Pensa “che fico se a una certa” lasci entrare il fumettista che è in te. Non devi saper disegnare né avere doti di scrittura. Lo lasci entrare a casa tua. E gli dici: “prego… a te la matita, la penna, i colori. Puoi disegnare la mia vita…” Perché tu ormai sei diventato una fotocopiatrice.
Prendi un tuo automatismo, una tua abitudine nociva, un tuo comportamento dannoso, una tua dipendenza. … Trovati? Non tutti quelli che hai… Uno… Uno alla volta. Esempi. Fumare, bere e mangiare in eccesso. Usare sostanze. Eccedere nei videogiochi, nel gioco d’azzardo e nell’uso dei social. E anche nell’attività fisica come nel lavorare troppo o nello shopping compulsivo. Attaccare: reagire con impulsività, rabbia aggressiva e violenza. Giudicare giudicare giudicare, gli altri e te stesso, nelle svariate tinte del giudizio, feroce, spietato: svalutazione, colpevolizzazione, rimprovero, ipercritica. Fuggire: evitare, chiuderti in te stesso, ritirarti dagli altri, fare sempre e solo da solo, spegnerti, afflosciarti, smettere di cercare la vitalità.
Tu non sempre lo sai e forse non sempre è così, ma molto spesso sì, questi automatismi sono meccanismi con cui, ormai quasi solo inconsapevolmente, cerchi di regolare il tuo umore, lenire il tuo dolore, quello che provi quando frustrazioni e delusioni sono veramente troppe e troppo intense. Quando ti senti solo, incompreso, non riconosciuto, non considerato, non rispettato, non apprezzato, escluso. Dolore da rabbia, tristezza, colpa, vergogna, solitudine, spegnimento.
Insomma, immaginati sul cammin della tua solita vita … Immaginati chiamare il tuo fumettista… Ce l’hai anche tu dentro… Dagli potere… Matite e colori… Per disegnare un bivio, almeno… O un trivio… Tre, quattro, cinque e anche più alternative a quella che un attimo prima ti sembrava l’unica strada, semplicemente perché la percorri da troppo tempo e ti sembra l’unica… Scatta senza il controllo della tua volontà… O quasi… Hai dimenticato altre possibilità… Te la sei fatta amica… Ci credo, ti aiuta a confortare il dolore… Ma nel tempo … Sono più i problemi che ti procura che quelli che ti risolve…
Allora…
Fermati… Traccia queste strade alternative… Possibilmente più sane delle attuali… Le puoi disegnare… Stanno dentro di te… Mettile a tua disposizione… Provaci e vedi com’è… L’effetto che fa… Nota cosa succede se provi a reggere alla tentazione del solito treno, della solita destinazione… Quali emozioni, sensazioni e pensieri ti vengono a trovare… Cosa puoi imparare per aiutarti a governare il tuo dolore…
Quanto materiale per scrivere una nuova storia!!!
Lo so che non è facile… Ci vogliono coraggio e curiosità, un bel po’ di volontà, la vera voglia di mettersi in discussione, quindi tanta disciplina… Per provare … E provare… E provare… E raccogliere informazioni utili che ti permetteranno di comprendere un po’ meglio te stesso e trovare modi alternativi per fronteggiare lo stress quotidiano, la frustrazione inevitabile e il dolore, attuale e antico quando compare all’orizzonte…
Un aiuto puoi trovarlo anche in ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line e dove puoi trovare numerosi esempi ed esercizi in questa direzione di liberazione dagli automatismi disfunzionali.
Categoria: dipendenze
Prendi una tua dipendenza
Prendi una tua dipendenza. Ad esempio: sostanze, alcol, gioco d’azzardo, cibo, masturbazione compulsiva, shopping compulsivo, compulsione da social media. Considerale come varie modalità ‘disfunzionali’, abitudini, strategie mentali comportamentali con cui cerchi di fronteggiare il tuo dolore e la tua frustrazione.
E prova a smettere… Ovviamente se vuoi smettere! Perché dovresti smettere? Beh, questo lo sai tu… Magari perché continuare in quel comportamento ti crea problemi individuali e nelle relazioni.
Allora prova a smettere e vedi che succede… Ci riesci? Non ci riesci? Cosa provi quando ‘stai provando a smettere’? E cosa pensi? Cosa provi quando non riesci a smettere e ci ricadi? E cosa pensi?
Probabilmente ti rendi conto di quanto è potente l’automatismo che ti guida, che si è ‘impossessato di te’ e che non riesci ad interrompere, ad abbandonare e nemmeno a ridurre. Ti rendi conto forse che non riesci perché non vuoi veramente. Forse quella abitudine dannosa, quell’automatismo negativo, quella dipendenza vera e propria in realtà svolge una funzione, forse ti serve a qualcosa; ci sarà un perché se la mantieni, nonostante i problemi che ti crea. Insomma, alla fine della fiera della consapevolezza, ti rendi conto che credevi di agire liberamente, volontariamente, facendo scelte consapevoli. E invece no. Invece probabilmente agisci guidato da spinte interne, non sempre chiare e consapevoli, che ti muovono come un burattino. Fili invisibili che sono più forti di te.
Ma allora la questione cambia. Cosa ti serve per cambiare qualcosa che forse vorresti cambiare e che probabilmente non vorresti o non riesci a cambiare? Almeno la questione è cambiata.
Hai provato e riprovato, provato in tutti i modi, ma… Niente… Quella brutta abitudine è ancora tua compagna di viaggio…
Immagina allora che arrivasse qualcuno, qualcuno con falce e mantello nero, a dirti: “guarda che se non smetti, una persona importante per te morirà…”. Potrebbe essere tuo figlio, il tuo partner, un genitore, un amico o te stesso… Immagina… Entra dentro questo scenario… Immagina che questa minaccia, sentila e riconoscila come fondata… Che fai? E chi lo sa! Immagina che se non smetti muore tuo figlio… … … Stai dentro questo scenario e vedi l’effetto che ha su di te…
Insomma, cosa ti serve per abbandonare un comportamento che ti crea problemi?!
Probabilmente devi andare a cercare dentro di te il senso, la storia del tuo comportamento dentro la storia della tua vita e della persona che sei diventata… Un lavoro impegnativo per prenderti cura di te come non hai mai fatto… E chissà se ora vuoi fare…
DIPENDENTE, RIFUGIO DELLA MENTE
Io sono dipendente. Non posso farne a meno. Ho quote di dolore a cui devo porre un freno.
Io faccio un po’ di tutto, purché ciò mi stordisca. Io vuoto sono, un pesce, morto, senza la lisca.
L’amore mi è mancato. Chissà perché e per come. Sono così bruciato che non ricordo il nome. Il nome di mia madre e anche di mio padre. Figli si nasce, ma genitori accade. Anche se non sei pronto, non sei affatto capace. E per tuo figlio diventi il suo peggior rapace.
L’angoscia ha certo inizio, ma non si sa la fine. Intanto la tua vita è un tiro alla fune. Chi tira da una parte, chi da quell’altra ancora, ogni tuo sogno aspetta e incontra la malora.
Ti riempi e poi ti svuoti, e ti riempi ancora, di pessime illusioni è pieno il tuo cammino, vorresti tornar piccolo, riscrivere il destino.
La mente si rifugia, hai bisogno di scappare, da un mostro dentro te a cui non sai parlare.
È profonda la ferita, un buco senza fondo, il tuo dolore grida, la vita non fa sconto.
La cura è dura e dura il tempo del perdono. Perdoni gli altri e un po’ anche te stesso per l’unica strada a cui hai avuto accesso. Curi la tua ferita, oltre la paura antica e l’angoscia d’abbandono.
Smetto quando voglio
Pensa che quello che pensi hai imparato a pensarlo. Ed è stato proprio un apprendimento intelligente e creativo. E quando lo hai imparato, il tuo modo di pensare e di agire di conseguenza aveva un senso, un valore, uno scopo. Insomma ti è stato utile.
Se oggi alcuni tuoi modi di pensare e comportarti ti creano problemi invece che aiutarti a risolverli, allora è importante che impari a pensare diversamente. Per agire in modo realmente efficace e costruttivo per te e per la vita che vorresti realizzare.
Le tue convinzioni e credenze non sono verità assoluta. Esse si sono formate in momenti specifici della tua vita in cui ti serviva pensare ed agire in quel modo. Ti serviva per salvarti la pelle, per sentirti amato, per sentirti apprezzato, per sentirti incoraggiato e sostenuto, per sentirti parte di gruppi e legami importanti. Ma oggi quel valore potrebbe non esserci più.
Quindi? Penserai…
Quindi, laddove oggi incontri problemi che non riesci a risolvere, sei preda di stati ansiosi che non riesci a comprendere, il tuo umore tende spesso al ribasso, sei assalito da irascibilità e confusione, allora è il caso di andare a conoscere meglio perché pensi quello che pensi, perché fai quello che fai, perché non riesci a superare la tua sofferenza emotiva e interpersonale.
Come? Esistono tanti modi, strade, strumenti, possibilità…
Te ne suggerisco uno molto pratico: sfida i tuoi comportamenti! Mettili alla prova! Mettiti alla prova! Gioca con te stesso. Gioca seriamente e con impegno, come richiede ogni gioco. Prova a smettere di fare alcune cose che fai spesso, da tempo immemore. Può essere un’intrigante sfida a te stesso che per il solo fatto di intraprenderla ti premierà con ricche informazioni su te stesso, su cosa pensi e provi quando sei nei tuoi problemi, su cosa succede se provi a non adottare certe solite strategie disfunzionali. Esempi?
Pensa a situazioni difficili e problemi che attualmente ti sembrano insuperabili… Immagina prima… E metti in pratica poi… L’astinenza!!! Astieniti dal re-agire al solito modo in quelle situazioni, uno o più di uno di alcuni modi tipici di tentare invano di risolvere i problemi:
– smetti di evitare,
– smetti di aggredire,
– smetti di compiacere,
– smetti di sacrificarti in modo estremo,
– smetti di tentare di controllare l’incontrollabile,
– smetti di cercare la perfezione,
– smetti di sottometterti,
– smetti di sedurre compulsivamente,
– smetti di dipendere da sostanze, attività, oggetti, persone,
– smetti di fare tutto da solo,
– smetti di abbuffarti,
– smetti di cercare continue rassicurazioni,
– smetti di rimuginare sul futuro incerto,
– smetti di ruminare sul passato doloroso e frustrante,
– smetti di prenderti carichi indebiti,
– smetti di manipolare gli altri,
– smetti di mentire a te stesso,
– smetti di curare tutti,
– smetti di lavorare 48 ore al giorno,
– smetti di darti addosso come fossi il peggiore dei tuoi nemici,
– smetti di razionalizzare tutto,
– smetti di indossare maschere,
– smetti di farti del male,
– smetti di rimandare.
Cos’altro credi che sarebbe buono per te smettere di fare?
Inizia a smettere e vedi cosa succede.
Ci riesci? Se sì, cosa provi, cosa pensi, cosa impari? Se no, cosa te lo impedisce? Quali paure?
Smetti quando vuoi e soprattutto quando ci provi…
Quanta informazione utile alla tua consapevolezza e alla tua crescita può venir fuori se smetti di leggere e inizi a praticare questi suggerimenti!!!
La competizione ci ha preso la mano
La motivazione agonistica è parte fondamentale dei rapporti umani e della sopravvivenza della specie. Stabilire la gerarchia di rango è utile per accedere a risorse limitate. Ce lo abbiamo scritto dentro, è nella nostra natura: dobbiamo competere per cavarcela… Conosci qualcosa che fai e che non misuri col più e col meno? Quello è più… quello è meno… superiore… inferiore… migliore… peggiore…
Ma… Ci siamo fatti prendere la mano dalla competizione… Forse è una generalizzazione eccessiva, forse no: siamo tutti, chi più chi meno, appunto, iperattivati per raggiungere ciò che dobbiamo raggiungere. Tu hai la tua, io la mia, noi tutti ne abbiamo una, almeno una. Chissà cosa poi, chi lo sa veramente COSA DOBBIAMO RAGGIUNGERE.
Fatto sta che questo stato di attivazione, dopo un po’, non lo reggiamo. È semplicemente troppo. Richiede di essere regolato. Dovremmo darci una regolata. Cosa abbiamo trovato (certo non da ieri)? Le dipendenze!!!
Quante forme di dipendenza conosci? E quante ne pratichi? Tabacco, alcol, sostanze varie, cibo compreso. Gioco d’azzardo, shopping compulsivo, sesso compulsivo, spesso coadiuvato da pornografia. Dipendenze affettive (da persone, dai soldi, dal potere), dipendenza da lavoro, iperattivismo, perfino dipendenza dall’attività fisica e sportiva. Dipendenza da internet e da tutto il mondo dei social media. Hai visto ‘the social dilemma’? Insomma, un po’ tutto, fatto troppo, fino a farci male…
Allora…
Prova a non fare quello da cui sei dipendente… Ti accorgerai di quanto è difficile, magari ci riesci per un po’, ma ti costa fatica e una serie di sensazioni connesse alla ‘mancanza’. Sensazioni disagevoli, fastidiose, irritazione, malessere, nervoso, senso di esaurimento. Uso volutamente espressioni generiche di sofferenza perché effettivamente a questo livello c’è uno stato generalizzato di malessere che riguarda in modo diffuso tutto il corpo. Uno stato di ‘strana’ percezione dell’organismo che può oscillare dal sentirti teso e attivato al sentirti intorpidito e confuso.
Ti stai privando di un abituale regolatore dell’umore e non è un bel regalo quello che ti stai facendo.
Cosa c’è? C’è da andare a scoprire…
Fermarsi e ascoltarsi come non siamo abituati a fare.
Può ‘bastare’ (già ti immagino dire quanto non è per niente facile)? Può bastare prendersi del tempo per sé (in modo sistematico e non occasionale) e dedicarsi con attenzione a restare consapevoli del respiro (non ti dico cosa immagino tu stia pensando…). Basta davvero. Serve qualcosa di diverso per esplorare e capire cosa ci gira dentro per cui siamo diventati tutti dipendenti da qualcosa, che prima o poi, tanto o poco, ci porterà problemi.
Essere presenti al proprio respiro è la forma più basilare di ancoraggio a se stessi. Di consapevolezza di sé. Di attenzione a sé. Diventiamo allora dipendenti dal ‘tempo di cura per noi stessi’. E se lo facciamo tutti impariamo anche a stare meglio con gli altri.
Regaliamoci ‘tempo per stare’ senza dover fare, produrre, arrivare prima, arrivare primi…
Non occasionali consumatori, ma costantemente impegnati a prenderci cura di noi stessi, in modo sano, come solitamente non facciamo. Stare col proprio respiro in modo consapevole è solo uno strumento, può essere il tuo inizio, una possibilità da integrare con ogni altra strategia tu possa trovare per ‘essere’ più che ‘dover essere’…
Astinenza
L’astinenza è la via regia della comprensione.
Astenersi, provarci almeno per un po’, ad astenersi dai modi che siamo soliti usare è utile per governare le nostre emozioni difficili.
Tutti noi funzioniamo in questo modo. Per una serie di fattori e di motivi, lungo l’arco della nostra storia di crescita, adattamento e sviluppo della personalità, abbiamo imparato, abbiamo dovuto imparare a fronteggiare ciò che ci inquieta, ci addolora, ci angoscia, ci fa sentire vulnerabili e insicuri.
Per anestetizzarci dal dolore psicologico e relazionale, abbiamo imparato ad evitare e controllare, ad aggredire e compiacere, ad essere servizievoli o molto egoisti, a cercare la perfezione, a sentirci in colpa, a sacrificarci per gli altri o pretendere sottomissione. Ovviamente a bere e drogarci, abbuffarci di cibo, sesso, social e shopping, fino ad auto-infliggerci dolore fisico per non sentire quello emotivo.
Per certi versi, all’inizio, anche le modalità palesemente disfunzionali hanno funzionato da risorse di gestione emotiva; progressivamente sono diventati ostacoli ad una nostra vita autentica, piena, di reale incontro con gli altri e soprattutto con noi stessi.
Se faccio quello che faccio non sento, non contatto il mio dolore, non mi conosco, non conosco veramente le fonti dell’angoscia e non posso quindi affrontare in modo veramente utile i problemi.
Quando inizio ad astenermi, almeno inizio a provarci, posso imparare ad essere attento a ‘cogliere’ cosa succede dentro di me: cosa provo, cosa sento nel corpo, cosa penso. È l’apertura della consapevolezza profonda, nel senso di conoscere ciò che effettivamente mi procura dolore e cosa posso fare di diverso per risolvere questo dolore…
Sei pronto a provare?
Perché lo fai e perché vuoi continuare a farlo
I nostri comportamenti possono avere alcune direzioni specifiche, solo in parte per noi consapevoli. I comportamenti mirano:
• a soddisfare bisogni
• a realizzare desideri
• a raggiungere obiettivi
• a vivere in base a certi valori
• a creare e mantenere relazioni soddisfacenti
• a regolare le nostre emozioni, a fornirci sollievo da dolori emotivi
• ad esprimere pensieri ed emozioni
• a sostenere l’autostima.
Ogni comportamento a qualcosa servirà!
Esistono comportamenti utili a tali scopi e comportamenti non utili, disfunzionali, addirittura dannosi a noi stessi e alle nostre relazioni, nocivi per la nostra salute fisica e psichica, ad esempio tutte le abitudini negative, le condotte eccessive, fino alle vere e proprie dipendenze. Eppure, anche questi comportamenti problematici a qualcosa serviranno! Ad esempio, a cosa ti serve evitare certe situazioni? A cosa ti serve controllare certe persone? A cosa ti serve urlare? A cosa ti serve tacere? A cosa ti serve rinchiuderti nel silenzio? A cosa ti serve dormire ogni giorno fino a tardi? A cosa ti serve stare sveglio fino a tardi? A cosa ti serve digiunare? A cosa ti serve abbuffarti?
Come sappiamo tutti, per esperienza diretta e di persone a noi vicine, molte volte vorremmo abbandonare certe nostre azioni scomposte e distruttive, ma non ci riusciamo. Pur riconoscendo che “fanno male” non riusciamo a smettere. Cosa mantiene queste condotte disfunzionali? Certamente la risposta va cercata nella situazione specifica, caso per caso; al tempo stesso, alcune idee su cui riflettere possono essere valide per tutti. Ricordando prima di tutto che quello che facciamo ha un senso e un valore per noi, quindi esprime un qualche tipo di intelligente capacità di adattamento. Al tempo stesso, pur riconoscendo il valore complessivo per la persona, il singolo comportamento può e deve essere “criticato” per gli effetti negativi che procura alla persona stessa, ai suoi obiettivi, alle sue relazioni.
Partiamo, quindi, dal presupposto che: quello che facciamo è quello che scegliamo e quello che scegliamo è quello che vogliamo. Quello che facciamo è una nostra scelta, più o meno consapevole, comunque è frutto di “parti di noi, più o meno grandi”, che hanno l’intenzione di adottare quel comportamento. A qualcosa servirà!
L’idea guida per comprendere perché lo facciamo, perché vorremmo smettere e perché continuiamo a farlo è quella di interrogarci sulla funzione e sull’intenzione di quel comportamento. A qualcosa servirà!
Non sempre è facile. Spesso è difficilissimo. Parliamo, in molti casi, di comportamenti così radicati che ci sembra impossibile cercarne il senso e il valore. Ma impossibile non è.
Comprendere quindi per cambiare. Come?
In maniera solo apparentemente paradossale, tentare di cambiare per comprendere ed imparare a cambiare in modo efficace e duraturo.
L’idea “in pratica” è: prova a non farlo e verifica cosa succede… Quello che riesci a fare e quello che non riesci a fare, ciò che ottieni e ciò che resta immutato, ciò che provi e ciò che pensi, una volta che hai provato a cambiare uno specifico comportamento che vuoi abbandonare (almeno una parte di te vuole abbandonarlo!), ti forniranno informazioni utili per capire e andare avanti fino a dove riesci ad arrivare…
Il senso e l’esperimento
Quello che fai ti serve, ma rappresenta spesso anche un problema. Alcuni tuoi comportamenti soddisfano certi tuoi bisogni, ma ti creano anche difficoltà emotive e interpersonali. Ecco alcuni esempi.
Stai chiuso in casa per evitare il giudizio della gente, ma così ti precludi di incontrare persone e creare relazioni.
Per essere apprezzato e per apprezzarti insegui la perfezione di ogni tua prestazione lavorativa, ma così facendo esaurisci completamente e continuamente ogni tua risorsa e non ti lasci spazio per altro, oltre a restare quasi sempre insoddisfatto e addirittura non riuscire a fornire prestazioni eccellenti, sul lavoro.
Hai bisogno di essere apprezzato, amato, ben voluto, ma adotti comportamenti così goffi e affettati che finisci per mostrarti ridicolo e ciò ti fa sprofondare dalla vergona e ti fa sentire il rifiuto o il disprezzo degli altri.
A volte, lo riconosci chiaramente, sei consapevole di quello che fai e anche a cosa ti serve; alcune volte, lo riconosci appena il tuo comportamento e intuisci vagamente quale bisogno soddisfa; altre volte, lo ignori completamente, ma comunque quello che fai è qualcosa che ha sempre uno scopo, svolge una funzione per te, ha un senso e un valore, altrimenti non lo faresti. Al tempo stesso, e spesso, quello che fai ti crea anche problemi, è controproducente, ha un costo elevato, tanto ti dà e tanto ti toglie. Ecco qualche altro esempio di “comportamento finalizzato” di cui puoi essere più o meno consapevole di quando, come e perché lo metti in atto:
- mettere in ordine, pianificare e organizzare in modo eccessivo;
- procrastinare fino all’inazione completa;
- essere costantemente iperattivo;
- sedurre in modo compulsivo;
- reagire sempre in modo impulsivo e aggressivo;
- essere servizievole, iper-disponibile e auto-sacrificale, oltre ogni umana misura;
- ritirarsi in un proprio mondo fantastico evitando i contatti reali con gli altri;
- essere intransigente, severo e spietato nei giudizi, nelle critiche e nella colpevolizzazione, con se stessi e con gli altri;
- manifestare atteggiamenti di chiusura affettiva e intima; controllare in modo maniacale la propria immagine sociale.
Tutti i comportamenti dipendenti, inoltre (sostanze, anche alcol e cibo, gioco d’azzardo, internet, social media, tecnologia, iper-lavoro), possono rientrare in questa categoria di strategie, di cui sei più o meno consapevole, ma che sicuramente sono attività finalizzate ad uno scopo, in generale a governare o regolare stati emotivi dolorosi.
Per aiutarti a comprendere meglio scopo, funzione, senso e valore di quello che fai…
Per aiutarti a comprendere quando i costi e gli effetti controproducenti sono maggiori degli scopi che soddisfi e dei risultati che ottieni…
Per aiutarti a comprendere quali strade alternative esistono per raggiungere quegli scopi senza pagare un prezzo troppo elevato (nei termini dei problemi che ti procurano quei comportamenti quasi automatici e sempre pronti a scattare) …
Esiste una strategia che puoi cominciare ad applicare. Un esperimento: PROVA A NON FARLO!!!
Quando ti rendi conto di esserci ricaduto, di adottare quel comportamento che tanto ti dà e molto di più ti toglie, che ti fornisce benefici a caro prezzo… PROVA A NON FARLO… Non devi riuscirci… devi provarci e vedere cosa succede… cosa succede dentro di te e nelle reazioni degli altri… cosa provi, cosa pensi, cosa fai, cosa fanno gli altri, se ti dicono qualcosa, se leggi in loro delle intenzioni, ecc.
SE CI RIESCI avrai ottenuto il risultato di ridurre un tuo comportamento problematico e probabilmente di capire molto meglio a cosa ti serve e con cosa puoi sostituirlo…
SE NON CI RIESCI avrai ottenuto, comunque, delle informazioni sul tuo funzionamento personale e nelle relazioni; quindi potrai essere motivato ulteriormente a proseguire l’esperimento per comprendere ancora meglio, magari fino ad ottenere un cambiamento per te importante.
Ciò che rende problematico un problema
Un problema comune a molte persone è rappresentato dalle proprie “idee positive” riguardo ai propri problemi. Ad esempio, le persone con comportamenti dipendenti (dipendenza affettiva, da sostanze, da gioco d’azzardo, da internet, da social media, da lavoro, da attività fisica, ecc.), le persone con sintomi ossessivi o chi organizza la sua vita attraverso innumerevoli evitamenti di persone e situazioni, così come le persone continuamente impegnate a rimuginare su minacce eventuali, a ruminare su errori del passato o su torti subiti.
Queste persone credono che questi comportamenti “sintomatici” siano “utili” ad ottenere qualche scopo, in maniera a volte consapevole, a volte inconsapevole, ad ottenere lo scopo di: raggiungere un sollievo emotivo e regolare le proprie emozioni; controllare o prevedere la realtà; stare a posto con la coscienza; farsi rispettare; prevenire un futuro infausto; espiare colpe o altri scopi ancora.
A causa di queste “convinzioni sull’utilità dei propri comportamenti problematici”, nonostante paghino prezzi elevatissimi per i suddetti comportamenti, in termini di impiego di risorse personali (mentali, emotive, di tempo, di salute, di soldi, ecc.) e di problemi interpersonali (abbassamento delle prestazioni in ogni ambito di vita, lavorativa, affettiva, personale, con aumento di sentimenti di incomprensione reciproca con gli altri e conflittualità), le persone manifestano una grande resistenza al cambiamento, una grande difficoltà ad abbandonare i comportamenti fonte di sofferenza. Il pensiero più o meno consapevole rispetto al proprio comportamento è “ancora non ha funzionato, ma funzionerà!” Oppure: “anche se alla lunga le cose non cambiano, almeno provo un momento di sollievo!”
Per questo in terapia le persone devono lavorare su:
1. Riconoscere il costo elevato dei propri comportamenti e sintomi
2. Riconoscere queste convinzioni sull’utilità degli stessi come credenze di fatto disfunzionali e irrealistiche
3. Legittimare gli scopi a cui tendono i comportamenti
4. Rivisitare i criteri per sentire di aver raggiunto gli scopi e sentirsi soddisfatti
5. Abbandonare alcuni scopi, che hanno un senso per la persona, ma sono palesemente irrealistici e irrealizzabili. L’esempio tipico è lo scopo di controllare tutto e tutti.
6. Trovare strategie veramente utili, efficaci e meno costose per raggiungere gli scopi e soddisfare i bisogni individuati.
Il senso e il valore di quello che fai
Puoi STARE A CASA perché così ti proteggi dal virus e proteggi anche gli altri o semplicemente perché a casa stai bene e puoi occuparti di cose e persone per te importanti… Scegli di stare a casa perché hai paura degli altri, temi i contatti sociali, anche quando non gira il virus; il virus più pericoloso per te è la paura del giudizio degli altri…
Puoi crogiolarti SUL DIVANO per un intero pomeriggio… Magari non per una vita intera… Sarebbe probabilmente una vita dimezzata…
Puoi FUMARE una sigaretta per il gusto del tabacco… Devi fumare per forza molte sigarette al giorno per alleviare stress e tensioni emotive o semplicemente perché è diventata un’abitudine nociva quanto difficile da sradicare…
Puoi MANGIARE e BERE di gusto e piacere … O spesso hai bisogno di rimpinzarti, abbuffarti, stordirti e ubriacarti per dimenticare, per non pensarci, per sedare le tue emozioni dolorose e la loro espressione…
Puoi GIOCARE D’AZZARDO per divertirti e per tentare la fortuna… o sei schiavo del gioco e nemmeno sai più giocare per divertirti…
Puoi LAMENTARTI per arrivare a comprendere e trovare un obiettivo su cui impegnarti… O puoi lamentarti solo per lamentarti senza trovare soluzioni e azioni da praticare…
Puoi stare sui SOCIAL o sui dispositivi elettronici in genere per giocare e scherzare un po’, cazzeggiare e condividere, informarti e comunicare, conoscere e farti conoscere… Oppure puoi essere dipendente e non riuscire più a fare altro…
Puoi occuparti del tuo LAVORO e di farlo al meglio… Oppure diventare schiavo del tuo lavoro, del tuo bisogno di controllarlo, della tua necessità di farlo perfetto…
Puoi essere DILIGENTE E ATTENTO A QUELLO CHE FAI per fare bene e meglio… Oppure diventare vittima di te stesso, del tuo giudizio severo e spietato “contro te stesso” per cui non va mai bene ciò che fai…
Puoi essere un ATTENTO OSSERVATORE di QUELLO che FANNO GLI ALTRI al fine di proteggerti da chi si comporta male e avvicinare chi ti vuole bene… Oppure diventare un critico, pieno di rimproveri e colpevolizzazioni verso gli altri o anche diffidente e sospettoso fino a rinchiuderti nella solitudine spaventato…
Puoi fare la stessa cosa e viverla in modo molto diverso… Puoi farla per cercare qualcosa per te importante, un piacere, una gioia, un valore … Puoi farla per evitare qualcosa di negativo, un dolore, un’emozione negativa, una responsabilità…
Inoltre, il problema non è assecondare un bisogno, un desiderio o un impulso… Il problema è farne una dipendenza… Rendere cronica la tua resa all’impulso…
Spesso il problema non è quello che fai una volta, ma QUELLO CHE FAI RIPETUTAMENTE fino a creare un’abitudine nociva per la tua salute, per il tuo benessere psicofisico, per i tuoi rapporti con gli altri, per la vita che vorresti vivere…
Le missioni impossibili le lasciamo a qualcun altro… Non puoi controllare ogni impulso o eliminare ogni stress o resistere ad ogni tua tentazione… Puoi imparare ad assecondare, qualche volta, quegli impulsi che ti procurano vero piacere e gusto, nell’immediatezza, senza attaccare troppo il tuo equilibrio psicofisico, senza rovinare la tua vita di relazione e senza distoglierti dalla direzione di vita che hai preso…
Ti suggerisco a questo punto un piccolo esercizio di auto-esplorazione per riconoscere come funzioni in relazione a ciò che fai e perché lo fai… Ti sarà certamente utile a comprendere ed agire con maggiore chiarezza e responsabilità.
Nota se quello che fai ha un SENSO per te… E che senso… Quale significato … Quale direzione… Dove ti porta…
Nota se quello che fai ha un VALORE per te… Ti aiuta a realizzare la vita che vuoi… Ad essere la persona che vorresti essere… Ad essere la persona che dovresti essere in base a ciò che è importante per te…
Nota cosa ti dà quello che fai… Quali bisogni e desideri soddisfa a BREVE TERMINE, nell’immediato… E quali bisogni, desideri e valori ti permette di realizzare a LUNGO TERMINE, nella costruzione della vita che vuoi e della persona che vuoi essere…
Notalo… Scrivilo… Riflettici… Agisci di conseguenza…