Home bitter home

Immagina una casa, la tua casa. Immagina una parte luminosa in cui puoi vedere le stanze e il loro arredamento e in cui solitamente passi la maggior parte del tuo tempo e ricevi anche gli ospiti.
Immagina anche una parte meno vissuta, magari più scura, ombrosa, polverosa, qualcosa tipo una soffitta o una cantina dove ti ritrovi ad andare poche volte e che pure contiene cose preziose, che solo ad alcuni lasci vedere.
La psicoterapia è un percorso attraverso cui puoi recuperare una serie di POTENZIALITÀ che un tempo erano a tua disposizione. Per fare ciò devi affrontare delle PAURE. Le stesse paure che un tempo ti portarono a scegliere di non sviluppare quelle tue potenzialità. Di portarle in soffitta o in cantina.
Fuor di metafora, molte volte il miglioramento delle nostre condizioni di vita e la cura della nostra sofferenza richiedono di fare un lavoro su se stessi in cui dobbiamo andare a guardare, dentro di noi. E ciò richiede il coraggio di dare valore ai nostri desideri e confrontarsi con le nostre paure che solitamente li frenano.
La terapia fornisce sempre un sostegno ai nostri desideri sani, vitali, vitalizzanti. E sempre richiede di conoscere le paure che ci bloccano.
Conosciuti meglio desideri e paure, non ci resta che scegliere. Fare nuove scelte o continuare a fare le solite cose… Ad esempio, continuare a leggere oppure no… Leggere le solite cose o iniziare a leggere ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.

Barbapapà e Squid game

Esiste un momento per un mondo rotondo, morbido, pieno di colori, lieto fine e insegnamenti educativi al servizio di una crescita sana, armoniosa, piena d’amore.
Ed esiste anche un momento per un altro tipo di mondo, comunque il nostro mondo. Esterno ed interiore.
Il cinema, la televisione, i videogiochi, YouTube e altri social sono pieni zeppi di violenza che un adulto deve filtrare ad un bambino. Se il filtro manca, manca l’adulto. Anche la piazza, il quartiere, il cortile hanno bisogno di modulare la violenza che pure è possibile espressione della natura umana. Avevano bisogno forse sarebbe più preciso dire, visto che ora sono stati quasi completamente soppiantati da ‘luoghi di incontro’ e gioco virtuali. Modulare la violenza, anche nei giochi di bambini. Se il filtro manca, manca l’adulto. Ecco allora un punto di partenza utile per ragionare sul senso e sul valore (o dis-valore) di Squid game. Il gioco del calamaro. La serie TV Netflix.
Fatta questa premessa e fatte salve ulteriori ed utili considerazioni sociologiche e pedagogiche (ad uso di genitori, insegnanti ed educatori tutti) sul comportamento degli adulti consapevoli e responsabili di fronte ai bambini e ai ragazzi curiosi e incuriositi, ho trovato la serie del gioco del calamaro molto interessante dal punto di vista psicologico, individuale e interpersonale. Anche tenendo conto che è stato concepito e realizzato da una persona appartenente ad una cultura molto lontana da noi per certi versi, ma forse nemmeno troppo, per altri aspetti più ‘global’, più interiori e universali.
Ho apprezzato molto diversi elementi, in una serie piena di spunti di riflessione che ciascuno di noi, nella visione di un film o nella lettura di un libro o nell’ascolto di una canzone, può cogliere in base al proprio filtro personale e alla sensibilità che nasce dalla propria storia di vita.
Ho apprezzato molto le storie di vita che si intrecciano e le dinamiche psicologiche che emergono nel dispiegarsi della vicenda.
La raffigurazione di un meccanismo che chiede a tutti di essere all’altezza, un’altezza che quasi tutti sentono difficile da raggiungere, fino a chiedere a se stessi di dare di più, fare di più, essere più, senza mai raggiungere la meta e sperimentare vero appagamento. Un sistema che divora chi non è in grado di essere all’altezza del successo richiesto fino al punto di prendere una persona disperata e portarla ad accedere ad ogni comportamento utile allo scopo della sopravvivenza, anche se fuori dai codici della propria moralità. Un sistema di scale (alla Escher), ma colorate, in cui sia i giocatori sia i lavoranti sono parte di un ingranaggio che funziona alla perfezione, ma che tende a rendere tutti schiavi del suo funzionamento.
L’umana imperfezione: l’essere tutti sulla stessa barca, anche se qualcuno, indossando una maschera, ‘sembra’ stare su uno yacht a sorseggiare champagne di fronte alla disperazione altrui.
Le maschere che tutti, chi più chi meno, indossiamo nella vita quotidiana, spesso nel tentativo fallimentare di nascondere a noi stessi, prima che agli altri, qualcosa di ‘brutto, sporco e cattivo’ che pure ci appartiene e ci portiamo dentro.
Amore e paura: l’amore di un genitore che cerca di mettercela tutta e ha paura di non farcela; l’amore verso una persona appena conosciuta, così potente da sconfiggere la paura della morte; l’amore di genitori anziani, illusi e disillusi, mai sconfitti dalla paura e sostenuti dall’amore puro. L’amore solidale tra compagni di un viaggio disperato e spaventante.
Ciò che sembra e ciò che è… L’apparenza e l’inganno. Il tradimento. Chi frega chi?
Il bisogno di controllo e padronanza, di sé e del mondo, dove l’esperienza quotidiana, solitamente, è quella del contrario.
Regole funzionali e regole disfunzionali: il valore delle regole che servono a proteggere e quelle che ingabbiano e ingannano.
Tutti vittime di regole: il piccolo e il grande, capi e subordinati, ricchi disperati nella loro noia e poveri ricchi solo della speranza e della disperazione che li porta a giocarsi tutto, dentro un meccanismo in cui ognuno cerca di trovare la salvezza. Come nel più lineare dei sistemi gerarchici, ognuno ha dei sottoposti, ognuno ha dei capi e soprattutto anche il vertice alla fine deve ricevere ordini da qualcun altro.
Vite ferite impegnate nella ricerca di senso e di riscatto. Verso la “possibilità di camminare libero…”.
Più o meno funziona così il gioco: “vorrei offrirle una grande opportunità, un gioco (da bambini?!) per un’opportunità seria di rimettere a posto la sua vita, se vince riceve dei soldi, se perde paga con schiaffi. Può usare il suo corpo per pagare: un tot a schiaffo”. Un gioco, una scommessa, la scommessa con la vita. Un gioco con la morte per avere la possibilità di prendersi in mano la propria vita. Ovviamente… “è una scelta volontaria di aderire al gioco con le sue regole democratiche”. Tra disperazione e fiducia: scegliere una diversa possibilità o scegliere di continuare una vita schifosa. Scegliere quale inferno? È comunque un inferno!
Ognuno ha le proprie miserie. All’inizio tutti sono presi dall’idea di giocarsi il proprio destino, ben presto capiscono le modalità del gioco a partire dal gioco più innocente dei bambini, un due tre stella, che ha un’evoluzione inaspettata in cui ogni giocatore comincia a giocare per vincere, ma anche per non essere sconfitto dal gioco stesso e dagli altri tra cui comincia a evidenziarsi il ‘mors tua vita mea’. La sana, vitale competizione che diventa spregiudicatezza e spietatezza guidate dalla paura della morte.
È semplice alla fine, il gioco del calamaro è un’espressione del gioco della vita: retorico quanto basta, banale quanto fondamentale se ci aiuta ad incontrare ogni parte di noi, dell’essere umano, dell’essere umani, piuttosto che fuggire da qualcosa che tanto esiste e cacciato dalla finestra rischia di sfondare la porta e presentarsi attraverso sintomi fisici e psicologici, come disperazione.
La fine è nota?! Forse… La fine è semplicemente un nuovo inizio?!

Incontri

La crescita personale e la cura di te sono un viaggio in cui fai tanti incontri. La psicoterapia è un mezzo possibile, tra gli altri, per fare questo viaggio.
Incontri te stesso e gli altri. Incontri molteplici forme di te e molteplici versioni degli altri.
In particolare, incontri:
– la tua mente (pensieri, emozioni, sensazioni, desideri, bisogni, azioni);
– la tua capacità di regolare la tua mente, a partire dalla regolazione dei tuoi stati corporei, impari a rilassarti e calmarti, impari ad energizzarti e vitalizzarti per sentirti al meglio, momento per momento, in ogni contesto in cui ti trovi;
– la tua sofferenza e la capacità di accoglierla, tollerarla, regolarla, accettarla, lasciarla andare, lasciare che esista senza sentirti sopraffatto da essa;
– la tua ‘Ombra’, la tua parte oscura, che ti attrae almeno quanto ti spaventa;
– la tua ferita dolorosa, che chiede semplicemente di essere lenita e riparata;
– la tua tendenza ad ‘interpretare la realtà’ in modi per te fonte di dolore;
– il tuo giudice interiore, quella tendenza acquisita fin da piccolo a darti pugni in faccia, invece di carezze;
– il tuo potere di agire sui tuoi comportamenti e sui tuoi stati mentali senza sentirti vittima passiva degli altri e degli eventi;
– la consapevolezza che tu vai in giro per il mondo con la tua mappa (pensieri, aspettative, credenze, convinzioni), ma che il mondo non corrisponde realmente alla tua mappa, che altri hanno mappe diverse (perché hanno storie di vita diverse);
– le tue potenzialità perdute e che puoi recuperare, le tue parti sane, vitali, creative, autonome; le tue risorse, i tuoi punti di forza, sensazioni di sicurezza ed autoefficacia che eri convinto di non poter avere;
– la capacità di fronteggiare eventi e situazioni che hai sempre creduto più grandi di te;
– la consapevolezza che l’idea, più o meno consapevole, che hai di te come sbagliato, colpevole, inadeguato, fallito, non amabile, privo di valore, fragile, inefficace, incompetente… È solo un’idea, una tra le altre possibili, un’idea che hai imparato a credere vera, ma che vera non è, non è necessariamente l’unica verità possibile…
Incontri, quindi, la possibilità di mettere in discussione questa idea e l’intera mappa che la sorregge.
Mettere in discussione non perché qualcuno ti vuole convincere del contrario: che sei ‘bravo’ invece che ‘cattivo’, ‘valido’ invece che ‘buono a nulla’, ‘amabile’ invece che ‘immeritevole’. Non ci crederesti…
Mettere in discussione perché realmente puoi sperimentare e vivere con tutto il tuo corpo, in ogni tua cellula, prima nella base sicura della relazione terapeutica e successivamente nel vivo della realtà quotidiana, che altre possibilità sono per te accessibili e disponibili. Altre potenzialità… Parti sane accanto a quelle malate… Parti vitali da affiancare a quelle spente… Parti piene di fiducia e speranza invece che in progressiva rovina… Parti realmente efficaci invece che fantasie catastrofiche e convinzioni limitanti.
E così, mentre conosci te stesso e sviluppi maggiore padronanza ed efficacia nell’affrontare il mondo e la vita, incontri anche l’altro… Incontri persone reali che forse per la prima volta puoi conoscere per quelle che sono, simpatiche o antipatiche, comunque reali, più o meno simili o anche molto differenti da ciò che hai creduto sempre vero sugli altri…
Buon viaggio…
PS:
Magari potrebbe aiutarti anche la lettura di ‘Alice nel paese delle miserie’, il libro che ho pubblicato a febbraio 2021 e che puoi ordinare in ogni libreria oppure on line sul sito dell’editore youcanprint.it o su Amazon o su altre librerie on line.

Quando ad una certa… Lo sai che nuova c’è…

Capita ad un certo punto del percorso terapeutico di passare da un estremo all’altro. È l’effetto emergente di tanto lavoro di consapevolezza di sé.
La persona si è ammalata, ha chiesto aiuto, ha cominciato ad osservare il suo funzionamento mentale e nelle relazioni, ha cominciato a comprendere se stesso e molti aspetti del suo modo di stare nei rapporti interpersonali. Ha compreso il senso di molte sue scelte. Antiche e attuali.
Ad un certo punto inizia a scegliere diversamente. Inizia a provarci e magari ci riesce a fare cose diverse ottenendo risultati differenti, reazioni degli altri differenti.
Spesso questo cambiamento porta la persona ad assumere atteggiamenti opposti ai precedenti. Il remissivo diventa aggressivo. L’estroverso si chiude in se stesso. L’accudente compulsivo si fa un po’ più gli affari suoi. Chi si è fatto sempre carico comincia a scaricare ogni peso. Il maestro dei sensi di colpa diventa un egoista seriale. L’eccentrico bizzarro si ricompone, la persona troppo regolare incontra la pazza gioia. E tanti esempi ancora. Ne hai qualcuno da aggiungere?
Atteggiamenti che possono spiazzare gli altri e se stessi. A volte preoccupare. Altre volte invece la persona si gode questa ‘nuova forma’ o modo di essere, pensare e agire.
Certo gli estremi spesso sono causa di problemi. E la persona deve integrare il vecchio e il nuovo, deve trovare la sua giusta posizione e misura, giusta per sé nel rapporto con la realtà, tra la maschera che ha indossato fino a qualche tempo prima e nuove parti di sé emergenti, parti appunto anche molto lontane dalle precedenti. Aspetti oscuri, potenzialmente spaventosi perché ignoti, nuovi. Aspetti carichi di energia vitale che portano la persona in contatto con parti autentiche di sé che ora ha conosciuto e vuole cominciare ad esprimere e mettere alla guida del proprio comportamento.
Questa integrazione richiede alla persona almeno due passaggi, entrambi fondamentali:
1. Godersi gli aspetti positivi del ‘nuovo sé’ (sempre monitorando il contatto adeguato con la realtà), sperimentando un nuovo modo di stare al mondo
2. Chiarire chi vuole essere e cosa vuole costruire nella sua vita da adesso in poi. Sembra un discorso troppo filosofico o astratto, in realtà può essere un processo di consapevolezza e azione molto concreto basato su dare risposte ad alcune domande fondamentali: pensando ai vari ruoli della mia vita che persona voglio essere (metti aggettivi qualificativi come appassionato, sereno, generoso ma non scemo, curioso, capace di farsi rispettare, sanamente egoista, disponibile ma non a disposizione, aperto ma senza farsi invadere, ecc)? Quali comportamenti devo adottare in concreto per essere la persona che voglio essere? Domande chiare, risposte che vanno cercate e applicate giorno per giorno, per tutta la vita…

Il nucleo della sofferenza

Nella diversità di sintomi riferiti dalle persone che arrivano a chiedere aiuto, con problemi psicologici e interpersonali e storie di vita anche molto differenti tra loro, un elemento è sempre presente a contribuire alla sofferenza della persona. Per sentirsi accettato in famiglia e da altre persone importanti fuori dalla cerchia familiare (insegnanti, coetanei, gruppi vari, fino ai partner sentimentali), l’individuo, fin da bambino, ha “scelto” (con diversi gradi di consapevolezza in base all’età e alle relazioni) di sacrificare parti di sé, rinunciando spesso all’espressione autentica di sé, dei propri pensieri, emozioni, bisogni e desideri. Questa è stata una “decisione antica” che, ripetuta più volte nel tempo, è diventata la propria personalità, il proprio modo di stare al mondo, di pensare e agire e di stare con gli altri.
Per essere accettato, per sentirsi amato, per ricevere approvazione, per sostenere la propria autostima, per soddisfare certi bisogni e desideri, l’individuo ha “scelto” di pagare un prezzo più o meno elevato.
Per certi versi è un processo inevitabile per adattarsi alla vita, alla realtà, per costruire relazioni. Quando diventa eccessivo, la sofferenza esplode.
Se la persona riesce ad arrivare a chiedere un aiuto psicoterapeutico, l’obiettivo di lavoro sarà quello di trovare o ritrovare un proprio personalissimo equilibrio rispetto alle parti di sé da sacrificare in favore di parti di sé da riconoscere, legittimare, valorizzare, esprimere per realizzare una vita serena, felice, appagante.

Un gentile richiamo al disordine

Spesso organizziamo la nostra vita in base a certi imperativi categorici assoluti quali:
Devo essere sempre e comunque forte in ogni ambito in ogni circostanza…
Devo andare di corsa e anche di più, sbrigarmi, affrettarmi, non ho tempo da perdere né tempo da dedicare ad altro che non sia il solito…
Devo occuparmi delle mie cose, ma devo anche far contenti gli altri, anzi spesso è meglio accontentare gli altri che mettere i miei bisogni in primo piano, devo prendermi cura degli altri anche se trascuro me stesso…
Devo sforzarmi ad ogni costo, chi dorme non piglia pesci, più mi sforzo e più ottengo, devo spingermi oltre ogni mio limite…
Devo fare le cose in modo perfetto, devo fare tutto e assolutamente in modo ineccepibile…
Dentro questi imperativi potrai trovare certamente anche i tuoi, forse qualcuno ti riguarda di più e forse qualcuno non ti riguarda affatto, ti invito comunque a cercare le tue regole di comportamento che segui solitamente e che devi seguire assolutamente… Altrimenti…
Queste “regole imperative autocostrittive” sono sicuramente utili in una certa misura perché ti fanno funzionare ad alto livello nel raggiungere i tuoi obiettivi nei diversi ambiti di vita per te importanti, contemporaneamente e inevitabilmente ti portano a trascurare altre aree della tua vita, altri tuoi bisogni, altri tuoi ruoli.
Dopo un po’ c’è una parte di te che ti richiama al disordine. Ti invita, più o meno gentilmente, ad accedere anche ad altre parti di te, meno performanti probabilmente, ma più vitalizzanti nella misura in cui ti permettono di abbandonare la rigidità dei tuoi soliti modi di essere, stressati e auto-stressanti.
Più o meno gentilmente vuol dire che se non ti accorgi da solo di aver superato il limite nel vivere troppo in un solo ed unico modo, allora compaiono segnali di malessere che ti invitano ancora abbastanza gentilmente ad osservarti con attenzione e a metterti in discussione. Il messaggio è: attenzione, stai tirando troppo la corda, qualunque cosa voglia dire per te. Se non cogli questi segnali e continui per la tua solita strada piena di stress e mancato ascolto di certi tuoi bisogni, allora compaiono i sintomi. Solitamente non proprio gentili e di piacevole compagnia. Sintomi fisici che possono riguardare ogni distretto corporeo. Sintomi psichici quali ansia, depressione, ossessioni, irritabilità, impulsività, disregolazione alimentare, dipendenze, ecc. Sintomi relazionali: problemi a lavoro, in famiglia, nella coppia, ecc.
Il lavoro che “devi fare”, per diventare consapevole delle tue scelte e responsabile dei tuoi cambiamenti in meglio, è ascoltare segni, segnali o sintomi che ti invitano a riscrivere in modo più flessibile e adatto a te quelle regole, a riordinare le tue scelte in modo da trovare il tuo unico nuovo equilibrio tra ciò che curi e ciò che trascuri…

Interrompere l’autosabotaggio. Esercizio

L’equilibrio, la serenità e la felicità non si raggiungono cambiando gli altri, ma cambiando se stessi. Questo è probabilmente uno dei concetti più noti e abusati nel campo delle discipline filosofiche, spirituali e psicologiche, da sempre presente in svariate forme nel pensiero umano e nella pratica concreta in direzione di una vita che “vale la pena” di essere vissuta…
In termini operativi e specifici, questa massima esprime l’obiettivo fondamentale di ogni lavoro di cambiamento e crescita personale. In particolare, da un punto di vista psicoterapeutico, posso dire che si tratta di INTERROMPERE L’AUTOSABOTAGGIO.
Per autosabotaggio intendo quando i nostri desideri e bisogni sono ostacolati da parti di noi stessi che ne impediscono la realizzazione.
La nostra mente o teatro interiore o mondo psicologico è abitato da parti che, quasi completamente a nostra insaputa, combattono per avere la meglio, per avere le redini in mano, il timone della nostra vita.
A fronte di parti sane di noi che tendono a realizzare desideri positivi nella forma di relazioni appaganti, realizzazioni personali, esplorazione del mondo, creatività e curiosità, esistono altre parti di noi che sono all’opposizione delle prime. Tendono ad ostacolare, a mettere i bastoni tra le ruote, a svalutare ogni nostro sano proponimento, a boicottare ogni possibile successo, a rimarcare ogni fallimento, a creare continua tensione e insoddisfazione interiore, a colpevolizzarci quando vogliamo essere felici.
La psicoterapia opera per riscrivere questi dialoghi interiori, per vitalizzare le parti sane e desideranti e per ridurre l’impatto delle parti autodistruttive.
Ti suggerisco allora una breve attivazione per iniziare a conoscere i tuoi (eventuali?) autosabotaggi…
Prendi consapevolezza di un tuo desiderio o bisogno… Ora… Qualcosa che vorresti ottenere, realizzare, raggiungere, creare…
Nota cosa ti dici rispetto a questo desiderio… Nota quanto ti attivi, incoraggi, sostieni, stimoli…
E nota quanto invece ti poni dei limiti, quanto sopprimi il tuo slancio all’azione, quanto tendi a spegnere il tuo spirito vitale…
È un dialogo interiore sempre o spesso presente dentro di te… Tra la parte desiderante e quella inibente…
Per il momento nota solo questa lotta… Continua ad approfondire la conoscenza di questo teatro interiore che così tanto condiziona il tuo comportamento concreto reale e la tua soddisfazione e insoddisfazione…
Continua ad osservare fino a quando sorge una spinta ad agire… Forse non cambia niente… O forse inizi a prendere decisioni che non hai mai preso prima…

C’è qualcos’altro dentro di te

Oggi un post intorno alle righe… Un po’ sopra, un po’ sotto, un po’ in mezzo…
Ma è possibile che io non abbia sentimenti? Come è possibile che io non provi quello stato d’animo che invece tutti provano? Come è possibile che io manchi di quella parte che ogni persona ha? Vedo persone piene di gioia e capaci di respirare felicità ad ogni passo e anche stando ferme. Vedo persone sempre intrise di tristezza, niente sembra smuoverle da quel sentire. Conosco persone cronicamente arrabbiate o invidiose croniche. Chi sta fermo ai blocchi di partenza, per lui la vita è troppo paurosa per essere vissuta. E io no. Io non provo… Io non sento… Io non sono… Come le altre persone.
Ti invito a notare se c’è in te, e credo ci sia in ognuno di noi, una caratteristica umana più o meno diffusa che invece tu non hai, non senti di avere, non credi di avere. Almeno così ti sembra. Almeno così pare anche all’esterno, amici e parenti ti dicono: ma come fai a non arrabbiarti mai? Ma come fai a non essere mai contento? Come è possibile che tu non sia mai triste e infelice? Ma come puoi stare sempre sereno e mai sentirti in colpa o sbagliato?
Ecco ti invito a notare dentro di te questo pezzo mancante… Qualcosa che è ancora seme… Quell’esperienza mancante… E andare a cercare quella che sembra una mancanza…per coglierne il frutto…
Da oggi in poi sii consapevole, anzi particolarmente attento a questa parte che sembra mancare dentro di te… Ma che devi semplicemente cercare meglio…
Cerca la tua gioia, la tua possibilità di gioire, la tua capacità di inondarti di felicità e di meraviglia estatica… E comincia a conoscerla meglio…
Cerca la tua rabbia, anche se sembri San Pietro, vai a pescare questa risorsa dentro di te… E conoscila a fondo…
Cerca la tua vergogna, anche se ti senti sempre a posto, valla a scovare e comincia ad esplorarla…
Cerca la tua inquietudine, proprio come Buddha, e trova la lezione…
Cerca la tua invidia, dove l’hai messa, vai a farci una chiacchierata…
Cerca la tua vulnerabilità, anche se hai la S sul petto, accoglila invece di fuggirla, può essere un’alleanza vincente…
Cerca la tua paura, persona di ferro, e ringraziala per come ti può aiutare…
Cerca il tuo dolore… Il tuo disprezzo… La tua solitudine… Il tuo vuoto… La tua gratitudine… La tua curiosità… La tua gentilezza… La tua gemma preziosa… Qualunque forma abbia per te…
La tua aggressività… La tua codardia… Il tuo ardente desiderio… La tua ferocia… Il tuo coraggio… La tua follia… La tua saggezza… La tua stupidità… E chissà quante altre parti ancora…
E vai ad incontrarle … Ti porteranno lontano nel tempo… Quello che è stato e quello che verrà…

Integrare ogni parte di te significa acquisire conoscenza utile per l’azione efficace… Per agire con consapevolezza e responsabilità verso ogni tuo obiettivo…

Ogni parte ha da dirti e da darti qualcosa… Sei tu che ti riconosci nella tua storia di vita, nelle tue esperienze passate, nelle tue risorse attuali e nelle possibilità di agire ora in direzione del futuro che desideri…

Fight club

Se non ti batti non conosci veramente te stesso dice Brad Pitt in Fight Club. Film scomodo. Ti invita ad alzarti dalla tua vita comoda. O perlomeno ti invita a renderti conto della vita che fai. Delle scelte che fai. Vita probabilmente piena di comfort e sicurezze, prevedibilità e certezze, controllo di te stesso e degli altri, che se non hai ancora, sicuramente stai cercando, oggetti posseduti che in realtà posseggono te… Una vita piena di “maschere e adattamento ad una realtà” che è necessario, ma che è una realtà basata su “verità limitate e parziali”. Quelle all’interno delle quali necessariamente ciascuno di noi vive la sua vita. Prova, ad esempio, a pensare a vari ambiti della tua vita quotidiana, famiglia, lavoro, amici, attività ricreative, momenti di solitudine. E… Renditi conto delle scelte che fai… delle maschere che indossi, che, più o meno consapevolmente, scegli di indossare. Riconoscile per la funzione che svolgono, a cosa ti servono… Probabilmente sono una facciata presentabile che cela (o rivela, ad uno sguardo attento) le tue paure e debolezze.

Sai perché tendi a nascondere le tue fragilità, i tuoi difetti, le tue carenze? Che succederebbe se ti esponessi libero e nudo?

E allora, un po’ tutti, abbiamo scelto di coprirci dietro abitudini e automatismi, ciascuno ha i suoi, che ci servono ad ingannare noi stessi e manipolare gli altri (e tutti siamo a nostra volta manipolati), a seguire le solite strade note, i soliti pensieri, le solite modalità di comunicare e interagire che di fatto ci allontanano dagli altri come da noi stessi.
La psicoterapia, come la vita, è sempre un coraggioso viaggio eroico che necessita di umiltà per imparare a guardare le tue “verità parziali”; un percorso per aiutarti a vivere in una realtà condivisa che resta sempre e comunque solo “una delle infinite possibili”.
L’eroico viaggio trasformativo richiede il confronto col Drago. Con la paura, col dolore. Con la possibilità di morire. Con l’Ombra, con tutto ciò che è perturbante, inquietante, proibito, sconveniente, che scuote il nostro fragile, precario equilibrio di persone adattate ad una realtà che ci allontana di fatto da noi stessi, dalle nostre parti più autentiche.
L’adattamento è necessario, per sopravvivere in mezzo a quella che altrimenti sarebbe solo una giungla di bestie che mangiano uomini e uomini che sarebbero solo bestie. Ma qual è il prezzo che paghiamo per questo adattamento? Dobbiamo scoprirlo e mai dimenticarlo. È appunto allontanarsi un po’ dalla nostra natura. E, quando questo allontanamento è eccessivo, compare la malattia fisica, psichica o un disagio espresso nella forma di violenza, perdita di ogni orientamento e riferimento. Di ogni regola. Anzi, dove l’unica regola è che non esistono regole.
L’evoluzione personale si fonda sulla consapevolezza che il modo in cui viviamo è solo una delle forme possibili, scelta inconsapevolmente quando eravamo piccoli e continuamente rinforzata, consolidata attraverso le esperienze successive di vita che non l’hanno mai, di fatto, messa in discussione. Almeno fino a quando decidiamo che va bene così…
Oggi, comunque, è il primo giorno del resto della nostra vita ed effettivamente abbiamo molteplici possibilità di nuove scelte. Tutte comunque rivolte verso una necessaria integrazione di parti di noi finora dissociate o represse. Del maschile e del femminile interni, a ciascuno di noi. Della forza e della tenerezza, ciascuno le intenda a suo modo. Scelte e sfide che richiedono coraggio nonostante la paura, umiltà per capire che siamo tutti uguali di fronte alla morte, nonostante la nostra irriducibile diversità. Disponibilità a rischiare perdite per ottenere conquiste.
La domanda guida è sempre la stessa, da sempre nella storia dell’umanità e del “conosci te stesso”: chi sei veramente?
Chi sei veramente oltre il tuo adattamento ad una realtà condivisa!
Chi sei veramente sotto la maschera che indossi!
Chi sei veramente mentre reciti un antico copione!
Chi sei veramente oltre quello che sei sempre stato!
Ciascuno di noi ha le proprie personalissime risposte…