scopi e delle tue aspettative verso gli altri e verso te stesso?
Direi basta con le mie domande. E ora che inizi a trovare le tue risposte. Potresti aver bisogno di un percorso terapeutico o magari iniziare a farti aiutare dalla lettura di ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Passaggi per ridurre la tua sofferenza
Spesso vorresti adottare certi comportamenti ma non ci riesci. Alcune volte non possiedi conoscenze e abilità per realizzare i tuoi desideri, ma molto spesso ciò che ti impedisce di agire in direzione di ciò che vuoi è la tua paura.
Pur nella consapevolezza della necessità di distinguere da caso a caso, è possibile che in moltissimi casi ti blocchi perché la paura si accompagna ad alcune distorsioni della realtà. In particolare:
– credi grave, gravissimo, catastrofico qualcosa che potrebbe accadere se tu facessi qualcosa verso il tuo desiderio, ad esempio vorresti andare ad una festa, ma immagini, prevedi e senti in tutto il tuo corpo la paura di essere giudicato, escluso e/o di fare qualche figuraccia
– credi molto probabile, quasi certo, che ciò che temi possa accadere, ad esempio che alla festa certamente tutti guarderanno te, ti considereranno non all’altezza, diverso dagli altri, manchevole di qualcosa di bello che gli altri hanno e pieno di difetti, per cui ti giudicheranno e ti tratterranno con disprezzo fino ad emarginarti
– credi non affrontabile e irreparabile ciò che potrebbe accadere se seguissi il tuo desiderio, ad esempio alla festa vorresti proprio andare per divertirti e, in cuor tuo, per incontrare quella ragazza che ti piace tanto, ma credi (immagini, temi) che il giudizio che riceverai (e ne immagini tanti nella tua testa) sarà insopportabile per te … e poi come farò dopo, nei giorni successivi? Diventerò certamente lo zimbello di tutti, proprio tutti, non potrò più uscire di casa, la mia immagine sociale sarà macchiata per sempre…
Forse con queste premesse finirai per non andare alla festa: evitare ti solleverà dalla paura del giudizio, ma non ti permetterà di mettere alla prova le tue idee e credenze che si ripresenteranno al prossimo invito ad una festa…
Ti sei ritrovato un po’ nel protagonista dell’esempio? Magari qualcosa del genere succede al lavoro o magari quando non riesci a dire ciò che vorresti dire al tuo partner, al tuo genitore, ad un fratello.
Quello che è nella tua testa è in tutto il tuo corpo, nelle emozioni che vivi e nelle gambe che restano ferme o cambiano immediatamente direzione, contraria al tuo desiderio autentico.
Quando ti senti eccessivamente bloccato, ingolfato di desideri non espressi, è utile incontrare la tua paura. La psicoterapia può essere un’opportunità per comprendere e per sbloccare, per cambiare alcune cose e per accettarne con serenità altre.
Dal masticare al masticazzi
A volte il masticare è proprio amaro, caro. Spesso, cara, come ben saprai da tante fonti, la vita non fa sconti. Stress e delusioni, ingiustizie e rotture di… scatole…
Allora ecco cosa ti suggerisco oggi (e per tutto il resto della tua vita).
SCEGLI DI PASSARE DAL MASTICARE AL MASTICAZZI. Un’ispirazione generale per ciascuno di noi, per il proprio percorso di cura di sé ed evoluzione personale. Puoi farlo attraverso la psicoterapia così come attraverso innumerevoli altre strade e strumenti al servizio della tua consapevolezza e responsabilità…
Scegli di passare dal rimuginare e ruminare (su sintomi, pensieri, preoccupazioni, rabbia, angoscia, conflitti, relazioni insoddisfacenti, ecc.) all’assunzione di un atteggiamento più sano e utile verso problemi, stress, conflitti, frustrazioni e delusioni.
Puoi pensarci all’infinito, masticare catene di pensieri con cui tu stesso ti imprigioni legato al palo, bloccato, incapace di muoverti e di un reale comportamento efficace alla soluzione dei problemi.
Il masticazzi, invece, ti propone diverse opzioni, strade da percorrere, scelte, attività da praticare:
– Smettere di pensarci senza mai agire. Smetti dunque di riflettere per riflettere alla ricerca di una soluzione che non arriva mai (perché rivolta ad un futuro sempre comunque incerto o ad un passato che non puoi modificare); inizia invece a riflettere per agire al presente e verificare l’esito delle tue azioni.
– Continuare progressivamente ad adottare azioni concrete e specifiche per avvicinare il più possibile la situazione reale a quella desiderata.
– Accettare quella quota di scarto ineliminabile tra reale e ideale (non puoi ottenere sempre e tutto ciò che vuoi; continua a provarci, ma impara anche a riconoscere e rispettare il limite e un certo grado di impotenza).
– Impegnarti a cambiare ciò che è in tuo potere: i tuoi pensieri, le tue azioni, le tue emozioni fino a quando ci riesci (anche il controllo di sé non è assoluto).
– Attivare la compassione (verso te stesso, verso gli altri, dagli altri).
– Prima di tutto dare a te stesso il permesso di ricevere la compassione da parte degli altri (amore, accudimento, tenerezza, comprensione, gentilezza, assenza di giudizio). Sai farlo? Non è così scontato…
– Essere compassionevole verso te stesso: gentile invece che giudicante, usando l’autocritica nella misura in cui ti è utile a farti correggere gli errori senza torturarti in modo spietato.
– Essere compassionevole con gli altri: siamo tutti sulla stessa barca, tutti esseri imperfetti che cercano di cavarsela al meglio, tutti meritevoli di perdono, anche e soprattutto quando dobbiamo pagare il prezzo delle conseguenze delle nostre scelte.
– Spostare l’attenzione da immagini e pensieri di stress e minaccia ad immagini compassionevoli: pensieri, fantasie, ricordi, previsioni di amore e vicinanza, abbracci e calore, forza e saggezza, curiosità e gioco, calma e sicurezza. Sosta il più possibile con la tua mente su queste immagini fonte di conforto, rassicurazione, calma, serenità, pace interiore, gioia e vitalità. Attingi alle tue esperienze o sbizzarrisciti con la tua immaginazione per trovare queste immagini.
– Assumersi la responsabilità di quello che pensiamo, che facciamo e che scegliamo in base ai nostri valori ovvero: fatti carico in pieno di come scegli di stare al mondo e nelle relazioni, momento per momento.
– Assumersi veramente la ‘responsabilità compassionevole’ ovvero darsi il permesso di praticare il bene verso se stessi e verso gli altri, a cominciare dal definire ciò che vuol dire per te Bene, Amore ed Allegria…
Nonostante la vita possa essere tremendamente dolorosa, ciascuno di noi può sempre accedere ad altre possibilità…
E quando la scelta si fa dura e sorge la paura, fatti aiutare dalla lettura… Puoi iniziare, tanto per darti un suggerimento, da ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Dall’analisi razionale all’esplorazione emotiva
Il nostro comportamento, le nostre esperienze emotive e i rapporti con gli altri sono spesso guidati da pensieri automatici, distorti e irrealistici. Pensieri che generano sofferenza, difficoltà con gli altri e ostacoli al raggiungimento dei nostri obiettivi.
È importante riconoscere questi pensieri quando governano le nostre reazioni in modo da disinnescarli o neutralizzarli. Ma, per un efficace cambiamento di comportamento, per la sostituzione con altri pensieri più utili e per la riduzione della sofferenza da essi generata, non basta identificarli e comprendere la loro disfunzionalità. Spesso, infatti, nonostante li staniamo nella loro irrazionalità, non riusciamo a non farci influenzare dal “significato” che diamo a questi pensieri. Ecco un esempio. “Se…” un amico stasera ha detto no ad una mia richiesta di uscire, “allora vuol dire…” che non è mio amico oppure che io non merito la sua amicizia o che non sono una persona interessante o che è stufo di me o che mi odia o che gli sto antipatico. Dunque, in questa circostanza, un singolo aspetto della nostra esperienza (il no ricevuto) viene “generalizzato” a colorare l’intera esperienza, la relazione e l’idea di sé.
Altro esempio. Ingigantiamo piccole frustrazioni e minimizziamo importanti riconoscimenti positivi. Tendiamo ad estremizzare in modo a noi sfavorevole alcune critiche ricevute come fossero segno della nostra totale incapacità, rimproveriamo piccoli errori degli altri come se fossero segni della loro malevolenza nei nostri confronti. Magari poi gesti di affetto ricevuti non vengono nemmeno colti tantomeno valorizzati oppure esperienze positive per cui essere grati, orgogliosi e riconoscenti vengono considerate irrilevanti. In sintesi, siamo spesso facili a condannare ferocemente aspetti negativi degli altri o di noi stessi così come siamo propensi a non riconoscere e non apprezzare le cose buone che viviamo, riceviamo e sappiamo donare agli altri.
Terzo esempio. Con un senso di assoluta certezza, riferiamo a noi stessi il comportamento di un’altra persona, ad esempio un’espressione corrucciata che vediamo sul volto, interpretandolo e vivendolo come negativo, giudicante, malevolo, intenzionalmente ostile nei nostri confronti quando obiettivamente non ci sono motivi per considerare reale questo nostro stato d’animo.
Altre volte, i pensieri automatici inconsapevoli disturbanti prendono la forma, di ‘doveri assoluti’. Ci sentiamo braccati dai nostri pensieri da cui ci sentiamo ‘obbligati’ ad attuare necessariamente un certo comportamento: “devo assolutamente e necessariamente… Essere il primo… Non commettere errori… Raggiungere quell’obiettivo… Farcela entro stasera…”. Questi e altri pensieri simili girano nella nostra testa come ‘parole attraverso cui imponiamo a noi stessi standard severi, eccessivi anche estremi di comportamento’, parole e pensieri che solo raramente ci sono di aiuto e quasi sempre sono invece fonte di stress oltre che di stati emotivi di autocritica spietata, fallimento e scarsa autostima.
Ulteriore esempio. Rimuginarci e ruminare. Se gli esempi precedenti fanno riferimento a ‘contenuti distorti del pensiero’, esistono anche ‘processi disfunzionali di pensiero’ ovvero modi attraverso cui usiamo il nostro pensiero in modo non utile e anche dannoso. Ruminiamo in modo sterile su eventi accaduti (ieri o tanti anni fa), su errori commessi (da noi o da altre persone), ma senza che questo sforzo di pensiero sia veramente efficace a cambiare le cose, ad apprendere dagli errori, a modificare la situazione. In altri casi, invece, rimuginiamo sul futuro (domani o chissà quando) cercando risposte certe a situazioni incerte di cui non riusciremo mai ad avere ‘totale controllo e totale prevedibilità’, finendo per sfinirci in tentativi di rispondere a domande che al presente ‘non hanno risposta totalmente certa’.
In questi vari casi, ai fini della riduzione della sofferenza, non è sufficiente riconoscere che il pensiero che seguiamo è irrazionale e che quindi basterebbe sostituirlo con un pensiero più realistico ed utile a guidare la nostra interpretazione delle cose e il nostro agire.
È fondamentale integrare l’analisi razionale con la ricerca della comprensione dei ‘motivi’ per cui la persona, nonostante riconosca la distorsione del suo pensiero e i suoi effetti negativi, non riesce a staccarsi da quel modo di pensare.
Spesso l’esplorazione dei motivi da comprendere ci porta a riconoscere il ‘bambino ferito’ dentro di noi. Il ‘bambino ferito’ o la ‘ferita interiore’ sono metafore psicologiche per descrivere le nostre esperienze dolorose del passato che ancora oggi ci influenzano nel modo di pensare, sentire e agire. La ‘ferita’, ‘da dentro’, governa pensieri, emozioni ed azioni dell’adulto che siamo, in teoria razionale, consapevole e capace di scelte utili e realistiche.
Quei pensieri distorti hanno avuto origine nei primissimi anni di vita della persona che ha cominciato a funzionare in base a quei pensieri e nel tempo si è abituata ad interpretare la realtà e a dare senso alle esperienze in quel modo problematico. Oggi quella ‘ferita’ produce sofferenza emotiva, sintomi psicologici e fisici, problemi interpersonali. Il ‘bambino ferito’ chiede di essere, finalmente, forse per la prima volta, riconosciuto e validato nei suoi bisogni e nella sua unicità.
La cura dei pensieri richiede, dunque, anche la cura delle ‘emozioni ferite’. Il ‘bambino ferito’ chiede di essere preso per mano ed essere accompagnato in modo rispettoso e amorevole nella sua crescita come individuo.
Fuor di metafora, ogni percorso di cura, guarigione, cambiamento e crescita passa attraverso una ‘cura delle emozioni’: imparare a riconoscerle, validarle come legittime, dotarle di senso e regolarle nella loro espressione nei rapporti interpersonali e nelle scelte di vita.
In conclusione, ti suggerisco la lettura di ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line. Potrai trovarci tanti esempi e tanti esercizi di auto-esplorazione al servizio di azioni concrete per modificare i pensieri distorti, ridurre le modalità di pensiero disfunzionale e curare le ‘emozioni ferite’.
Agenti, sorgenti, miserie e meraviglie
Noi esseri umani siamo agenti attivi dei nostri processi di pensiero e dei nostri comportamenti. È dentro di noi che sorgono stati emotivi e sensazioni corporee generate dai nostri pensieri, siamo noi la fonte delle nostre decisioni. Siamo portatori, più o meno sani, di credenze, convinzioni, scopi, valori, obiettivi, azioni. Siamo noi ad avere il controllo di cosa facciamo con ciò che ci succede.
Sì, è vero tutto questo… e anche no.
Abbiamo il controllo, ma non il totale controllo. Siamo consapevoli di cosa viviamo e cosa scegliamo, ma non del tutto. Qualcuno lo chiama inconscio, qualcuno la chiama conoscenza implicita, qualcuno la chiama memoria corporea tacita. Qualcuno parla di “essenziale invisibile agli occhi”.
Io ti sto parlando di come, molto spesso, il nostro comportamento è guidato da automatismi inconsapevoli che fanno scattare in noi reazioni (emotive, di pensiero e di azione) su cui abbiamo inizialmente poco o alcun controllo. E questo accade soprattutto quando siamo coinvolti in relazioni interpersonali. Come, ad esempio, in alcune ‘miserie’ tipiche nella nostra mente.
Quando, senza rendercene conto:
– vogliamo controllare ciò che non è in nostro potere controllare
– vogliamo cambiare pensieri e comportamenti dell’altra persona
– giudichiamo gli altri perché sono per noi brutti sporchi e cattivi
– giudichiamo noi stessi perché non siamo come vorremmo e dovremmo essere
– ci lamentiamo in modo sterile senza mai passare ad un’azione risolutiva che provi a risolvere il problema per cui ci lamentiamo
– ci sentiamo vittime degli altri e delle circostanze avverse e non sappiamo assumerci la responsabilità del nostro cambiamento
– cerchiamo in tutti i modi di accontentare gli altri per restare sempre insoddisfatti e stressati
– non sappiamo riconoscere i nostri bisogni
– non sappiamo legittimare i nostri bisogni anche quando li abbiamo riconosciuti
– non sappiamo chiedere per i nostri bisogni che pure sentiamo legittimi
– non sappiamo dire no alle richieste degli altri che sentiamo eccessive
– agiamo in modo impulsivo senza riflettere
– rimuginiamo all’infinito senza mai rassicurarci
– ruminiamo su quanto accaduto senza mai trovare pace
– ci aspettiamo o addirittura pretendiamo che gli altri pensino e agiscano come noi
– pretendiamo dagli altri invece di farci carico di ciò che vogliamo ottenere
– vogliamo ottenere tutto e subito ma finiamo per sentirci sempre insoddisfatti e impotenti
– corriamo appresso al tempo ma il tempo non ci basta mai
– aggiungiamo sensi di colpa, vergogna e fallimento ad un dolore che non riusciamo ad accettare
– vogliamo cambiare senza cambiare…
L’esito comune a questi automatismi disfunzionali inconsapevoli e miserevoli è un grado più o meno elevato di frustrazione, delusione, ansia, rabbia, tristezza, sensi di colpa e inadeguatezza, vergogna, fallimento, ecc.
Il lavoro di crescita personale e cura di sé parte proprio dalla consapevolezza dei nostri automatismi, spesso disfunzionali e invisibili ad un occhio non attento. Imparare a notare le nostre tendenze automatiche sia del pensiero sia del comportamento e conseguentemente nell’emozione che proviamo, è un primo passaggio fondamentale per migliorare il nostro benessere individuale e interpersonale.
Non ti resta a questo punto che andare in libreria (anche on line) e ordinare ‘Alice nel paese delle miserie’, il libro che propone un viaggio di crescita personale che prima o poi tutti dobbiamo compiere…
Il problema lontano e il problema vicino
Tutti abbiamo problemi. Tutti viviamo scarti tra vita reale e vita ideale. Tutti viviamo insoddisfazioni e delusioni. Problemi a casa e al lavoro, con gli amici e con gli sconosciuti. A volte sono tanti a volte sono pochi. Problemi che necessitano di essere affrontati nel giusto modo per riuscire a mettere a posto le cose e anche a volte per accettare che non tutto è a posto.
Purtroppo, troppo spesso, invece di focalizzarci sui problemi attuali che necessitano di una soluzione, siamo maestri nel concentrarci su problemi lontani. Problemi passati e problemi futuri.
Siamo impegnati a disperdere energie in attività ruminative su ciò che è accaduto e che poteva o doveva andare diversamente. Alimentando in questo modo delusione, tristezza, rabbia, rimorsi, rimpianti, sensi di colpa e altre emozioni dolorose che pure vorremmo scacciare.
Siamo altrettanto impegnati a sprecare attenzione, tempo, energie e risorse mentali su attività di pensiero rimuginative sul futuro incerto, probabile, possibile, di fatto incontrollabile fino in fondo e che pure aspiriamo follemente a controllare totalmente. Alimentando in questo modo ansia e preoccupazioni di cui vorremmo fare a meno.
Ruminiamo rabbiosamente su torti subiti da altri…
Ruminiamo tristemente su nostri errori…
Rimuginiamo ansiosamente su ciò che potrebbe succedere…
Tutto tranne che riflettere il giusto, un giusto tempo e un giusto modo, per agire di conseguenza, affrontando in modo diretto, rispettoso ed efficace chi ci ha fatto un torto o un’ingiustizia; imparando dai nostri errori per non commettere proprio gli stessi anche la prossima volta; preparandoci ad affrontare ciò che potrebbe accadere con le risorse a nostra disposizione.
Una delle ‘miserie’ comuni a tutti noi esseri umani è proprio quella di non riuscire a trovare un sano equilibrio tra riflettere e agire. Alcune persone tendono ad essere spesso impulsive (un po’ a tutti capita a volte), altre persone tendono invece ad abitare il pensiero senza mai uscire di casa, senza mai passare all’azione. Trovare una giusta integrazione tra riflessione e azione può rendere il nostro comportamento, la nostra esperienza quotidiana e la nostra vita meravigliosi.
Conosci ‘Alice nel paese delle miserie’? È un libro scritto da me e che potrebbe aiutarti a trovare questo giusto mix. Puoi ordinarlo in libreria o su youcanprint.it (casa editrice) o su Amazon.
Buon viaggio…
Lasciare andare…
La nostra mente ha la capacità, che può diventare paradossalmente un problema, di ‘ELABORARE IL PRESENTE ALL’INFINITO’.
Quando sperimentiamo qualcosa di negativo, una frustrazione di un bisogno, una delusione da qualcuno o da noi stessi, potremmo affrontare la situazione in un tempo giusto per risolvere il problema: cercare di trasformare la frustrazione in soddisfazione, la delusione in miglioramento di sé e dei rapporti con altre persone, accettare ciò che non siamo riusciti a cambiare ed essere sereni di fronte alle cose che non vanno come vorremmo. Invece, la nostra mente si ingarbuglia in un LABIRINTO infinito di RUMINAZIONE (su ciò che avrebbe potuto e dovuto essere) e di RIMUGINIO (su ciò che potrebbe essere da ora in avanti) che rende l’esperienza dolorosa ‘sempre presente e mai veramente risolta e abbandonata’. Valga un esempio per tanti: siamo stati lasciati dal partner e dopo un sano processo di LUTTO DOLOROSO PER LA SEPARAZIONE (con ‘l’attraversamento utile’ di ‘emozioni legittime’ quali tristezza, rabbia, solitudine, rifiuto, disgusto, sensi di colpa, paura, senso di abbandono, vergogna, senso di sé sbagliato, difettoso, inferiore, inadeguato, ecc.) continuiamo ad INDUGIARE in PENSIERI RUMINATIVI (Perché è successo? Perché l’ha fatto? Come è possibile che…?) e RIMUGINATIVI (Come farò…? E se adesso resto solo?) che ci impediscono di ‘lasciare andare’ veramente il nostro ex partner, lasciarlo uscire dalla nostra vita, dalla nostra mente, dal nostro cuore, dalle nostre viscere.
L’ex se n’è andato, ma noi lo teniamo con noi a farci male!
Quando, invece, un SANO PROCESSO DI LUTTO PER LA FINE, in modo simile a quando perdiamo persone care decedute, richiede certi passaggi interiori fondamentali:
– MI MANCHI… Con tutte le emozioni connesse da vivere, attraversare, superare…
– GRAZIE! Certamente… Per quello che mi hai dato e per quello che mi hai insegnato, per cosa ho potuto imparare con te e per chi sono diventato…
– VAFFA! Eventualmente… Per i sentimenti di rabbia, dolore, ingiustizia, danno, vuoto, disorientamento … Vaffa a te… Vaffa a me stesso… Ognuno per i suoi comportamenti…
– TI PORTERÒ SEMPRE CON ME… In una forma a me utile…
– TI LASCIO ANDARE… Tu la tua vita (anche oltre la morte) … Io a costruire il resto della mia vita…
Passi questi, di un processo di ‘lutto’, che non sono lineari, ma avvengono a spirale, richiamandosi l’un l’altro, ripetendosi fino a quando è utile al risultato di mettere ‘punto e a capo’.
Il percorso è molto simile in tante relazioni: che riguardi la fine di una storia sentimentale, la morte di una persona cara, la rottura definitiva di un’amicizia, così come la fine di un rapporto lavorativo; la cosa importante è arrivare in un tempo buono, sano e utile per sé a lasciare andare l’altro per ‘FARE SPAZIO’, per liberare energie, per guardare avanti a partire da un RINNOVATO ‘SENSO VITALE DI SÉ’, pieno di desiderio, possibilità, fiducia, speranza, creatività…