Quando ti arrabbi facile!

Quando qualcuno ti dice “all’anima però come ti incazzi presto!”… Potrebbe essere un tuo amico o il  tuo partner. Il tuo capo o un tuo collaboratore. Ma anche tuo figlio o un tuo genitore. E mettiamoci anche il fruttivendolo. Tu puoi rispondere, con calma e gentilezza questa volta, “io mi incazzo quando…
Mi sento non considerato
Mi sento non ascoltato
Mi sento incompreso
Mi sento ignorato
Mi sento giudicato con ferocia
Mi sento criticato ingiustamente
Mi sento ostacolato
Mi sento colpevolizzato
Mi sento manipolato
Mi sento ingannato
Mi sento escluso
Mi sento…”
L’altro potrebbe sentirsi criticato per queste tue parole. Ma questa magari non è la tua intenzione. Tu hai espresso solamente come ti senti e perché, in relazione ad un suo comportamento e al tuo modo di interpretarlo e viverlo. Hai espresso la legittimità del tuo sentire. Ti sei dato il permesso di arrabbiarti, magari di esprimere la tua rabbia, meglio se in modo rispettoso dell’altro, ovviamente, ma anche e certamente chiaro, diretto.
La prossima volta che capita, quindi, cerca di capire meglio cosa ha innescato la tua reazione. E anche come tu puoi avere innescato la reazione dell’altro.
Miserie e meraviglie sono nell’aria, per tutti. Basta saperle cogliere. Per governare le prime e potenziare le seconde. Lo dice anche ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.

Al sicuro

Quando ti senti GIUDICATO o ti giudichi ferocemente, ti senti minacciato, hai paura, sei allarmato. In stato di allerta costante.
Nota, ad esempio, nel tuo quotidiano quando ti senti sotto assedio del giudizio, esterno e interno… A casa, a lavoro, nelle relazioni, con te stesso… Quando ti giudichi negativamente perché non sei come dovresti essere… E quando ti senti giudicato dagli altri perché non rispondi alle loro aspettative…
Quando ti senti MINACCIATO, del resto, devi impegnarti a proteggerti, per sopravvivere e scampare al pericolo.
Nota, ad esempio, quanto combatti quotidianamente  contro quel giudizio e quanto, quasi sempre, sia una battaglia persa (e senti il giudizio sempre più feroce e spietato)…
Quando sei IMPEGNATO A SOPRAVVIVERE, non hai risorse per vivere. Non hai energie per creare la qualità della vita che vorresti.
Nota, ad esempio, quanto poco le tue attività quotidiane sono piene di piacere, vitalità, energia, calma, fiducia con gli altri, relax…
Privato di energie, di possibilità e di speranza per un futuro migliore, facilmente ricominci il CICLO DEL GIUDICARTI, essere e sentirti giudicato dagli altri.
Nota, ad esempio, quanto non riesci ad uscire da questa spirale perversa che si conclude col vissuto, più o meno consapevole: “non sono abbastanza…”, “avrei potuto fare di più…” e giudizi simili…
Quando questo circolo vizioso raggiunge il suo culmine nasce la ‘malattia’: fisica, psichica, interpersonale.
La ‘cura’ prevede di ‘sostituire al senso di minaccia un senso di sicurezza’, base di partenza per spezzare questo circolo vizioso del giudizio che alimenta uno stato interiore di minaccia costante che ci impedisce di realizzare le nostre parti più vitali, creative e produttive.
In psicoterapia, la persona arriva portando, in tutto il suo corpo prima che nella sua mente, questo pesante stato di minaccia, più o meno consapevole. I suoi sintomi esprimono lo stato di allarme e la necessità di proteggersi, ma spesso  la persona non sa bene da cosa.
Nel rispetto dei tempi e dei modi della persona e soprattutto nel rispetto della sua ‘sofferenza come strategia di sopravvivenza’, la cura inizia con il creare gradualmente una ‘base di sicurezza’ da cui ripartire per ricominciare a ‘VIVERE’.

Vita di qualità

Che tu abbia vent’anni o settanta, che tu stia cominciando a capire qualcosa della vita o ti ritrovi un po’ di volte a cercare di capire la morte, è fondamentale che guardi il tempo che hai davanti. Per impegnarti a creare la qualità della tua vita.

È ovvio che ciascuno di noi affronta tale questione in modo unico e personalissimo, al tempo stesso uno schema orientativo e generalizzabile potrebbe prevedere diversi aspetti e passaggi comuni:
1. Trovare gli attrezzi giusti per affrontare la dose quotidiana di frustrazione, stress e delusione. Ad esempio, imparare a riconoscere le proprie emozioni che permettono l’accesso ai propri bisogni e la chiarezza sulle azioni utili per cercare di trasformare ‘le miserie in meraviglie’, l’insoddisfazione in appagamento.
2. Farsi carico delle proprie ansie e angosce e anche dei propri desideri e del valore che si vuole apportare alla propria vita. Ad esempio, cercare di capire i motivi delle nostre inquietudini per poterle modulare e sostenere e, contemporaneamente, impegnarsi a riempire il nostro tempo con attività che ci fanno entusiasmare. Sempre perché nella vita le miserie sono tante, ma le meraviglie sono infinite.
3. Avere progettualità in diversi ambiti della propria vita. Tanto per fare qualche esempio: lavorare, meglio se con entusiasmo e soddisfazione; creare e consolidare legami significativi (famiglia, lavoro, amici, ecc.); imparare nuove abilità (cucinare, lingua straniera, strumento, ecc.); curare la salute, in tutti i suoi aspetti; organizzare viaggi, piccoli o grandi che siano; cercare hobby vitalizzanti, ecc.
4. Sviluppare una comunicazione ‘intima’, con gli altri e con se stessi. Aprire il proprio cuore e la propria vulnerabilità, con fiducia e compassione, verso sé e verso gli altri. Sviluppare il coraggio di guardarsi dentro e ‘vedere’ quello che c’è, riconoscerlo e accettarlo, invece di lasciarlo agire di nascosto.
5. Ricordarsi che è importante ciò che ci accade, ma primariamente è importante cosa noi facciamo con ciò che ci accade. Anche una brutta malattia, un fallimento, un tradimento, una perdita, sono miserie che possiamo affrontare cercando le meraviglie, dovunque esse siano, in qualsiasi forma esse possano allietarci l’anima e farci ripartire, fino alla fine, dovunque essa sia collocata.

Il presente della memoria

La memoria è il modo in cui noi ricostruiamo i fatti realmente accaduti. Tra realtà e ricordo la distanza può essere più o meno ampia.
Spesso la nostra sofferenza rispetto ad un passato doloroso è amplificata dalla nostra attenzione selettiva agli aspetti negativi dell’esperienza accaduta, vissuta e ricordata: emozioni estreme, sensazioni corporee dolorose, convinzioni negative su di sé e sulle altre persone coinvolte, immagini intrusive e aggressive, sensi di colpa, rabbia devastante, senso di impotenza e disperazione, angoscia, solitudine.
La nostra memoria è la nostra percezione e la nostra prospettiva sui fatti. Se ti confronti con un amico su quel concerto visto insieme trent’anni fa ti accorgi che sembrate raccontare due eventi anche molto diversi tra loro. Ma anche se ricordi il weekend appena trascorso insieme al tuo partner potreste focalizzarvi su aspetti diametralmente opposti sia per quanto riguarda eventi e comportamenti, sia sulle emozioni e sensazioni, sia su senso e valore dell’esperienza.

Per esporti anche in altro modo la questione ti suggerisco un piccolo esperimento.

Prendi una tua esperienza quotidiana, anche semplice e banale, come prendere il treno o svolgere un’attività sportiva o andare a prendere un caffè. E ricordala descrivendola in vari modi ovvero con diverse focalizzazioni: ricorda le immagini visive (ho visto il tabellone luminoso con l’orario del treno e il nuovo treno azzurro, ho visto molta gente correre, ho visto il modo frenetico con cui il barista preparava il caffè) o i suoni (ho sentito la gente parlottare sul vagone, il rumore dei bambini nel parco, il tintinnio del cucchiaino nella tazzina) o gli altri sensi (la puzza di sudore sul treno, la fronte bagnata mentre correvo, il gusto del caffè con la panna). Stessa esperienza, stessa persona, diverso focus, diverso ricordo, diversa descrizione. Quindi?
Pensando ad eventi passati, possiamo orientare la nostra attenzione verso aspetti diversi e con ciò tratteniamo in memoria o lasciamo andare via pezzi diversi della nostra esperienza. Il ricordo è il nostro assemblaggio di questi pezzi. Purtroppo, soprattutto nei ricordi dolorosi, tendiamo automaticamente a restare aggrappati ad aspetti negativi dell’esperienza, alle emozioni che ci hanno fatto male e alle persone che ci hanno trattato male.
Il lavoro terapeutico parte dal riconoscere e legittimare questo dolore a cui aggiunge anche il recupero di aspetti positivi dell’esperienza. Che non significa banalmente: “è morto papà ma è viva mamma”. Significa aiutare la persona a recuperare in memoria il senso profondo del proprio essere riusciti a cavarsela. Significa riconoscere le risorse impiegate per affrontare la situazione e sopravvivere. Significa valorizzare la propria resilienza, la capacità e le risorse possedute in mezzo alla disperazione e all’impotenza.
Riconoscere anche le risorse, oltre al dolore, ha un duplice valore.
Permette alla persona di rassicurare, consolare, confortare la propria parte ferita.
Permette oggi di accedere alle risorse già impiegate allora e a disposizione ora per affrontare i momenti difficili.
Risorsa è tutto ciò che ti è utile per cavartela…
Qual è per te una risorsa?
Come te la sei cavata in una situazione difficile?
Cosa ti ha aiutato ad affrontare quella situazione?
Quali risorse hai impiegato per non restare sopraffatto e superare quei momenti difficili?

Storie di vita: dalla risorsa al sintomo, dal sintomo alla risorsa

Un bambino trascurato, traumatizzato, abusato emotivamente, se non fisicamente, cresce sentendosi “non amato” e “senza valore”, con sentimenti di inadeguatezza, incompetenza, colpa e vergogna, con un senso di difettosità oltre che di impotenza.

Traumi psicologici e fisici e trascuratezza emozionale sensibilizzano la mente del bambino prima e dell’adulto poi a “focalizzare errori e difetti personali” e a “trascurare qualità e valore personali”.

Imparare a riconoscere le proprie risorse è un passaggio fondamentale per potenziare il senso del proprio valore (autostima), di essere amabile e di poter affrontare la vita con senso di competenza ed efficacia.

Risorsa è tutto ciò che è utile a raggiungere scopi. Le risorse possono essere sane o problematiche.

Riconoscere le risorse comincia dal riconoscere il valore che hanno avuto in passato quelli che oggi sono diventati comportamenti problematici e sintomatici: comportamenti scoperti e appresi allora come utili a regolare le emozioni, a calmare il corpo, ad affrontare le difficoltà e a governare le relazioni. La domanda guida diventa: a cosa ti è servito imparare a fare quello che fai? Ad esempio: controllare, cercare la perfezione, fare da solo, chiuderti in te stesso, dire sempre sì, reprimere emozioni e pensieri, compiacere, dipendere, cercare sempre attenzione, urlare, pretendere, non esprimerti, non prendere decisioni. Da questo riconoscimento del “valore di sopravvivenza” anche di modalità problematiche, la persona può cominciare a riconoscere i bisogni che stanno sotto i sintomi e a trovare modalità e comportamenti più adattivi per rispondere a quei bisogni. Quindi la domanda successiva è: quali tue modalità sono ancora utili a soddisfare tuoi importanti bisogni e quali, invece, sono sostanzialmente disfunzionali e fonte di sofferenza?

Spesso le persone hanno organizzato un’intera storia di vita e struttura di personalità intorno a queste “decisioni precoci di adattamento”. Oggi quella storia e quella personalità condizionano le scelte e le relazioni attuali e quindi il grado di benessere/malessere che la persona vive. Terza domanda fondamentale diventa allora: cosa puoi cominciare a mettere in discussione del tuo modo di stare al mondo, di pensare e agire?

Mettere in discussione necessita di due ingredienti fondamentali: riflessione e azione. Riflettere per comprendere e dare senso. Agire per sperimentarsi concretamente in nuove modalità e scelte: fare qualcosa di diverso (non patologico e distruttivo, come da allora e fino ad ora) per soddisfare bisogni importanti e ancora validi, ora come allora. Ad esempio, se cercare a tutti i costi di essere perfetto ti è servito nel tentativo di sentirti amato in modo condizionato (il bambino in origine ha pensato inconsapevolmente: sarò amato “se e solo se” sarò perfetto), oggi puoi cercare amore autentico (affetto, relazioni appaganti, stima, ecc.) anche senza necessariamente dover essere perfetto. Altro esempio: se hai imparato a fare sempre e tutto ciò che gli altri (genitori in primis) ti chiedevano diventando esperto della compiacenza e della sottomissione (perché credevi così di guadagnarti briciole d’amore e apprezzamento), oggi puoi imparare anche a dire no, anche no e comunque sentirti amato e stimato in relazioni importanti (o perdere persone che evidentemente non ti meritavano). Terzo esempio: se sei cresciuto in una famiglia “imprevedibile” (es. papà fortemente violento, mamma profondamente depressa), è comprensibile che tu abbia imparato a “non dare fastidio e controllare tutto, anche l’incontrollabile” (con l’idea sensata che così avresti salvato la pelle ovvero avresti ottenuto il minimo indispensabile di amore e apprezzamento): oggi puoi comunque esprimere te stesso (pensieri ed emozioni) e abbandonare la necessità di controllare tutto. Ultimo esempio: da piccolo (e da grande) hai imparato a “volare basso”, ad avere poche ambizioni, ad essere modesto perché a casa dominava il valore dell’umiltà e della cautela non rischiosa (in altre famiglie invece regnava la ricerca del successo e del prestigio); quindi sei diventato una formichina, con i suoi pro e i suoi contro; oggi puoi comunque dare ascolto anche ad altre parti di te, più intraprendenti e più gaudenti.

Risorsa è tutto ciò che è utile a soddisfare bisogni. Risorsa è ciò che rende sopportabile ciò che sembra schiacciarci, che permette di superare una difficoltà che sembrava insormontabile, che permette di adattarci invece di soccombere. Ed è importante imparare a riconoscere le proprie risorse per utilizzarle. Ed è importante imparare a lasciarsi alle spalle risorse disfunzionali in favore di nuove risorse creative, efficaci e fonte di benessere.

Anche la persona più problematica e piena di limiti possiede delle risorse che deve imparare a riconoscere. Anche i comportamenti più problematici che oggi una persona vuole cambiare, un tempo sono stati risorse che hanno aiutato la persona ad affrontare situazioni difficili. Oggi la persona può riconoscere il valore di quei comportamenti e cercare di sostituirli con altri comportamenti più sani e altrettanto utili a soddisfare i bisogni originari e attuali.

‘P – factor’. Un viaggio

Il dolore fa crescere e anche la paura, anche se probabilmente un po’ tutti vorremmo crescere senza incontrarne più di tanto. Crescere ti richiede di mettere ordine nel caos e nell’imprevedibilità che ti arrivano, prima o poi, tanto o poco, anche se un po’ tutti vorremmo crescere sperando di schivare il più possibile la sofferenza e imparando a cogliere le opportunità. Così è la vita… Certo è meglio la serenità che la tragedia, diremmo tutti.
La nostra vita ci fornisce sostanzialmente interrogativi a cui noi “dobbiamo” rispondere, siamo chiamati ad affiancare punti esclamativi.
La nostra vita si svolge tra ciò che troviamo e ciò che non troviamo. Tra ciò che lasciamo e ciò che troviamo. E ogni tanto ci interroghiamo sulla distanza che esiste tra ciò che siamo e ciò che vorremmo e avremmo voluto essere. Ma anche tra ciò che siamo stati e ciò che non siamo più. E a volte questi temi ci procurano gioia, molto più spesso dolore.
Chi veramente fa i conti con dolore, paura, malattia, perdita, disillusione (tutti noi?) deve necessariamente cercare la luce dentro al buio… Per non sprofondare nell’oscurità, qualunque forma essa possa assumere…
E quindi ognuno ha il suo viaggio da compiere… Eroico o meno che sia… Di cui conosciamo, forse, l’inizio, ma la cui fine dobbiamo cercare di inventare…
Viaggio che si svolge sempre tra regole e immaginazione, tra testa e cuore, tra ragione e sensazioni.
Viaggio in cui devi saperti muovere dentro le certezze rassicuranti e i confini che delineano il percorso, per imparare gradualmente a sfidare i tuoi limiti, imposti e autoimposti, senza mai perdere la testa, qualità che ti permette di perderla solo al momento giusto…
Viaggio che ciascuno compie col personale bagaglio. Di predisposizioni caratteriali ed esperienze precoci, di tendenze innate e di abilità acquisite. Doti naturali e percorsi evolutivi. Bagaglio di dolore e paura e di strategie che abbiamo inventato per cavarcela. Bagaglio di risorse e di limiti personali. Bagaglio in cui ognuno ha messo anche un po’ di certezze su cui poggiarsi e un po’ di imprevisti da imparare a governare.
Fino a quando non funziona qualcosa. Qualcosa non funziona più. Il controllo che, anche solo inconsapevolmente, hai avuto finora lascia il posto a qualcosa che sfugge, che ti sfugge. L’imprevisto diventa ingovernabile.
Prima alcuni segni che non sempre riesci ad interpretare… Poi segnali più chiari, che magari vedi, riconosci come anomalie, ma che tendi a trascurare… Quindi i sintomi, stai male, esprimi una qualche forma e grado di malessere: sei sempre stanco e deconcentrato, il lavoro diventa sempre più “l’attesa del fine settimana”, ciò che fino a ieri ti appassionava ora lo vivi in modo spento, demotivato. Sei costantemente annoiato, quasi sempre incazzato, anche tristezza e ansia ti vengono a trovare sempre più spesso. Ogni relazione ne risente, a casa, al lavoro, in coppia, coi figli, con gli amici. I pilastri in cui ti sei finora riconosciuto e identificato sembrano scricchiolare. Ti senti diverso dal solito, diverso da come sei sempre stato e anche gli altri, più o meno vicini, cominciano a vedere che qualcosa non va nel tuo modo di stare al mondo, nelle relazioni, nella quotidianità.
Il tuo corpo si lamenta, la tua mente si lamenta, tu ti lamenti. Lamenti che hanno bisogno di ascolto. Lamenti che sembrano inascoltabili.
Gradualmente insidiosa, una “parte malata” sta invadendo la tua personalità. Malessere fisico, emotivo, relazionale. Qualcosa è cambiato, si è rotto, si è inceppato o qualcosa del genere. Lo smarrimento che altre volte hai incontrato lungo il viaggio e che hai sempre superato con un senso di sfida, evoluzione, potenza e controllo, oggi è uno smarrimento in cui ti senti “profondamente” perso…
Ora comincia un altro viaggio. In almeno tre tappe, da percorrere necessariamente, anche se, come sempre, ciascuno a suo modo.
Prima. Sto male…
Seconda. Ho bisogno di aiuto…
Terza. Devo farmi aiutare…
Il resto è tutto da percorrere… in infinite forme possibili…
Grazie Luca per il tuo insegnamento…
Grazie Luca per il tuo libro, che invito tutti a leggere e diffondere: ‘P-Factor. La variabile Parkinson nella mia vita’. (Luca Berti. Youcanprint Edizioni).
Grazie per aver condiviso con noi la tua esperienza, il viaggio che stai facendo, forse unico e diverso da altri viaggi, forse simile al viaggio che ciascuno di noi compie…

La differenza che fa la qualità

Un po’ a tutti e con una certa probabilità, la vita ci presenta quotidianamente e ci presenterà sempre una certa quota, più o meno grande, di:

  • Stress, tensioni e pressioni emotive
  • Frustrazioni e bisogni insoddisfatti
  • Delusioni e aspettative mancate
  • Eventi che riattualizzano la nostra ferita emotiva dolorosa
  • Paure, dolori ed altre emozioni negative
  • Pensieri negativi e impulsi distruttivi
  • Persone giudicanti ed un giudice interiore onnipresente
  • Minacce imprevedibili e pericoli non controllabili
  • Vissuti di impotenza e solitudine
  • Conflitti interni ed interpersonali
  • Relazioni anche molto distanti dalla perfezione
  • Prestazioni personali con uno scarto più o meno grande dall’ideale

In termini di qualità della vita e quantità della sofferenza emotiva, LA DIFFERENZA LA FA SEMPRE CIÒ CHE TU FAI CON QUESTE ESPERIENZE CHE TI SI PRESENTANO DAVANTI. Come le accogli, quanto le tolleri, come le interpreti, come le vivi, come le elabori, quanto le alimenti, quanto te ne fai sopraffare, come le trattieni e come le lasci andare…

Un percorso di crescita personale e di psicoterapia non interviene, perché non può intervenire più di tanto, sugli eventi esterni, sugli accadimenti né su come si comportano gli altri e come funzionano le loro menti.

Un percorso di cura della sofferenza ed evoluzione personale può aiutare la persona a divenire consapevole dei propri modi di reagire agli eventi (cosa prova, cosa pensa, cosa fa, cosa tende a ripetere in modo disfunzionale) e a farsi carico della responsabilità di fare scelte diverse da quelle che ha sempre fatto, prendendosi oneri ed onori, facendosi carico di costi emotivi e rinunce, gustando i frutti che conseguono a scelte sempre più consapevoli, libere dal passato e autenticamente in linea coi valori personali.

Valido il motivo, inefficace il metodo

I tuoi genitori stavano sempre in guerra e tu ti chiudevi in stanza sperando in una tregua… Oggi sei esperto nell’evitare ogni forma di conflitto!
Tuo fratello era gravemente malato e tu hai imparato a non chiedere niente per te… Oggi sei esperto nel fare sempre e comunque tutto da solo!
Tuo padre è morto che tu eri ancora bambino e molto presto hai dovuto imparare ad essere grande… Diventando esperto nel seguire doveri e responsabilità senza mai concederti esperienze di piacere e relax!
Tua madre era spesso aggressiva e tu sceglievi il silenzio per non inquietarla… Fino a diventare nel tempo maestro nell’arte del non disturbare!

Questi sono solo alcuni esempi di numerosissime traiettorie possibili in cui ciascuno di noi è riuscito a cavarsela pagando un prezzo enorme per aver sviluppato solo una parte delle proprie potenzialità e per aver ucciso altre parti di sé sane e vitali.

Ciascuno di noi ha un suo proprio modo di funzionare che ha imparato nel corso della sua vita. La vita può essere concepita come una storia di apprendimenti per cavarcela, per risolvere problemi, per trovare strade verso i nostri desideri. Abbiamo così tutti dovuto imparare a camminare e a parlare, a leggere e scrivere, a fronteggiare persone e situazioni, a pensare in modo utile e a governare le nostre emozioni. In questo percorso, più o meno accidentato, abbiamo imparato a stare al mondo, a stare con noi stessi e con gli altri.
Allora, ti suggerisco un principio, su cui riflettere per agire, che può accomunare tutti gli apprendimenti di una vita che ci hanno permesso di arrivare fin qui, fin dove ciascuno di noi è arrivato. È un principio di consapevolezza al servizio del cambiamento.
Se è vero che hai fatto di tutto per cavartela nel posto in cui sei cresciuto…
Se è vero che le strategie che hai trovato ti hanno permesso di trovare una tua strada per allontanarti dal dolore e per avvicinarti alla felicità…
Se è vero che queste strategie hanno avuto anche un costo elevato in termini di rinunce, limiti, privazioni…
Se è vero che è valido il motivo e inefficace il modo…
Allora, restando validi e legittimi i tuoi bisogni di sopravvivenza (bisogno di essere amato e stimato), i tuoi scopi di vita e i tuoi desideri di felicità e autorealizzazione, oggi devi e puoi trovare altre strategie, magari meno costose emotivamente o diversamente costose, con rinunce, limiti e privazioni per te oggi più sostenibili. Nuove strade, nuove modalità di pensiero e azione, nuove regole per l’espressione di te, nuove strategie per la comunicazione efficace, nuovi modi di stare con te stesso e con gli altri.
Da ora in avanti, dunque, pensando a diversi ambiti, ruoli e relazioni della tua vita, magari focalizzando quelli per te più sensibili rispetto al tuo desiderio di cambiare qualcosa…
Continua a considerare valido e legittimo ciò che vuoi ottenere (sempre se congruo con la realtà e la tua coscienza personale)… E cerca nuove possibilità… Nuove strategie… Nuovi comportamenti…
Una volta immaginate queste nuove strade non ti resta che cominciare a percorrerle e vedere l’effetto che fa… Questo è uno dei molteplici modi in cui si può descrivere un percorso terapeutico!

Il passato doloroso e la vita di qualità. Esercizio

L’unico momento che esiste è il presente. Al presente noi abbiamo il potere di orientare la qualità della nostra vita.
Ti propongo un esercizio di autoesplorazione (meglio se ti aiuti scrivendo), sulla tua storia di vita, di apprendimento e di cambiamento.
È un esercizio impegnativo quanto potente per quello che riesce a darti…
Scrivi a ruota libera senza giudicarti per quello che senti, che pensi e che scrivi…

Pensando al tuo PASSATO DOLOROSO…
Scrivi:
Cosa rende doloroso il mio passato …
Come ho reagito e mi sono adattato al mio passato doloroso…
Chi sono diventato anche grazie al mio passato doloroso…
Di cosa sono diventato esperto (certi modi di pensare, sentire, agire) dovendo crescere e adattarmi nelle condizioni di vita che mi sono capitate senza troppe possibilità di scelta…
Quali prezzi ho pagato…
A cosa ho dovuto rinunciare…
Cosa ho imparato dal mio passato doloroso…

Quando il tuo PASSATO DOLOROSO TENDE a RITORNARE al PRESENTE, scrivi:
L’impatto che il mio passato doloroso ha sulla mia esperienza attuale…
Le strategie mentali e i comportamenti antichi che tendo a ripetere…
Le sensazioni corporee che avverto…
Le emozioni che provo…
I pensieri che arrivano alla mia mente…
I bisogni che emergono…
Le azioni che metto in atto…
Le abitudini, una volta utili, che oggi non lo sono più…

IMMAGINANDO di CREARE il TUO FUTURO, da ora, ti propongo delle ispirazioni e indicazioni. Segna quelle in cui ti rispecchi e che ti risuonano dentro come desideri e possibilità che vuoi realizzare. Personalizza queste indicazioni e fanne ispirazione per tue azioni concrete…
Cosa posso fare di diverso, da oggi in poi, col mio passato doloroso che tende a tornare…
– Posso riconoscere il dolore e considerarlo/sentirlo comunque tollerabile, sostenibile affrontabile.
– Posso riconoscere che non sono più quel bambino di una volta, piccolo di fronte ai grandi, con pochi strumenti e risorse per affrontare quel dolore.
– Posso riconoscere la mia sensibilità a provare e rivivere quel dolore senza per questo farmi condizionare il comportamento in modo rigido e assoluto.
– Posso riconoscere il dolore quando torna a trovarmi e imparare a lasciarlo andare, “passare senza disturbare”…
– Posso vivere la mia vita, posso impegnarmi a creare la vita che voglio nonostante il dolore che tende a tornare…

Il mio passato è doloroso e tende a tornare…
Il mio presente è doloroso, ma lo posso tollerare!!!
Il mio futuro è radioso quando lo inizio a creare…

Ringraziati… Ora… Per come, in passato, sei stato capace di trovare una tua strada, anche tortuosa e faticosa, che ti ha permesso di arrivare fino ad oggi…
Ringraziati… Ora… Per come, da oggi in poi, puoi tracciare una nuova strada per te utile a creare la vita che vuoi…

Passato presente futuro

Il tuo passato è doloroso e tende a tornare…
Il tuo presente è doloroso, ma lo puoi tollerare!!!
Il tuo futuro è radioso quando lo inizi a creare…

Questa è in estrema sintesi una parte importante del lavoro terapeutico. Dell’idea condivisa tra paziente e terapeuta del viaggio dalla sofferenza alla serenità.
La persona viene accolta, rispettata, compresa, legittimata nei suoi drammi dolorosi. Al tempo stesso, gradualmente, viene aiutata a lasciare il passato nel passato. Al presente, a liberare la mente da intrusioni dolorose. A lasciare in pace la mente. A lasciarle l’energia per procedere nella direzione dei suoi valori e scopi e dei suoi progetti per il futuro.

Il lavoro sul passato persegue l’obiettivo, condiviso, di comprendere quando la persona ha imparato a funzionare in un certo modo che le ha garantito la sopravvivenza psicologica oltre che fisica. Quando, dove, cosa, con chi e perché ha dovuto trovare modalità mentali e regole di comportamento per cavarsela, per ottenere il più possibile la soddisfazione dei bisogni primari di protezione, sicurezza, amore e stima.

Il lavoro sul presente è incentrato in buona parte sul riconoscere la differenza tra credenza e realtà. Tra pensieri e fatti. Ad esempio, se finora hai creduto di essere stupido (debole, incapace, difettoso, sbagliato, colpevole, indegno, non amabile, ecc.) da ora in poi puoi riconoscere che ciò che credi è differente da ciò che è. Ciò che credi è solo un’idea, una convinzione, che puoi continuare a seguire come guida del tuo stare al mondo (come fai da una vita) o puoi anche decidere di non seguire per cominciare a farti guidare da altre convinzioni e possibilità.

Il lavoro sul futuro è conseguente. Nonostante per una vita tu abbia “creduto vere certe verità” e seguito certe strategie mentali e regole di comportamento, da oggi in poi puoi cominciare a pensare ed agire in modo differente. Seguendo i tuoi valori consapevoli ed impegnandoti concretamente per realizzarli. Cosa è veramente per te importante? Cosa devi fare per cominciare a realizzarlo?