Il ‘bambino ferito’ è un’immagine per rappresentare il modo in cui un dolore antico si manifesta ancora oggi nella nostra vita quotidiana.
Il bambino ferito si manifesta nella ripetizione di comportamenti disfunzionali. In abitudini dannose che non riusciamo a modificare. In azioni negative che non riusciamo ad abbandonare. In impulsi che continuano a dirigere il nostro comportamento.
Il bambino ferito ritorna oggi anche nei nostri pensieri negativi e distorti. Quando crediamo continuamente di essere incapaci, inadeguati, colpevoli, indegni, non amabili, privi di valore e così via, oltre ogni ragionevole valutazione delle cose. Quando siamo guidati da visioni pessimistiche del mondo, quando crediamo che gli altri ce l’abbiano con noi, quando perdiamo ogni fiducia negli altri e ogni speranza nel futuro e così via, senza ogni altra considerazione sulla realtà. E ritorna anche nel modo ripetitivo e disfunzionale di usare il nostro pensiero: rimuginando sul futuro e ruminando sul passato, nonostante la realtà al presente ci faccia capire che pensare ripetutamente sulle stesse cose non è un modo utile di affrontare i problemi attuali.
Il bambino ferito è presente nelle nostre emozioni dolorose: quando siamo tristi e angosciati, oltre ogni motivo apparente; quando siamo arrabbiati e non riusciamo a trovare nessun modo per contenere o esprimere utilmente o lasciar andare la nostra rabbia; quando siamo costantemente spaventati, ansiosi, preoccupati e nulla riesce a tranquilizzarci; quando siamo invasi da sentimenti di vergogna e di colpa che colorano ogni momento della nostra quotidianità; quando ci sentiamo vuoti, aridi, spenti, senza motivazioni e vitalità.
Per curare quella ferita, oggi possiamo usare un’altra immagine: ‘prendere quel bambino per mano per prendercene cura’, per prendersi cura del proprio dolore antico a partire da una posizione adulta in cui ora si riesce a vedere ciò che allora non si poteva vedere; a considerare la situazione attuale in modo più sensato; a dare significati più realistici e utili alle cose che allora sembravano poter avere un unico significato doloroso.
Ciascuno di noi può compiere questa operazione di cura della ferita. Ciascuno di noi compie il proprio percorso in modo unico, come unico è stato il nostro itinerario doloroso che ancora oggi continua a rinnovarsi nel nostro calvario quotidiano.
Categoria: metafore
La foresta sterminata dei pensieri ripetitivi e l’azione efficace
Certamente anche a te sarà capitato qualche volta di perderti nella foresta dei tuoi pensieri che si ripetono incessantemente. Una foresta: tanti tipi di alberi e tanto numerosi.
Probabilmente sono pensieri che generano preoccupazioni e che da queste sono alimentati; pensieri che nascono da frustrazioni e che si autoalimentano procurandoti rabbia e sconforto, tristezza e angosce ulteriori; pensieri che sorgono da vicende deludenti per te e che finiscono per sprofondarti in rancore e risentimento, ma anche sensi di colpa e auto-denigrazione. Nient’altro dirai tu?! Chiedo a te se ti sei ritrovato in qualcuna di queste situazioni e in altre simili, in cui il pensiero si ripete e si ripete e si ripete ancora, soffiando sul fuoco di emozioni dolorose anch’esse senza fine.
Questo è l’unico caso in cui può avere senso e valore una deforestazione. Come? Percorrendo due strade.
Prima. Chiediti se e a cosa ti serve quel pensare continuo. Ad esempio, ti aiuta a risolvere qualche problema? Se trovi qualche giovamento, allora continua, ma non all’infinito: solo fino a quando avrai effettivamente risolto il problema in tempi ragionevoli. Altrimenti, probabilmente, non è vero che questo continuo rimuginare e ruminare ti serve a qualcosa e quindi devi interrompere questa ripetizione sterile e dannosa del pensare continuo.
Scegli di interrompere! Non ci riesci? E qui inizia la seconda strada. Credi di non riuscire a interrompere il tuo pensiero ripetitivo disfunzionale? Credi che sia incontrollabile? Questa credenza è semplicemente falsa! Non dico sia facile. Dico che è per te possibile! Che ci sono modi per farlo e che ognuno può farlo coi propri tempi e mezzi. Ci sono vari modi, diversi da situazione a situazione, attraverso cui puoi iniziare a ‘spostare la tua attenzione’: dal pensare sterile ad un pensiero più utile, realistico ed efficace per affrontare i tuoi problemi. Il passaggio fondamentale è quello della tua convinzione che genera la tua azione diversa dal solito: POSSO FARLO E INIZIO A FARLO.
Puoi smettere di rimuginare su problemi futuri e incerti che tanto non puoi controllare totalmente.
Puoi smettere di ruminare su fatti accaduti che tanto ormai sono passati e non puoi cambiare.
Puoi focalizzare la tua attenzione al presente, imparando a governare le tue risorse al meglio per tue azioni concrete che effettivamente attivano cambiamenti, producono effetti, spostano le cose. L’esito delle tue azioni potrà essere immediatamente il risultato desiderato oppure ti aiuterà a capire cosa devi correggere in corsa per avvicinarti al tuo obiettivo. E così via fino a quando sarai soddisfatto dei risultati raggiunti, potrai goderne e anche sarà per te necessario accettare lo scarto rimasto tra ciò che avresti voluto e ciò che effettivamente hai potuto raggiungere.
Porte
Immagina di esserti perso dentro un bosco… Ad un certo punto trovi un varco che si apre dentro un albero… È aperto… Entri… Ti trovi in una grotta… È piena di luce… Tante luci e colori abbaglianti… Tante sfumature, giochi di luci e colori… E tante porte… Sei un po’ eccitato e un po’ spaventato…
Ti avvicini ad una porta… Titubante… Tra desiderio e paura… Prendi coraggio… Fai per aprirla… Non si apre… Ci riprovi… In più di un modo… Non si apre… Vai verso una seconda porta… Stesso pathos… Stesso esito… E così una terza… Una quarta… E ancora altre… Quelle porte sono solo illusioni…
Tra rabbia e sconforto e un bel po’ di paura… Arriva un vecchietto ad indicarti la via… È una porta che non avevi visto… O non avevi considerato, chissà… Ci provi… Ti fidi di quello che sembra un vecchio saggio… Ci provi e ci riesci… Con fatica, apri la porta e…
L’unica porta aperta è quella del tuo impegno alla crescita e alla cura di te. L’albero della vita che hai vissuto, cosa ti è capitato, cosa hai scelto. E la vita che hai davanti con le scelte che puoi fare… La caverna dell’ignoto… E l’unica certezza che se vuoi ottenere risultati devi essere tu a cambiare…
Le altre porte sono le diverse missioni impossibili che solitamente ti poni. Sono le miserie in cui sei incastrato.
Vuoi cambiare gli altri.
Vuoi aspettare che la realtà cambi per farti un piacere.
Vuoi cambiare senza cambiare.
Aspetti e pretendi che gli altri soddisfino ogni tuo desiderio.
Stai fermo a lamentarti.
Vuoi controllare tutto.
Pretendi la perfezione del mondo e delle cose, dagli altri e anche da te stesso.
Vuoi avere senza chiedere.
Vuoi che l’altro non chieda piuttosto che imparare a dire no.
Pretendi che l’altro abbia i tuoi stessi valori e la pensi esattamente come te.
Quante altre porte impossibili cerchi di aprire?
Intanto ti propongo una chiave, utile per tante porte: ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Avrei voluto chiamare questo post Un mondo di juventini e l’importanza di essere romanisti
Purtroppo la società odierna, molto di più rispetto a qualche decennio fa, sembra legittimare solo alcune possibilità dell’umano esistere. Siamo tutti impregnati del DOVER VINCERE, in tutte le sue sfumature emotive e relazionali. Nessuno spazio mentale è concesso alla POSSIBILITÀ DI PERDERE, in tutte le sue accezioni.
Dobbiamo tutti essere iperperformanti in direzione dell’efficacia e dell’efficienza personali in ogni ambito e ruolo di vita. Non possiamo permetterci di non raggiungere obiettivi o soddisfare aspettative. Conseguentemente non possiamo sentire fragilità e dolore, tristezza e paura.
Chi deve assolutamente vincere e chi non può mai perdere diventano entrambi portatori di sofferenza.
Ogni piccolo scarto da aspettative ideali e grandiose diventa fonte di sofferenza. E quando non si adempiono alla perfezione le aspettative su come dover essere non è permessa alcuna espressione del dolore. Anzi nemmeno il suo riconoscimento a volte.
Nota quanto è presente questo funzionamento nella tua vita quotidiana… Al lavoro… Nella coppia… Come genitore… Come figlio… Come amico… In qualsiasi attività tu sia impegnato, magari anche in attività ricreative che vengono comunque invase da aspettative ideali di perfezione e successo e dall’impossibilità di viverle per come si presentano con la necessità di nascondere, a sé e agli altri, ogni segno di frustrazione e delusione, dolore e tristezza, paura e rabbia. Con annessa l’incapacità di assumersi serenamente la responsabilità delle proprie azioni accompagnata dalla tendenza ad incolpare qualcuno o qualcosa del proprio ‘impossibile fallimento’.
Successo e fallimento sono proprio le polarità in cui viene sistematicamente interpretata e vissuta la propria esperienza. Lasciando ben poco altro da valorizzare. O vinci o sei ultimo. O domini o null’altro ha valore.
Ogni nostro comportamento è guidato dalla motivazione competitiva che fino ad un certo punto è funzionale, utile per raggiungere i propri obiettivi, ma che, se portata all’eccesso, diventa disfunzionale: per la necessità assoluta di vincere (pena la perdita di stima e valore personale e la paura di essere meno interessanti per gli altri) e l’impossibilità di perdere (pena il rischio del rifiuto sociale, della vergogna e del disprezzo, anche auto-inflitto).
Siamo diventati maestri nel negare o nascondere le emozioni dolorose (tristezza, paura, vergogna e anche rabbia). Abbiamo imparato a non riconoscerle o non legittimarle, quasi fossero malattie o peccati o pecche da eliminare rispetto alla necessità di raggiungere il proprio ideale perfezionista. Le abbiamo associate a debolezza e vulnerabilità, quindi qualcosa da allontanare dalla mente, in una società inflazionata dai miti della felicità perfetta e del successo a tutti i costi. Un falso sé grandioso sgomita e non lascia spazio a un sé autentico, reale, umano, completo, integrato, fallibile, imperfetto. Non c’è spazio mentale per la mancanza, l’ambivalenza, la non perfezione.
In questo modo, cacciata dalla finestra, quella sofferenza, reale e autentica, butterà prima o poi giù la porta e si ripresenterà attraverso sintomi e malesseri più o meno gravi e dolorosi.
Molte persone che chiedono il mio aiuto professionale portano una sofferenza che nasce dall’impossibilità di perdere (o semplicemente arrivare secondi a volte) o dall’impossibilità di manifestare il proprio dolore da sconfitta e perdita.
La cura comincia dal riconoscimento, dall’accoglienza e dalla legittimazione di quel dolore. Quindi prosegue col riconoscimento dell’aspetto persecutorio delle aspettative ideali grandiose, figlie di questa società narcisistica, malata di apparenza che copre il vuoto di sostanza. Aspettative interiorizzate, fatte proprie, più o meno consapevolmente, attraverso cui diventiamo i peggiori nemici di noi stessi, alla ricerca del dover essere all’altezza senza mai riuscirci, sentendoci sempre “non abbastanza”.
Riconosciuto l’aspetto patologico di aspettative esterne ed interne, è importante comprendere a cosa serve funzionare in questo modo. È l’unico modo per sentirsi persone amabili e di valore? E l’unico modo per sentirsi parte di legami e di gruppi? È l’unico modo per avere accesso a risorse limitate (ricchezza materiale e affettiva)? È l’unico modo per essere appagati, sereni e felici?
Questa investigazione porta quindi a cercare e inventare un modo più adatto a sé per stare al mondo, con sé e con gli altri, per sentire autenticamente che si sta procedendo sulla strada di obiettivi e valori veramente importanti per sé. Imparando a godere della vittoria e concedendosi anche di vivere la sconfitta. Continuando a perseguire i propri obiettivi, anche ambiziosi, senza negare i sentimenti dolorosi della sconfitta. Imparando quindi a considerare diversi modi e forme della vittoria e dell’esperienza appagante…
Sotto pressione e ancora di più
Quando hai bisogno di sentirti amato e considerato come una persona valida, cerchi di impegnarti al meglio delle tue risorse e possibilità per ottenere la gratificazione di questi bisogni basilari. E a volte ci riesci e sei appagato. Altre volte, spesso o raramente, succede, invece, che non riesci ad ottenere l’amore e la stima che desideri. Temi allora di essere giudicato e di deludere. Temi così di perdere l’amore e la stima degli altri. Temi proprio di rovinare le tue relazioni e di perdere persone per te importanti. Temi di essere rifiutato e abbandonato. Lasciato solo. Troppo inconcepibile. Troppo intollerabile.
E che fai allora? Ti impegni di più. Più compiacente. Più perfezionista. Più tenace. Cerchi di essere più forte. Ti sforzi di più. Ti sbrighi di più. Vai ancora più di corsa. Sempre di più. Sempre sotto pressione. Lavori ancora più sodo. Alzi il livello degli standard a cui devi essere all’altezza per stare dentro le aspettative che gli altri hanno su di te. E anche per realizzare appieno le tue aspettative verso te stesso. ‘Sotto la pressione’ di quelle che senti pretese degli altri e pretese tue verso te stesso. Ti sforzi di più ma senti che non è mai abbastanza. Il giudice interiore ti ha invaso.
Figlio della tua educazione, di mamma e papà e di ogni altra forma di autorità che hai incontrato sul tuo cammino di crescita, ora questo giudice è diventato grande insieme a te. Grande. Potente. Tiranno. Spietato. È nato con te, è cresciuto con te. Ci fai i conti da una vita.
Fino ad un certo punto lo devi anche ringraziare per le regole che ti ha dato, per ciò che ti ha insegnato, per come ti ha permesso di destreggiarti tra i pericoli della vita e per quanta disciplina ti ha dato, utile a raggiungere ciò che hai realizzato. Ma dopo quel punto sano, ti ha spinto ancora oltre, diventando un tuo persecutore interiore sempre in agguato a pretendere l’impossibile e a non essere mai soddisfatto delle tue prestazioni, dei tuoi comportamenti, del tuo modo di pensare e di essere.
Ecco ci fai i conti da una vita. Guardalo in azione nei diversi ambiti della tua vita. Quando al lavoro devi dare di più, oltre ogni ragionevole esigenza. Quando come genitore non ti senti mai sicuro. O ti senti in colpa. Quando come figlio non ti senti mai abbastanza. O ti senti in colpa. Quando nella coppia a volte ti rilassi, ma spesso no, per essere all’altezza. E ti senti in colpa. Quando in ogni altro ambito ci manca sempre qualcosa per sentirti ok! Altri esempi?
Ora che lo hai visto in azione. Prova a girare un’altra scena. Ciak. Azione! Prova a cambiare qualcosa, non tanto della tirannia del giudice interiore, ormai è come una persona esterna a te che ti ha invaso: non lo puoi cambiare! Ma hai un altro potere: lo puoi ignorare.
Lascialo parlare, ma non lo ascoltare.
Continua a pretendere e tu non lo assecondare.
Continua ad urlare, lascialo sfogare.
Prendi distanza…
Fai un passo indietro e guardalo da fuori…
Fai un passo di lato per non essere annientato…
Prendi le regole e gli insegnamenti che ancora sono buoni per te e abbandona ciò che è lontano dal tuo sentire autentico…
Magari inizia a frequentare ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line, per trasformare la miseria del giudice nella meraviglia del tuo potere di liberartene…
Ostaggio
Di solito sei ostaggio di alcuni meccanismi che ti fanno soffrire.
Ostaggio di automatismi dell’azione: abitudini radicate, dipendenze comportamentali.
Ostaggio di automatismi del pensiero: nei contenuti (catastrofizzare eventi solo spiacevoli, terribilizzare qualcosa che è doloroso ma non ti distrugge, considerare insopportabile qualcosa di stressante ma che puoi imparare a sostenere e magari a superare, essere schiavo di ciò che senti che devi assolutamente fare) e nei processi di pensiero: rimuginare su un futuro incerto che tenti in modo illusorio di prevedere e controllare totalmente, ruminare su un passato su cui oramai non puoi intervenire, se non nel modo in cui ora lo elabori per renderlo digeribile.
Ostaggio di automatismi delle emozioni: reazioni disregolate, impulsività, trattenere le emozioni, reprimere ciò che senti.
Ostaggio di automatismi relazionali: tendenza a vivere certe relazioni sempre allo stesso modo, tutte le relazioni sempre con un esito insoddisfacente.
Hai esempi di questi ostaggi nella tua vita?
Come te li spieghi?
Quali bisogni cerchi di soddisfare attraverso quegli automatismi che pure ti fanno soffrire?
Potresti trovare altri modi più sani per soddisfare quei tuoi bisogni? O forse devi rivisitare alcuni dei tuoi bisogni, dei tuoi scopi e delle tue aspettative verso gli altri e verso te stesso?
Direi basta con le mie domande. E ora che inizi a trovare le tue risposte. Potresti aver bisogno di un percorso terapeutico o magari iniziare a farti aiutare dalla lettura di ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
L’eroe ha compreso
Il viaggio dell’eroe è una metafora di tanti viaggi della vita. L’eroe è ciascuno di noi che compie il suo viaggio della vita.
L’eroe ha compreso che se vuoi cambiare la tua vita devi cambiare te stesso.
L’eroe ha compreso che devi impegnarti a cambiare ciò che puoi e ad accettare ciò che non puoi cambiare.
L’eroe ha compreso che è importante seguire il proprio cuore (emozioni, desideri, bisogni, valori) e che comunque lungo il viaggio ci sarà sempre qualcuno a cui non andrà bene ciò che stai facendo.
L’eroe ha compreso che è dannoso aspettare che gli altri facciano il viaggio che devi fare tu.
L’eroe ha compreso che il viaggio sarà pieno di miserie e meraviglie anche se quasi mai sarà proprio come ti aspettavi che fosse o avrebbe dovuto essere.
L’eroe ha compreso che il viaggio è il proprio viaggio, ma si può sempre chiedere di farlo in compagnia.
L’eroe ha compreso che buoni compagni di viaggio sono quelli che ci rispettano per quello che siamo.
L’eroe ha compreso che per essere un buon compagno di viaggio non devi pretendere che l’altro sia come vuoi tu.
L’eroe ha compreso che va bene essere disponibile, ma non va bene sottomettersi ad ogni richiesta altrui.
L’eroe ha compreso che c’è un tempo per essere eroi e un tempo per essere altro.
L’eroe ha compreso che se vuoi raggiungere il tesoro devi impegnarti in prima persona.
L’eroe ha compreso che se vuoi liberare la principessa devi incontrare draghi pronti ad ucciderti.
L’eroe ha compreso che per vivere veramente devi rischiare proprio di morire, qualunque cosa voglia dire per te.
L’eroe ha compreso che il viaggio migliore è quello che devi ancora fare.
L’eroe ha compreso che per quanto tu abbia viaggiato c’è sempre ancora tanto che tu possa scoprire e comprendere…
L’eroe ha compreso anche che forse non c’è niente da comprendere…
In ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line, la protagonista compie il suo viaggio e aiuta il lettore ad essere protagonista del proprio…
Bombardamento … … … … … … Stress e cura di sé.
Quando è stata l’ultima volta che hai riso di gusto? Quante volte al giorno ridi di pancia? Quanto tempo impieghi al giorno per il tuo rilassamento? E per il tuo benessere fisico, emotivo e spirituale? Quanto sono nutrienti le tue relazioni quotidiane? Ti concedi tempo per perdere tempo?
La quotidianità, più o meno per tutti, è un bombardamento di stimoli, informazioni, richieste, pressioni, aspettative, pretese, esigenze degli altri, obblighi, doveri … … … … … …
Se ti avanzano tempo ed energia, la tua mente è occupata anche da qualche tuo bisogno o desiderio.
Sì, proprio un bombardamento … … … … … …
Spero tu lo possa solo immaginare un bombardamento, magari te lo hanno raccontato o lo hai visto in un video … … … … … …
E ti devi salvare … … … … … …
Sei in uno stato di allerta, di allarme continuo, ti attivi, cerchi di rispondere al meglio … … … … … …
Alcune richieste le schivi, ad altre rispondi in maniera adeguata, altre le ignori, quando ci riesci, impari a dire qualche no, qualcosa la deleghi, ad altre ti accontenti di rispondere in maniera tranquilla, senza dover essere necessariamente iperperformante. Qualcosa riesci a rimandarla senza troppi problemi. Ma il bombardamento è incessante… … … … … …
Continui a reagire … … … … … …
Cerchi di farcela al meglio … … … … … …
Continui a resistere … … … … … …
Almeno ci provi … … … … … …
Ma le bombe continuano … … … … … …
E gradualmente ti incammini sulla strada dell’esaurimento psicofisico … … … … … …
Il tuo corpo e la tua mente si sono organizzati per far fronte alla minaccia, al pericolo … … … … … …
Ma il tuo sistema di difesa sta cedendo … … … … … …
Arriva il collasso … … … … … …
Questo è lo stress … … … … … …
Lo stress è una reazione iniziale di adattamento sano, in cui cerchi di rispondere al meglio delle tue risorse e possibilità. Adattamento che gradualmente esita in un disadattamento carico di conseguenze a livello di sintomi fisici, psicologici e interpersonali … … … … … …
Prima ti attivi, TI MOBILITI SOTTO I COLPI DELLA PAURA, dell’ansia, del dover rispondere in maniera efficace ed efficiente, sei in allarme costantemente … … … … … …
Poi TI BLOCCHI, LA PAURA TI IMMOBILIZZA, fino a congelarti, collassi, cadi in una specie di morte e spegnimento vitale, cedi ad una finta morte per non morire davvero … … … … … …
E i tuoi bisogni? Li avevamo appena accennati sotto il bombardamento … … … … … …
Di cosa hai bisogno quando sei sotto le bombe? … … … … … …
Hai bisogno, prima di ogni altra cosa, di tornare a sentirti in sicurezza. Niente più bombe. Oltre le bombe.
La cura dello stress quotidiano passa da qui: MOBILITARSI NELLA SICUREZZA E NELLA GIOIA. Recuperare sensazioni di sicurezza, stati corporei e mentali di sicurezza, condizioni personali e interpersonali di sicurezza.
Recuperare un ascolto attento del nostro corpo, delle nostre sensazioni ed emozioni, dei nostri bisogni e desideri più autentici e vitali. Non quelli legati a cercare l’approvazione degli altri e il loro ‘benvolere condizionato’. Non quelli legati a primeggiare in modo spietato e malato.
Recuperare, quindi, vicinanza, calore e conforto.
Agire guidati dall’amore per sé e per gli altri. Dalla compassione per la sofferenza, propria e degli altri.
Attivare condivisione, ascolto reciproco ed empatia non giudicante.
Riattivare curiosità, esplorazione e gioco.
Ecco la cura dello stress!
Come?
Creativamente. CreAttivamente. In infiniti modi. Tutti quelli che riesci a trovare e che vanno bene per te e per le tue relazioni, nel contesto della vita che vivi, della persona che sei, delle risorse che puoi attivare in direzione della vita che vuoi.
Questa l’ispirazione. A noi tutti l’azione concreta!
Tre suggerimenti pratici (o quasi):
1. Inizia a fare ciò che ti dà gioia, vitalità, entusiasmo (potrebbe aiutarti rileggere le domande iniziali di questo post).
2. Ignora la voce interna che ti dice che non hai tempo e quella che ti accusa di colpevolezza.
3. Agisci con coraggio cioè sfidando la paura, parti dalla paura più piccola e procedi in avanti. Verifica ciò che succede, correggi il tiro e vai avanti.
O preferisci le bombe?
Viaggi
Il viaggio dell’eroe è una metafora di tanti viaggi della vita. L’eroe è ciascuno di noi che cerca di trovare un senso e una direzione alla propria vita, un significato e un valore.
Alcuni viaggi sono fondamentali per ciascuno di noi. Prima o poi dobbiamo intraprendere ognuno di questi viaggi. Ciascuno di noi ne compirà prima uno poi un altro, ognuno a suo modo. Tutti intrecciati tra loro.
Il viaggio verso la paura. È il viaggio attraverso il coraggio e verso il cambiamento.
Il viaggio dell’azione. Creare la propria vita avviene attraverso azioni concrete.
Il viaggio di cura della ferita. Prima o poi un viaggio all’indietro nel nostro passato così come ce lo portiamo dentro col suo dolore.
Il viaggio nel buio dentro di sé, nell’Ombra. Oltre le maschere che indossiamo solitamente nella vita quotidiana. È il contatto con le parti più autentiche di noi, quelle sconvenienti, quelle che non ci permettiamo solitamente di esprimere.
Il viaggio della consapevolezza. Conoscenza di sé: sensazioni, emozioni, pensieri, credenze, convinzioni, valori, storia di vita, progetti, spiritualità e tutto ciò che si può conoscere esplorando il proprio interno e il modo in cui interagiamo con gli altri e compiamo scelte.
Il viaggio della responsabilità. Diventare adulti capaci di fare scelte di cui assumersi il carico delle conseguenze.
Il viaggio dell’accettazione (della morte). L’accettazione è il potere fondamentale di non farsi annientare dalla propria impotenza. È la capacità di trovare nuova linfa vitale quando molte cose sono spente, finite, perdute.
Il viaggio dell’amore. Della felicità. Della fiducia e dell’accettazione incondizionata. Per sentirsi amati, amabili e di valore semplicemente in quanto esseri umani, esistenti.
Probabilmente sono anche altri i viaggi che possiamo e dobbiamo compiere. Ti viene in mente qualcos’altro? Per ora non mi resta che ricordarti il viaggio di ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Titolare e panchinaro
Chiunque ami lo sport, di squadra in particolare, chiunque lo abbia praticato, almeno un po’, conosce la differenza tra stare dentro e stare in panchina, ovunque essa sia, su un campo verde o a bordo piscina, su un parquet o chissà in quale altro posto.
Quando sei dentro… Capisci profondamente l’unità mentecorpo che ci caratterizza in quanto esseri umani. Sei acqua dentro ad un bollitore acceso. Sei patata immersa nell’olio che frigge. Sei foglia al vento e roccia inespugnabile. Sei metronomo che detta il tempo del mondo e filtro che mette ordine al senso della vita.
Dalla panchina invece… La devi sentire attraverso gli altri. E te la devi immaginare fino a quando l’altro che entra sei tu e toccherà anche a te vibrare come un violino in un’orchestra. O chissà aspettare una prossima occasione: questa è mancata, tra frustrazione e delusione e anche incitamento ai compagni come il boss della curva.
Probabilmente un po’ tutti siamo stati titolari, pedine importanti per il gioco di squadra e per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Mi ricordo una volta il mister, giocavamo coi più forti del campionato, ci indicò diversi obiettivi sequenziali; primo obiettivo: non prendere gol per i primi dodici minuti. Raggiunto. Secondo obiettivo: arrivare indenni al riposo. Raggiunto. E poi così fino alla partita. Una delle più memorabili mai giocate.
E molto probabilmente ci è anche capitato che qualcuno abbia scelto di lasciarci in panchina. Fuori forma. Pochi allenamenti. Gli altri più pronti. O semplicemente e sostanzialmente più capaci. Anche questo esiste nella vita. Nella vita dello sport. E nello sport della vita. Magari in attesa di dare il nostro contributo alla causa collettiva e vivere anche il nostro sogno individuale, personale, profondamente intimo e anche condiviso con entusiasmo.
Ma soprattutto, fuor di metafora, noi siamo, nella nostra vita, il coach e il giocatore, il maestro e l’allievo, chi dirige e chi esegue. Scegliamo comunque. Scegliamo. Scegliamo. Scegliamo. Comunque.
Pensa ad uno o più ambiti della tua vita. Famiglia. Amici. Scuola. Lavoro. Relazioni. Tempo libero. Oggi. O nella tua storia di vita.
Titolare? Quando. Dove. Come e perché. Panchinaro? Quando. Dove. Come. Perché.
Quale consapevolezza?
Quale insegnamento?
Quali scelte da ora in avanti?
È il tuo lavoro di crescita personale, trasformazione e cura di te. È il tuo lavoro. La tua consapevolezza. La tua responsabilità. Le tue scelte. Al limite, giunti a questo punto, io ti posso solo suggerire una scelta: leggere ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line. Il resto spetta a te…