È un dato di fatto che gli uomini curiosi spesso sentono il bisogno di sfilarsi di dosso la propria esperienza, avvertendola più come una rigida armatura di abitudini che limita i movimenti che come un’amichevole corazza protettiva, necessario usbergo contro le forze dell’Ignoto. Siamo pienamente consapevoli, quando sfidiamo le nostre abitudini, che le probabilità di vittoria sono esigue; e proprio l’eccezionalità di tale successo gonfia il vittorioso petto di soddisfazione e lo ammanta di un’aura di eroismo, le rare volte che riusciamo a buggerare le routine (Marco Malvaldi, Il gioco delle tre carte).
Le abitudini sono importanti. Ci permettono di viaggiare col ‘pilota automatico’ e di risparmiare energie senza dover ogni volta ricominciare daccapo. Pensa che spreco di tempo, energia e attenzione sarebbe se ogni volta dovessi reimparare a camminare, a lavare i piatti come i denti. Pensa anche a quanto è abitudinario il tuo uso dei dispositivi elettronici, dal PC in poi.
Ma molte volte è ancora più importante disinserire gli automatismi, per essere pienamente consapevoli di ciò che stiamo facendo, proprio in questo momento, di cosa stiamo vivendo, proprio adesso, nel momento esatto dell’esperienza che sta accadendo in noi. La piena consapevolezza ci permette di agire con maggiore chiarezza d’intenti e maggiore responsabilità, per attivare i cambiamenti che desideriamo.
Da dove vuoi iniziare a buggerare i tuoi automatismi? Per ottenere cosa?
Categoria: mindfulness
Radio Paranoia
Conosci RADIO PARANOIA? Con Radio Paranoia mi riferisco alle voci incessanti dentro di noi che commentano continuamente il nostro comportamento e quello altrui, procurandoci stati mentali dolorosi.
Queste voci sono i nostri pensieri automatici che abbiamo affinato negli anni a far scattare di fronte alle frustrazioni che la quotidianità ci presenta.
Oltre il danno la beffa. Oltre alla frustrazione di qualche nostro bisogno o la delusione di qualche nostra aspettativa, anche l’autocritica (Radio Autocritica) e il risentimento rabbioso (Radio Risentimento). O qualche altro modo attraverso cui i nostri pensieri automatici aggiungono benzina sul fuoco dei problemi già esistenti. Ad esempio, Radio Ruminazione… Radio Ansia anticipatoria… Radio Recriminazione … Radio Autosvalutazione… Radio Catastrofe… Radio Disastro… Radio È insopportabile… Radio Lamentela… Radio Vittimismo… Radio Rammarico… Radio Rimprovero… Radio Non mi passerà mai… Radio Non ce la farò… Radio Cosa c’è di sbagliato in me?… Radio Il mondo è ingiusto… Radio La gente non si rende conto… Conosci qualche altra radio? Sei solito ascoltarla? Sei solito seguire le sue indicazioni?
Ecco, qui si trova un punto fondamentale: la radio trasmette e noi non possiamo impedirglielo, lo fa da tempo immemore; ma possiamo smettere di seguirla, possiamo lasciarla sullo sfondo, mentre noi ci dedichiamo alle cose veramente importanti della nostra vita e su cui abbiamo il potere di intervenire.
Per fare questo è richiesta la ‘presenza mentale’, la capacità, che si sviluppa con la pratica, di focalizzare il qui e ora, con intenzione, ad esempio focalizzare il respiro, l’aria che entra e l’aria che esce oppure focalizzare le sensazioni fisiche provenienti da qualche parte del corpo, ad esempio una mano… Ed ogni volta che veniamo catturati dalla radio… Notarlo… E tornare con gentilezza al focus iniziale… Senza giudicarci (anche se pure Radio Giudizio è sempre accesa)… Semplicemente notando la nostra ‘mente catturata e sintonizzata’, per tornare al focus… Con amorevolezza nei nostri confronti…
Questa pratica ci permette… Nel tempo… ‘con la pratica ‘… di dedicare le nostre energie ad azioni utili veramente a fare scelte orientate dai nostri valori che possono efficacemente catturare tutto il nostro impegno e le nostre risorse…
Scioglilingua
Oggi ti presento uno scioglilingua sugli opposti. Stare vs fare. Fare vs vivere. Vivere vs correre. Correre vs andare al proprio passo.
La vita frenetica inizia col pensiero continuo alla lista, anche solo mentale, delle cose da fare da qui in avanti (“ora faccio questo, poi devo fare quest’altro, quindi farò quello e quell’altro”). Un tipico pensiero, più o meno consapevole, che accompagna questo tipo di vita è “sto perdendo tempo con questa cosa (qui)… Devo occuparmi di quella cosa (lì)”. Qui vs lì. Salvo poi quando arriviamo lì… Pensare alla successiva cosa da fare… Insomma sempre lì, mai qui, ora.
È importante certamente l’agenda e la pianificazione, così come a volte è importante correre e fare cose rapidamente, anzi è fondamentale, ma anche accompagnate dalla capacità di stare in ogni esperienza nel qui e ora. Altrimenti arriveremo all’ultimo lì … senza mai aver vissuto qui.
Ciascuno di noi può imparare l’abilità di stare nel qui e ora…
A ciascuno di noi la scelta…
Le mille pratiche meditative esistenti al mondo sono basate sul principio e sulla capacità di stare nel qui e ora. Pur nella diversità, ogni pratica prevede tre passaggi fondamentali.
1. Scegliere un FOCUS cui prestare attenzione consapevole, ad esempio il respiro o le sensazioni provenienti da una mano o da altre parti del corpo.
2. RICONOSCERE LA MENTE CHE VAGA, cioè notare la propria attenzione che tende a spostarsi dal focus ed essere catturata da pensieri, immagini, ricordi ed ogni altro prodotto della mente che può essere rimuginato.
3. TORNARE GENTILMENTE AL FOCUS, SENZA GIUDICARSI. Noti la distrazione e sposti di nuovo l’attenzione al focus. È normale che la mente vaghi, è il suo mestiere, si è evoluta in milioni di anni per risolvere problemi col pensare. Solo che a volte, troppo spesso purtroppo, non solo non aiuta a risolvere problemi, ma la sua iperattività rimuginativa finisce per alimentare e mantenere i problemi.
La pratica meditativa basata su questi tre passaggi e sul principio del qui e ora aiuta a recuperare le funzioni adeguate della mente e ha una serie di altri benefici sul benessere psicofisico quali: potenziamento del sistema immunitario, regolazione del metabolismo, miglioramento della capacità di concentrazione, riduzione dell’ansia, miglioramento nelle proprie capacità comunicative, regolazione dell’umore e delle emozioni, aiuto nel prendere decisioni, miglioramento dei rapporti interpersonali. Tanto per fare qualche esempio…
A ciascuno di noi la scelta di imparare a stare nel qui e ora… Imparando a lasciare andare la nostra tossica vita frenetica…
Il problema e il problema
Un problema molto diffuso è l’incapacità di risolvere veramente i problemi. Mi riferisco, in particolare, a qualcosa che certamente sarà capitato anche a te: la soluzione che individui per il problema finisce per diventare un tentativo fallimentare che alimenta il problema, non lo risolve, lo mantiene o addirittura lo peggiora.
Succede con le EMOZIONI dolorose quando il tentativo di sopprimerle per non sentirle finisce per renderle ancora più potenti, dolorose, pronte a trasformarsi in sintomi fisici e psicologici o in difficoltà nelle relazioni. Ad esempio, attacchi di panico, esplosioni di rabbia, abuso di sostanze. Oppure quando tentiamo di reprimerle, le sentiamo, ma cerchiamo di tenerle a bada, ma prima o dopo ci scoppiano dentro o fuori in comportamenti inappropriati alla situazione.
Succede con i PENSIERI quando ci ingaggiamo in processi rimuginativi in cui crediamo di riflettere per comprendere il problema, ma finiamo solo per restare impantanati in ripetizioni sterili degli stessi ragionamenti fini a se stessi e che non ci portano mai a decisioni e scelte utili.
Succede con le PERSONE quando nel tentativo di comprendere gli altri finiamo per non ascoltarli veramente, siamo fissati sui nostri pregiudizi verso gli altri piuttosto che essere veramente aperti e disponibili ad ascoltare ciò che vogliono dirci, osservare ciò che fanno e comprendere il senso dei loro discorsi e delle loro azioni.
Succede in DIVERSI AMBITI della nostra vita quando crediamo che la soluzione sia il cambiamento degli altri e ciò alimenta la frustrazione di ognuno e la delusione reciproca.
Ti invito allora ad osservare come funziona per te in aree specifiche della tua vita, a casa e al lavoro, con gli amici o in momenti di attività in solitaria, nei momenti di svago e in ogni altra situazione in cui PARTI CON UN PROBLEMA E TE LO RITROVI MOLTIPLICATO O GONFIATO.
Ti invito a notare come funzioni tu e quali sono gli esiti quando affronti i problemi che ti trovi di fronte… Cosa finisci per fare, sentire e pensare…
Ti invito anche a capire come fa a risolvere i suoi problemi la protagonista di ‘Alice nel paese delle miserie’, nel mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
La domanda guida per queste osservazioni è: COSA FACCIO (E COSA NON FACCIO) PER RITROVARMI ANCORA PIÙ IMPANTANATO NEL PROBLEMA?
Spesso le varie risposte a questa domanda sono accomunate da una strategia di EVITAMENTO DELLE ESPERIENZE: guidati dalla paura, evitiamo situazioni e persone, evitiamo il contatto con il nostro mondo interiore ed evitiamo di affrontare i problemi.
Una strategia più utile, alla consapevolezza, alla padronanza della nostra esperienza e ad un modo più efficace di affrontare i problemi, è fondata sulla nostra DISPONIBILITÀ INTERIORE AD AVVICINARCI ALL’ESPERIENZA invece che evitarla. Una strategia di apertura, curiosità, sensibilità a ciò che accade fuori e dentro di noi. Una strategia fondata sull’accettazione dell’esperienza, anche quando è dolorosa. Un’accettazione quindi compassionevole verso noi stessi, verso gli altri e verso il mondo. Tutto è ciò che è. Lo accogliamo e proseguiamo sulla nostra strada…
Cosa fare col dolore
Ciascuno di noi vorrebbe allontanare il dolore emotivo. Ciascuno di noi non vorrebbe vivere emozioni di tristezza e angoscia, rabbia e paura, senso di colpa e vergogna, tantomeno sentirsi incompreso, trascurato, criticato, disprezzato, ostacolato, escluso, emarginato, lasciato solo.
A volte, usiamo strategie inefficaci per fronteggiare il dolore emotivo: tentativi fallimentari che ci danno un sollievo a breve termine che ci illude che le cose siano cambiate veramente. In realtà, il dolore presto tornerà e farà anche più male perché non abbiamo sradicato i motivi generanti quel dolore e tendiamo a tornare ai soliti schemi di pensiero e comportamento. Ecco alcuni esempi di strategie ‘apparentemente utili’ per governare il dolore: EVITARE sistematicamente situazioni e persone, fino al ritiro completo in 4 mura solide, rassicuranti per un attimo, ma piene di solitudine, tristezza e rabbia repressa. Sottomettersi, COMPIACERE ed essere iper-disponibile per elemosinare approvazione e amore ‘condizionati’ (se faccio il bravo e il buono mi vogliono bene…). Dare DI PIÙ e ancora di più, fare di più e ancora di più, con la sensazione ultima che non è mai abbastanza, che dobbiamo sempre alzare l’asticella per sentirci amati, apprezzati e soddisfatti, ma non basta mai a farci sentire sereni e appagati. STORDIRSI nei più svariati modi: alcol, droghe, cibo, attività compulsive varie quali gioco d’azzardo, social media, shopping, ma anche seduttività sessuale e attività fisica che non bastano mai. Fino ad atti di AUTOLESIONISMO fisico come tagli, bruciature, piercing oltre misura.
È importante a quel punto, a questo punto di raggiunta consapevolezza di come funzioniamo e tendiamo, nostro malgrado, ad alimentare la sofferenza che vorremmo scacciare, individuare altre strategie realmente efficaci per padroneggiare la sofferenza. In particolare:
– dobbiamo capire quale dolore possiamo realmente SCACCIARE VIA definitivamente e cosa dobbiamo fare per ottenere questo risultato
– dobbiamo capire quale dolore possiamo RIDURRE e cosa dobbiamo fare per imparare ad ALLEVIARE la nostra sofferenza
– dobbiamo capire quale dolore è da ACCETTARE come parte della nostra esperienza e capire cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare.
Una strategia utile a fronteggiare il dolore nelle sue varie forme e intensità è la MINDFULNESS, una pratica fondata su tre principi fondamentali, semplici da capire e semplicemente da applicare quotidianamente per diventare capaci di fare qualcosa di utile col nostro dolore:
1. Prestare ‘attenzione’ alla propria mente qui e ora in modo intenzionale, ‘momento per momento’ (titolo di un libro che ti consiglio di leggere, di Jon Kabat-Zinn creatore della mindfulness), partendo da un focus scelto che potrebbe essere il respiro, ma anche sensazioni del corpo come quelle provenienti da una mano…
2. Notare le ‘distrazioni’ dell’attenzione ovvero la mente vagabonda in giro tra pensieri, emozioni, ricordi, immaginazioni, ecc.
3. Riportare l’attenzione al focus scelto in modo gentile ovvero ‘senza giudicare’: ciò che avviene è ciò che avviene, non è né più né meno rispetto a ciò che dovrebbe essere…
Buona pratica…
Il pieno silenzio
Qualche giorno fa ti ho proposto di dedicarti 5 minuti di silenzio… In quel post, in sostanza, invitavo il lettore a fermare la lettura e dedicarsi 5 minuti di silenzio… Puoi farlo anche ora… Dedicati 5 minuti di silenzio… … … … …
Spero tu lo abbia fatto e sia tornato solo ora a leggere queste righe…
Di cosa hai riempito il tuo silenzio? A cosa hai prestato attenzione? Pensieri… Emozioni… Sensazioni… Immagini… Ricordi… Aspettative… “Devo fare questo…!”, “Chissà come andrà?”, “Chissà come è andato quello che ho fatto?”, “Avrei dovuto fare meglio!”.
Ti invito ora a prestare attenzione, proprio qui, proprio ora, al momento presente…
Nota cosa è presente alla tua attenzione…
Nota, ad esempio, il tuo respiro… Esplora il tuo respiro… L’inspirazione… L’espirazione… Torace e addome che si gonfiano e si sgonfiano… La temperatura dell’aria che inspiri… E la temperatura di quella che espiri… Se stai respirando con la bocca aperta… O chiusa…
Nota i suoni presenti… Proprio qui… Proprio ora… I suoni dell’ambiente esterno… I suoni del tuo corpo…
Nota le sensazioni della tua pelle a contatto coi vestiti che indossi… Notale lungo tutto il corpo…
Nota le sensazioni del tuo corpo seduto a contatto con la sedia o la poltrona… O a contatto col divano o con il letto su cui sei sdraiato…
Nota ciò che puoi notare…
Nota i pensieri che affollano la tua mente…
Nota le emozioni che ti vengono a trovare…
Insomma nota di cosa riempi il tuo spazio mentale…
Esiste ciò che noti…
E puoi riempire il tuo spazio interno scegliendo di spostare deliberatamente la tua attenzione… Proprio qui… Proprio ora…
Quando riesci a farlo ‘senza giudicare’… Senza aspettarti niente… Senza giudicare ciò che non è come dovrebbe essere… Allora sei nel pieno della tua consapevolezza…
Se per caso hai iniziato ora, proprio qui, proprio ora … Attenzione! È una pratica che può durare tutta la vita…
5 minuti
Hai appena iniziato a leggere, anzi stai proprio ora leggendo un post che può essere veramente importante per te… Prima di continuare nella lettura ti chiedo cortesemente di fermarti e dedicarti 5 minuti di silenzio… … … … …
Fatto? Cosa è successo? Sei riuscito a fermarti e a ‘stare’ nel silenzio? Di cosa era ‘pieno’ il tuo silenzio? Stai leggendo senza esserti fermato? Cosa è successo? Quali pensieri sono venuti a trovarti? E quali stati d’animo? Finisci di leggere e poi ci provi? (Forse qualcuno non sta facendo come te e ha già deciso di smettere di leggere queste poche righe… Ha deciso di dedicare il suo tempo, le sue energie e la sua attenzione ad altro. Chissà qualcun altro ha allungato il suo silenzio…).
Credo sia importante per ciascuno di noi diventare consapevoli del modo in cui impieghiamo le nostre risorse fisiche e mentali, come utilizziamo il nostro tempo per prenderci cura dei nostri bisogni, quanto tempo sprechiamo a trascurare i nostri bisogni veramente importanti per noi.
Ora non voglio toglierti altro tempo… Dedicati (altri) 5 minuti di silenzio… E buone scelte…
Mente compassionevole
Solitamente la nostra vita e le nostre scelte quotidiane, più o meno importanti, sono scandite da un certo modo di funzionare della nostra mente.
C’è una mente ‘minacciata’ attraverso cui compiamo azioni con l’intento di proteggerci da minacce esterne ed interne. Ad esempio, dobbiamo cercare appagamento dei bisogni fisiologici primari, dobbiamo essere in buona salute, dobbiamo farcela economicamente, dobbiamo creare rapporti interpersonali appaganti e mantenerli, dobbiamo imparare a vivere anche in solitudine.
C’è una mente ‘competitiva’ attraverso cui cerchiamo di accaparrarci risorse, limitate, per raggiungere i nostri obiettivi nei vari ambiti della nostra vita, obiettivi per noi importanti in base a valori per noi importanti, anche se spesso non consapevoli. Ad esempio, dobbiamo guadagnare una certa cifra (e anche di più), dobbiamo avere una certa casa (magari due e con giardino o terrazzo a tutto tondo), dobbiamo avere una certa auto e proprio quella e poi un’altra ancora, dobbiamo rimpinzarci di cibo e ristoranti, di vacanze all’ultimo grido e di vestiti da cambiare più volte al giorno. E dobbiamo essere anche presenti e visibili sui social. Forse esagero con questi esempi, forse no.
Possiamo essere grati per questi due modi di funzionare della nostra mente perché ci hanno permesso l’evoluzione come specie e ci permettono quotidianamente di appagare bisogni importanti per noi in direzione di una vita consapevole guidata da ciò che per noi è importante. Ma…
Ma non finisce qui… Spesso queste stesse modalità di funzionamento superano gli eccessi e cominciano i problemi. Problemi sotto forma di stress, sintomi ansiosi e depressivi, disturbi fisici e dipendenze comportamentali, conflitti interpersonali oltre che interiori, relazioni disfunzionali e sempre meno nutrienti, comunicazioni aggressive, autostima sotto i piedi, vissuti di fallimento, colpa e difettosità. E qualcos’altro ancora che può fare al caso tuo…
Ciò che succede è che, per proteggerci dalle minacce che percepiamo e raggiungere i nostri obiettivi, paghiamo un prezzo enorme in termini di sofferenza emotiva.
Diventa allora fondamentale accedere, accendere e coltivare la mente compassionevole.
La mente compassionevole si manifesta in tre modi sostanziali, sia quando è diretta verso gli altri sia quando è rivolta a sé.
1. Essere sensibili alla sofferenza emotiva
2. Cogliere i bisogni frustrati in quelle emozioni dolorose
3. Impegnarsi con azioni concrete ad aiutare per tentare di alleviare la sofferenza e ridurre la frustrazione.
Ciascuno di questi tre aspetti può essere estremamente chiaro ed evidente, ma non sempre. A volte richiede un personale processo di maturazione emotiva che ciascuno di noi sta compiendo a suo modo e coi propri tempi.
Essere sensibili alla sofferenza emotiva non significa che la persona che prova quelle emozioni ci deve piacere o che la apprezziamo in quel momento o condividiamo le sue scelte e i suoi valori. Può esserci anche antipatica ed essere molto distante dal nostro modo di essere e vivere, purtuttavia siamo capaci di coglierne il dolore emotivo.
Cogliere i bisogni frustrati significa essere capaci di vedere cosa motiva il comportamento dell’altro, non per approvarlo o giustificarlo, semplicemente per comprenderlo, per rintracciare un senso nelle azioni della persona.
L’impegno concreto risponde alla domanda: “cosa posso fare per aiutare questa persona?”. E anche: “cosa posso fare per aiutare me a comprendere questa persona?”. La risposta è scontata in alcuni casi o perlomeno sappiamo cosa dovremmo e potremmo fare anche se non è detto che riusciremo a farlo. La risposta è meno scontata in quei casi in cui la persona può suscitarci emozioni ostili (rabbia, odio, antipatia) perché è molto distante dal nostro modo di pensare e agire o perché ci sentiamo in qualche modo ‘minacciati’ da questa persona. Proprio in questi casi, spesso si tratta di relazioni conflittuali, manifeste o vissute interiormente, è fondamentale ‘attivare’ la propria mente compassionevole al servizio dell’evolversi della relazione con l’altro che passa attraverso il comprendere che l’altro sta giocando il suo gioco nella vita, come stiamo facendo noi e ce la sta mettendo tutta con le risorse che ha a sua disposizione, come stiamo facendo noi…
Il rinnovamento, religioso o laico che sia, passa anche attraverso lo sviluppo di una mente compassionevole, potenzialità a disposizione di tutti e che aspetta solo di essere coltivata e allenata, a partire da azioni compassionevoli quotidiane che esprimono e potenziano, a loro volta, qualità compassionevoli di un sé compassionevole che tutti possiamo costruire come risorsa al servizio del benessere individuale e comunitario. Cosa potresti fare oggi, non solo oggi e da oggi in poi per pensare, sentire, agire ed essere compassionevole?
Intanto, se vuoi iniziare ad approfondire queste idee e soprattutto a sviluppare pratiche concrete ed esercizi al servizio di una mente compassionevole, ti consiglio la lettura di Paul Gilbert (terapia focalizzata sulla compassione, mindful compassion), Kristin Neff (la self-compassion), Lambiase Cantelmi (psicologia della compassione) e Sharon Salzberg (l’arte rivoluzionaria della gioia).
Ancora broccoletti
Qualche giorno fa ho accennato alla storia dei miei broccoletti. Ho scoperto tra le altre cose che i broccoletti hanno un tempo diverso, come molti prodotti della terra. Ci sono quelli che puoi raccogliere dopo 60 giorni dalla semina e quelli a 90 e 120 giorni. Insomma, il tempo è importante per il raccolto. Come per gli obiettivi che ti poni in altri ambiti della tua vita. È importante che tu abbia un piano con scadenze temporali fondamentali che segnino la strada, dal desiderio iniziale al raggiungimento dell’obiettivo. Con una differenza fondamentale. Mentre per i broccoletti ti basta la semina, poca cura iniziale e un po’ di fortuna, acqua e sole faranno la gran parte del lavoro e non ti resta che raccogliere, con gli obiettivi di vita personale e professionale la grande parte del lavoro la devi fare tu.
Partire dal desiderio ben riconosciuto e fatto ardere dentro di te. Quello che vuoi e lo vuoi proprio.
Fare ricognizione delle risorse necessarie, di quelle che già possiedi e di quelle che devi reperire, siano esse materiali o emotive, personali o interpersonali.
Formare un obiettivo ben strutturato. Definito in modo specifico, concreto, misurabile, sufficientemente ambizioso e sfidante per darti la carica e sufficientemente realistico per farti sostenere dalla speranza e dalla fiducia nel tuo percorso. Orientato dai tuoi valori, da cosa è importante per te, dalla persona che vuoi essere e diventare realizzando quegli obiettivi. Ovviamente con step organizzati nel tempo per farti sostenere e motivare da sotto-obiettivi che ti permettano di raggiungere successi intermedi in direzione dell’obiettivo finale. Che altro? Persone che testimonino il tuo percorso, per apprezzare il tuo impegno e incoraggiarti nei momenti difficili.
E poi, fondamentale: agire. Iniziare ad agire per comprendere. Agire per raccogliere l’informazione utile che ti dice come proseguire. Agire anche se non ti senti perfettamente pronto e preparato. Agisci, raccogli, agisci e via così… Ancora buon anno. Per sempre buon inizio e buon raccolto…
Allenatori del benessere
Sei capace a guardare degli oggetti, ad indicarli col dito e a non ripetere, anche solo dentro te stesso, il loro nome, per come li conosci? Provaci e verifica l’effetto che ottieni. Il nome è la ‘mappa’, l’oggetto è il ‘territorio’. Infatti, di fronte ad un oggetto sferico con cui i bambini (e gli adulti) solitamente giocano, lanciandoselo l’un l’altro, tu pensi a “palla”, un inglese a “ball”, uno spagnolo a “pelota”. È sempre lo stesso oggetto o la stessa cosa (lo chiami “coso” se non sai il nome e “cosare” è l’attività relativa), ma ha nomi diversi ovvero mappe ‘linguistiche’ diverse dello stesso territorio.
Ancora una volta uno spunto dal libro FACCI CASO del collega Gennaro Romagnoli che ho già presentato nel post di giovedì 17 settembre.
L’idea è quella di imparare a prestare attenzione ai ‘processi’ della mente, a come la mente funziona, spesso, purtroppo, a come funziona come fonte di sofferenza. Lo scopo è quello di aumentare la confidenza con la nostra mente e la capacità di padroneggiarla al servizio di scelte consapevoli, responsabili, efficaci rispetto ai nostri obiettivi e valori. In particolare, qui, ora, l’obiettivo concreto è ‘allenare l’attenzione’.
‘Allenare l’attenzione‘ con pratica intenzionale e deliberata significa concentrarsi sul territorio attraverso i sensi e non attraverso le mappe, per percepire quello che c’è (vedere, udire, sentire, odorare, gustare); quello che c’è e non quello che pensiamo dovrebbe esserci o siamo abituati a vedere.
In terapia, questo significa sviluppare le abilità ‘autoriflessive’ fondamentali a farci rendere conto di come siamo guidati da schemi che tendono a ripetersi e a farci interpretare il mondo sempre allo stesso modo, a guidare le nostre azioni sempre in una medesima direzione, a farci incontrare gli altri (oltre che noi stessi) sempre con le stesse lenti, più o meno distorcenti, apprese in passato, ma ormai non più utili ad un sano adattamento alla realtà attuale (UN ATTIMO PRIMA DI CADERE. Giancarlo Dimaggio, altro libro straconsigliato, intrigante e utile per tutti).
In senso operativo, significa che la persona in terapia impara a rendersi conto di ‘come tende a vivere la vita’, per imparare a ‘cambiare qualcosa’ in modo da ridurre la sofferenza e fare scelte più consapevoli, responsabili e felici. Significa ‘uscire dalla storia che siamo abituati a raccontarci’ e iniziare a fare ‘esperienza diretta’ del mondo e delle relazioni, meno mediata dai soliti schemi mentali, per iniziare a ‘scrivere una nuova storia’ con cui raccontarsi, piena di possibilità e risorse invece che di limiti e impedimenti.
Allenare l’attenzione sostenuta diventa allora una vera e propria meditazione alla portata di tutti. Di tutti quelli che vogliono praticarla in modo “attento”, intenzionale, deliberato, costante. Addestrare l’attenzione diventa una pratica di meditazione potente impiantata sulla capacità (tutta da allenare) di accorgersi quando finiamo nelle nostre mappe e di riportare ‘gentilmente’ l’attenzione ai sensi.
Attenzione sostenuta… Pratica meditativa… Siamo nel campo della mindfulness: la capacità di portare intenzionalmente la propria attenzione al presente, momento per momento, senza giudicare ciò che osserviamo (VIVERE MOMENTO PER MOMENTO. Jon Kabat-Zinn). E dell’acronimo IOS di Gennaro Romagnoli: Intenzione – Ora (nel presente, qui) – Senza giudicare.
Tenere l’attenzione al presente… Accorgersi delle distrazioni… Ritornare ‘gentilmente’, senza giudizio, al focus… Senza farsi ingaggiare dal dialogo massacrante col giudice interiore che ci vuole raccontare le solite storie che ci procurano sofferenza.
‘Attenzione non giudicante’ è attenzione a ciò che è e non a ciò che dovrebbe essere, ad esempio, l’attenzione al respiro come avviene naturalmente e non a come dovrebbe avvenire o vorremmo che avvenisse. Se cerchi di modificare il tuo respiro (e potrebbe essere un obiettivo plausibile) stai seguendo la mappa: “modificare il respiro”; se, invece, osservi al presente il respiro come avviene, senza giudicarlo e senza intenzione alcuna se non quella di osservarlo, allora sei in contatto attraverso i tuoi sensi.
Ecco la struttura base di ogni pratica di attenzione sostenuta o meditativa o mindfulness:
“inizia a respirare in modo consapevole (consapevole di tutte le sensazioni che avverti mentre respiri, a cominciare dal percepire l’aria che entra e l’aria che esce) senza interferire, in modo intenzionale e notando tutti i giudizi e i commenti che emergono dalla tua mente (pensieri sostanzialmente, ma anche fantasie, ricordi, preoccupazioni, ecc.). Quando li noti devi lasciarli da parte, gentilmente, e sempre con gentilezza, ritornare al tuo respiro, ogni volta, ancora e ancora e ancora; il compito più importante è notare proprio quando la tua mente inizia a vagare, è quello il momento centrale dove stai davvero allenando la tua attenzione”.
Lo scopo dell’attenzione intenzionale presente e non giudicante è quello di connetterci a noi stessi e notare le sensazioni che esistono già, prestare attenzione a ciò che c’è, nel presente, ma che non siamo abituati a cogliere. Ad esempio, anche nella ‘scansione corporea’ (prestare attenzione intenzionale, non giudicante, ora, qui, al corpo, dalla punta delle dita dei piedi fino alla cima dei capelli…), lo scopo non è sentire il corpo scoprendo nuove sensazioni, ma notare le sensazioni che già si provano e “arrivano dal corpo”.
Lo scopo non è restare sempre focalizzati; è accorgersi di quanto ci distraiamo e tornare gentilmente (senza giudicarci) al focus.
Accogliendo con gentilezza i benefici che arriveranno… Senza aspettarseli… Imparando semplicemente a coglierli…