La CORAZZA è il vestito della nostra vita. È il vestito della nostra ferita emotiva. È l’insieme delle nostre caratteristiche, fisiche e psicologiche, che definiscono il nostro MODO DI ESSERE. Qualcuno lo chiama carattere. In piccola parte innato, in grandissima parte appreso.
Lo abbiamo appreso attraverso le nostre esperienze di vita, soprattutto inconsapevoli. È il modo in cui ci siamo adattati al mondo materiale, affettivo e interpersonale che abbiamo incontrato. Abbiamo avuto a che fare con i comportamenti delle persone che ci sono capitate, i genitori ad esempio, e che abbiamo incontrato, tutti gli adulti che hanno avuto un ruolo importante per la crescita della nostra personalità. Tanto più eravamo piccoli tanto più eravamo dipendenti da cosa i grandi ci facevano vivere e credere come verità. Crescendo abbiamo acquisito maggiore autonomia di pensiero e azione, abbiamo cominciato ad influenzarci reciprocamente con i coetanei dai gruppi sociali in generale, compresa la società nel suo insieme, coi suoi valori culturali e i suoi messaggi conseguenti.
Comunque, i semi sono stati piantati agli albori della nostra vita. Quei semi sono le fondamenta su cui nella vita costruiremo il resto. Le fondamenta che sono i fili di ferro intrecciati con cui è costruita la corazza.
La corazza è l’insieme degli automatismi inconsapevoli del nostro modo di stare al mondo.
La corazza è FISICA: il nostro atteggiamento corporeo, la nostra postura, la nostra gestualità, la forma del corpo, l’espressione del corpo, il modo in cui si muove, il modo in cui resta bloccato, ecc.
La corazza è EMOTIVA: il nostro modo tipico di percepire, riconoscere, esprimere e vivere le emozioni, il modo in cui diamo loro significato in relazione alle esperienze che facciamo. O il modo di ignorarle e bloccarle nel corpo.
La corazza è RELAZIONALE: i nostri schemi interpersonali, il modo tipico di approcciarci alle persone, di avvicinarle e di farci avvicinare, di comunicare, ecc.
La corazza è anche il nostro modo tipico di PENSARE: credenze, convinzioni, distorsioni del pensiero, ecc.
La corazza è l’insieme delle nostre ABITUDINI: le nostre azioni solite, i nostri automatismi, a volte funzionali, altre volte disfunzionali.
La corazza è servita a ‘DIFENDERCI’ da quelle che abbiamo sentito come ‘MINACCE’ alla nostra vita. Abbiamo sviluppato questa corazza come risposta adattativa alle esperienze vissute in generale, ai traumi piccoli o grandi che possiamo aver vissuto, in particolare, a come ci hanno trattato le persone, ecc.
La corazza ci ha permesso di ‘SOPRAVVIVERE PSICOLOGICAMENTE’, a volte nei casi traumatici anche fisicamente; ci ha permesso di fare il meglio che abbiamo trovato per CAVARCELA negli eventi della vita. Ovvero per sentirci persone sostanzialmente degne di AMORE e con intrinseco VALORE personale, amabili e stimabili.
Usando un’altra metafora, la corazza è una vera e propria ‘CASSETTA DEGLI ATTREZZI’.
Ciò che ci è servito è diventato un attrezzo (strumento, strategia, modalità) che abbiamo scoperto, costruito, appreso e fatto nostro, quasi sempre in modo inconsapevole.
Cosa ci è servito nella vita per adattarci, sopravvivere, vivere, crescere, sentirci degni d’amore e di stima?
Ci è servito NON PIANGERE, lo abbiamo imparato e fatto nostro come abitudine emotiva e fisica. Perché abbiamo appreso che era meglio così!
Ci è servito CHIUDERCI, il nostro corpo e la nostra mente hanno imparato a chiudersi o a nascondersi o a non mostrarsi o a risultare invisibili. Perché abbiamo appreso che era meglio così!
Ci è servito MOSTRARCI, il nostro corpo si mostra, si espande, è propenso ad avvicinare gli altri; siamo espressivi, istrionici, a volte invadenti, ecc. Perché abbiamo appreso che era meglio così!
Ci è servito CONGELARCI EMOTIVAMENTE, il nostro corpo e la nostra mente raccontano la storia di una vita in cui abbiamo imparato a bloccarci, a non esporci, a non disturbare, a non esprimersi. Perché abbiamo appreso che era meglio così!
Gli esempi sono sostanzialmente infiniti. Trova i tuoi attrezzi…
Ogni individuo attraverso la sua corazza psicocorporea esprime tutti gli attrezzi che nella vita ha dovuto fare suoi (ha scelto) per affrontare le esperienze e risolvere i problemi che ha incontrato: eventi, persone, situazioni, dolori, traumi, ecc. Perché abbiamo appreso che era meglio così!
Ecco perché la corazza è anche sempre il guscio della ferita.
Conosci la tua corazza?
Conosci la tua cassetta degli attrezzi?
Conosci la tua ferita?
Quando i sintomi fisici e psicologici si fanno importanti, la nostra sofferenza ci invita a conoscerle, la corazza e la cassetta. A cercare di comprendere cosa sta succedendo nella nostra vita.
Chi riesce a riconoscere di stare male e si legittima il suo bisogno di aiuto, può arrivare a chiedere aiuto. La psicoterapia è una possibilità d’essere aiutati ad affrontare i problemi che ci procurano frustrazioni e dolore.
In psicoterapia, si lavora per comprendere in che modo la sofferenza è connessa non solo a difficoltà attuali, ma anche alla propria storia di vita quindi alla corazza, alla propria cassetta degli attrezzi.
In psicoterapia, la persona cerca di rendere più FLESSIBILI i MECCANISMI della CORAZZA, mantenendo quelli che servono ancora a proteggersi e cercando di lasciar andare quelli che oggi creano solo sofferenza.
In psicoterapia, la persona cerca di AMPLIARE la sua CASSETTA degli ATTREZZI, non per sostituire i vecchi, quelli potranno essere sempre utili al bisogno, ma per integrare nuove possibilità per trovare soluzioni alternative ai problemi, alle frustrazioni, alle relazioni interpersonali dolorose, ecc.
Categoria: abitudini
Scelte e senso di colpa
A volte ci sentiamo in colpa perché facciamo scelte ‘non buone’ per noi. Ad esempio, ci occupiamo degli altri e non di noi o ci occupiamo di noi e non degli altri. Dici troppi no agli altri o dici troppi no a te stesso. Ti fai guidare dai tuoi desideri vitali o ti fai guidare dai desideri degli altri.
In realtà, da un certo punto di vista, non esistono scelte ‘non buone’. Esistono le scelte. Le scelte derivano da un conflitto tra parti di sé. Ogni scelta quindi nasce da un nostro bisogno. Una vorrebbe una cosa, una seconda parte ha un altro bisogno, una terza andrebbe in un’altra direzione e così via. Alla fine però la scelta è una. Mai perfetta.
Dobbiamo imparare ad affrontare le conseguenze delle scelte. Ovvero le emozioni che proviamo, le reazioni che provochiamo, i bisogni che scegliamo di curare e quelli che trascuriamo facendo quella scelta. E non è sempre facile o scontato comprendere da quale bisogno è stata orientata la nostra scelta.
Diventa allora importante comprendere, prima di tutto, che ci sono le tue scelte e le scelte che non dipendono da te ovvero se la responsabilità è dell’altro non può essere una tua colpa (anche se il senso di colpa è sempre tuo e sempre in agguato).
Diventa importante, allora, comprendere se siamo guidati dalla nostra ferita infantile che pretende tutto o dalla nostra parte adulta che, dolorosamente, attraversando ogni emozione, è capace di scegliere e accettare: se ho scelto questo, necessariamente ho dovuto mettere in secondo piano altro.
Questa è la descrizione razionale della questione, la dimensione emotiva è quella più importante.
Non è facile iniziare a fare scelte diverse da quelle che abbiamo sempre o spesso fatto.
Dobbiamo darci il permesso interiore (è solo interiore) che è fatto di due componenti fondamentali: comprendere il senso delle scelte solite e di quelle nuove; iniziare a praticare le scelte nuove, affrontando il carico emotivo delle conseguenze (paura in primis, ma anche tristezza e rabbia, forse vergogna e probabilmente senso di colpa).
Non è facile essere adulti. È il percorso di una vita…
Quando finalmente ce la fai…
Quando finalmente ce la fai … A darti quel permesso!!!
Da una vita abbiamo imparato un modo per stare al mondo. Uno schema che ripetiamo. Un copione che recitiamo da quando eravamo piccoli, seguendo le indicazioni, dirette e indirette, di chi, gli adulti, ci ha detto, trasmesso e insegnato che le cose funzionano in un certo modo e devono funzionare in un certo modo. Queste indicazioni le abbiamo fatte nostre come ‘regole rigide’: ciò che dobbiamo e ciò che non dobbiamo. Esempi. Non devi piangere… Non devi chiedere… Devi essere il migliore, sempre… Devi essere impassibile… Non devi essere ambizioso… Devi assolutamente ottenere il successo… Gli esempi evidenziano che imperativi e divieti possono essere anche molto diversi tra loro, addirittura opposti, ognuno ha interiorizzato i propri nella propria storia di vita. Trova i tuoi…
Le regole possono essere anche direttive interiori che fin da bambini abbiamo creduto fossero la migliore guida per cavarcela nel mondo, per stare bene (o almeno ridurre al minimo la sofferenza), per vivere le relazioni, per fare scelte, per avere a che fare con gli adulti che ci sono capitati, a cominciare dai genitori. Esempi. È meglio che non esprimo la rabbia… Devo essere sempre razionale… Devo controllare ogni mia possibile reazione… Devo evitare ogni manifestazione spontanea… Non devo deludere mai nessuno… Trova i tuoi…
Ma cosa sono questi permessi?
Il permesso è quella scelta che fai e che è diversa dalle solite scelte che ripeti da una vita. Esempi. Posso mostrarmi in difficoltà… Mi permetto di dire no… Scelgo di riposarmi… Oppure:
Solitamente tieni duro… Ti permetti di mollare!
Solitamente fai da solo… Ti permetti di chiedere aiuto!
Solitamente trattieni le tue emozioni… Ti permetti di esprimerle!
Solitamente reagisci d’impulso… Ti permetti di riflettere un po’ meglio prima di agire!
Solitamente non esprimi il tuo pensiero per paura del giudizio… Ti permetti di dire la tua!
Solitamente accondiscendi alle richieste altrui anche quando sono eccessive… Ti permetti di dire no e sì in base ad una tua valutazione specifica della situazione!
TROVA IL TUO SOLITO … E DATTI IL TUO PERMESSO!
“Finalmente ce la fai…” perché è veramente la fatica di una vita quella di cambiare ciò che da una vita siamo abituati a fare!!!
Trova l’abitudine di una vita… E prova il permesso per iniziare oggi una nuova vita!
Provando a cambiare ciò che hai sempre fatto, avrai modo di capire perché per te è difficile, perché tendi a ripetere gli stessi schemi da una vita, perché hai paura di cambiare, perché è fondamentale iniziare a fare qualcosa di diverso al fine di migliorare la qualità della tua vita, delle tue scelte, delle tue relazioni.
È proprio necessario cambiare? È proprio necessario darsi questi permessi? Certo che no. È sempre una scelta… Del resto, alcuni modi di essere, pensare e agire che ci portiamo da una vita ancora oggi orientano in modo utile le scelte che facciamo. Quando, allora, è l’ora di nuovi permessi? Quando arriva la sofferenza, quando la vita ci chiede flessibilità, quando le circostanze esterne cambiano in modo significativo, quando stiamo trascurando i nostri bisogni, quando cominciamo ad avere problemi interpersonali importanti, quando siamo confusi, quando arrivano sintomi e malesseri fisici e psicologici ad invitarci a rivisitare il rapporto tra “ciò che devo”, “ciò che non devo”, “ciò che posso”. Se non ce la facciamo da soli, la psicoterapia può essere d’aiuto.
Buggerare la routine
È un dato di fatto che gli uomini curiosi spesso sentono il bisogno di sfilarsi di dosso la propria esperienza, avvertendola più come una rigida armatura di abitudini che limita i movimenti che come un’amichevole corazza protettiva, necessario usbergo contro le forze dell’Ignoto. Siamo pienamente consapevoli, quando sfidiamo le nostre abitudini, che le probabilità di vittoria sono esigue; e proprio l’eccezionalità di tale successo gonfia il vittorioso petto di soddisfazione e lo ammanta di un’aura di eroismo, le rare volte che riusciamo a buggerare le routine (Marco Malvaldi, Il gioco delle tre carte).
Le abitudini sono importanti. Ci permettono di viaggiare col ‘pilota automatico’ e di risparmiare energie senza dover ogni volta ricominciare daccapo. Pensa che spreco di tempo, energia e attenzione sarebbe se ogni volta dovessi reimparare a camminare, a lavare i piatti come i denti. Pensa anche a quanto è abitudinario il tuo uso dei dispositivi elettronici, dal PC in poi.
Ma molte volte è ancora più importante disinserire gli automatismi, per essere pienamente consapevoli di ciò che stiamo facendo, proprio in questo momento, di cosa stiamo vivendo, proprio adesso, nel momento esatto dell’esperienza che sta accadendo in noi. La piena consapevolezza ci permette di agire con maggiore chiarezza d’intenti e maggiore responsabilità, per attivare i cambiamenti che desideriamo.
Da dove vuoi iniziare a buggerare i tuoi automatismi? Per ottenere cosa?
Scioglilingua
Oggi ti presento uno scioglilingua sugli opposti. Stare vs fare. Fare vs vivere. Vivere vs correre. Correre vs andare al proprio passo.
La vita frenetica inizia col pensiero continuo alla lista, anche solo mentale, delle cose da fare da qui in avanti (“ora faccio questo, poi devo fare quest’altro, quindi farò quello e quell’altro”). Un tipico pensiero, più o meno consapevole, che accompagna questo tipo di vita è “sto perdendo tempo con questa cosa (qui)… Devo occuparmi di quella cosa (lì)”. Qui vs lì. Salvo poi quando arriviamo lì… Pensare alla successiva cosa da fare… Insomma sempre lì, mai qui, ora.
È importante certamente l’agenda e la pianificazione, così come a volte è importante correre e fare cose rapidamente, anzi è fondamentale, ma anche accompagnate dalla capacità di stare in ogni esperienza nel qui e ora. Altrimenti arriveremo all’ultimo lì … senza mai aver vissuto qui.
Ciascuno di noi può imparare l’abilità di stare nel qui e ora…
A ciascuno di noi la scelta…
Le mille pratiche meditative esistenti al mondo sono basate sul principio e sulla capacità di stare nel qui e ora. Pur nella diversità, ogni pratica prevede tre passaggi fondamentali.
1. Scegliere un FOCUS cui prestare attenzione consapevole, ad esempio il respiro o le sensazioni provenienti da una mano o da altre parti del corpo.
2. RICONOSCERE LA MENTE CHE VAGA, cioè notare la propria attenzione che tende a spostarsi dal focus ed essere catturata da pensieri, immagini, ricordi ed ogni altro prodotto della mente che può essere rimuginato.
3. TORNARE GENTILMENTE AL FOCUS, SENZA GIUDICARSI. Noti la distrazione e sposti di nuovo l’attenzione al focus. È normale che la mente vaghi, è il suo mestiere, si è evoluta in milioni di anni per risolvere problemi col pensare. Solo che a volte, troppo spesso purtroppo, non solo non aiuta a risolvere problemi, ma la sua iperattività rimuginativa finisce per alimentare e mantenere i problemi.
La pratica meditativa basata su questi tre passaggi e sul principio del qui e ora aiuta a recuperare le funzioni adeguate della mente e ha una serie di altri benefici sul benessere psicofisico quali: potenziamento del sistema immunitario, regolazione del metabolismo, miglioramento della capacità di concentrazione, riduzione dell’ansia, miglioramento nelle proprie capacità comunicative, regolazione dell’umore e delle emozioni, aiuto nel prendere decisioni, miglioramento dei rapporti interpersonali. Tanto per fare qualche esempio…
A ciascuno di noi la scelta di imparare a stare nel qui e ora… Imparando a lasciare andare la nostra tossica vita frenetica…
In un mondo che… Cosa devi fare tu…
In un mondo che è sempre più oscuro, fonte di confusione e pieno di incertezze, poche sono le certezze, chiare ed evidenti:
1. Se vuoi migliorare il tuo benessere, oltre che ridurre la tua sofferenza, devi agire su te stesso, impegnarti in prima persona per attivare cambiamenti.
2. Dai tuoi cambiamenti si attiveranno conseguenze ed influenze verso l’esterno, verso gli altri e l’ambiente.
3. Le vie del cambiamento sono infinite.
Ovvero:
A. Smetti di inseguire la missione impossibile di cambiare gli altri o aspettare che cambino. Il cambiamento esterno puoi desiderarlo, devi chiedere e agire per attivarlo, puoi sperare di ottenere ciò che chiedi, devi saper accettare anche i rifiuti, le frustrazioni e le delusioni.
B. Quando cambi tu, certamente gli altri avranno a che fare con una persona diversa e ciò potrà avere un’influenza più o meno grande sul loro comportamento, a volte positiva per te, a volte meno desiderabile. Questo è…
C. Puoi cambiare i tuoi comportamenti e le tue abitudini, puoi cambiare i tuoi pensieri e il tuo modo di pensare, puoi cambiare le tue emozioni e il tuo modo di esprimerle e governarle, puoi agire sulle tue sensazioni somatiche per attivare stati di benessere, puoi imparare a comunicare in modo più efficace con gli altri, puoi imparare a governare i conflitti interpersonali, puoi governare il tuo tempo in modo più consapevole e in linea coi tuoi bisogni e desideri. Puoi coltivare la tua spiritualità al servizio della tua evoluzione personale e chissà quanti altri cambiamenti puoi fare, in ogni ambito, ruolo e relazione della tua vita. La tua fantasia e creatività non hanno limiti…
E puoi anche leggere e trarre ispirazione per i tuoi cambiamenti da ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Ingolfamento
La domanda è: a che pro? La risposta non c’è o non è convincente.
Oggi ti invito a notare nella tua giornata quali sono le attività e le abitudini che ti ostini a compiere e mantenere anche se non sai proprio perché lo fai o la tua motivazione è debole. E comunque l’onere di farlo è diventato nel tempo molto più grande del beneficio che ne ricavi. Un esempio che accomuna molte persone potrebbe essere: perché continui a mantenere nell’armadio (con relativo cambio stagione) vestiti che sono anni che non metti? Soprattutto se non è la camicia che ti regalò il tuo primo partner o quella con cui ricordi una particolare esperienza. Ma sono tanti vestiti… Esempio simile può riguardare alcuni cassetti ingolfati. Oppure scrivere troppi post… Scrollare continuamente sui social… Correre di corsa… Fare switch tasking…
Inizia a notare nei vari ambiti della tua vita… A casa… A lavoro… In una particolare relazione (col tuo partner, con tuo figlio, con un genitore, con un collega, col fruttivendolo)… Trova l’ostinazione…
Perché lo fai? Qual è il senso? Come ti fa sentire farlo? Un senso non ce l’ha, come dice il poeta? No. Il senso ce l’ha! Il senso c’è, ma non si vede!
Allora, dopo la pratica del ‘notare queste tue ostinazioni’, te ne suggerisco una seconda: prendi una di queste tue abitudini e prova a cambiare qualcosa… Vedi tu cosa… Da dove puoi e vuoi cominciare… E vedi l’effetto che fa… (Come reagisci? Cosa senti? Cosa pensi?)… Potrebbe essere una pratica molto potente per la tua consapevolezza e chissà, se ti va, per alcuni cambiamenti…
A valle e a monte. La fuga impossibile
Perché continui a cercare di seppellire vive le tue emozioni dolorose piuttosto che cercare di comprendere e agire per modificare la situazione che le genera?
Si tratta di agire sui tuoi pensieri e sui tuoi comportamenti per fronteggiare le situazioni per te stressanti e fonte di sofferenza.
Questo è un modo possibile per descrivere in cosa consiste la cura del tuo stress e del tuo malessere.
Di solito ti impegni in strategie e soluzioni ‘a valle’ che ti danno l’illusione di aver risolto i tuoi problemi e di aver mandato via le tue emozioni dolorose, ma la sensazione dura poco e se non intervieni ‘a monte’ il malessere ci metterà poco a tornare, ancora più intenso e disturbante.
Quali sono questi tentativi illusori disfunzionali di autoregolazione emotiva? Alcuni sono più consapevoli, altri meno per la persona che li adotta e nella funzione che svolgono. Alcuni sono scelti volontariamente, altri sono diventati automatismi. Ti fornisco qualche esempio. Compiacere gli altri, sottometterti, sacrificarti in modo eccessivo (per un timore spropositato del giudizio, di essere abbandonato e rifiutato). Cercare di essere perfetto, controllare tutto, lavorare in modo eccessivo, inseguire standard elevatissimi in ogni cosa tu faccia (al lavoro, come genitore, come partner, nel preparare una torta, nell’attività sportiva, ecc.). Evitare situazioni, persone e gruppi per paura di ciò che potrebbe accadere (critica, giudizio, esclusione, non sentirti all’altezza, ecc.). Rimuginare su ciò che potrebbe accadere, per tentare, illusoriamente, di prevedere ogni cosa e annullare ogni incertezza. Ruminare su quanto accaduto, restando comunque sempre insoddisfatto del significato attribuito agli eventi, al proprio e all’altrui comportamento. Abusare di sostanze e adottare comportamenti auto-lesivi e pericolosi in generale come tentativi fallimentari di anestesia emozionale. Comportamenti compulsivi quali: attività fisica, gioco d’azzardo, shopping, uso di Internet, uso dei social, alimentazione, sessualità, seduttività, aggressività.
Tutte queste strategie di fuga dal dolore finiscono per fartelo ritrovare sempre davanti. A lungo andare peggiorano la tua situazione fisica, emotiva e interpersonale, la tua qualità della vita.
Compreso questo funzionamento, non resta che smettere di adottare questi comportamenti disfunzionali, inutili, dannosi, autofrustranti. Se ci riesci, certamente la tua qualità di vita comincerà a volgere al meglio. Comincerai a comprendere meglio il senso di quei comportamenti e a trovare strade più utili per fronteggiare stress ed emozioni negative. Se trovi difficoltà e non riesci a cambiare in maniera sostanziale, allora probabilmente hai bisogno di un lavoro psicoterapeutico. Lo dice anche Alice in ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.
Prendi la tua personalità
Prendi la tua personalità, in particolare alcuni tratti tipici, ciò che ti caratterizza. Ad esempio, sei tendenzialmente: una persona mite o burrascosa, impulsivo o riflessivo, inibito emotivamente o notevolmente espressivo, ritirato e chiuso o sempre espansivo e al centro dell’attenzione. Sei perfezionista, tendi a controllare tutto, sei severo con te stesso e con gli altri. Sei compiacente verso ciò che gli altri si aspettano e ti chiedono, sottomesso rispetto alle pretese altrui. Sei arrogante e pretenzioso o invece dipendente, volto al sacrificio in nome dei bisogni e delle esigenze degli altri. Conosci altri tratti caratteristici che vedi in te stesso o anche in altre persone?
Probabilmente solo per alcune, molto poche, di queste caratteristiche che definiscono il tuo stile di personalità puoi dire che ci sei nato. La maggior parte le hai apprese da piccolo e consolidate nel tempo. Perché proprio quelle? Perché hai scoperto che servivano, ti servivano, svolgevano una funzione per te importante, magari ti permettevano di sentirti amato e di sentire soddisfatti altri tuoi bisogni di apprezzamento, protezione, appartenenza, ecc. Così hai imparato ad essere proprio in quel modo. In parte è diventato automatico, in parte è qualcosa che scegli, scegli strategicamente di comportarti in un certo modo quando credi ti serva a soddisfare certi tuoi bisogni.
A volte, però, succede che questi tratti di personalità e modi tipici di comportarti diventino rigidi, eccessivi, non adattivi per te, disfunzionali. Finiscono per crearti frustrazione e stress, problemi nelle relazioni e magari ti portano a sviluppare sintomi psicopatologici: ansia, panico, depressione, ossessioni, dipendenze, ecc.
Quando la sofferenza diventa eccessiva e non riesci a lenirla, quando riconosci che alcuni tuoi comportamenti ti creano problemi, ma non riesci a modificare niente delle tue azioni, è probabile che tu abbia bisogno di un lavoro psicoterapeutico. Questo lavoro di cura di te a quel punto si basa su una domanda guida: perché faccio quello che faccio nonostante il prezzo che pago sia ormai maggiore dei benefici che ne traggo?
Inizia l’esplorazione, anche prima di iniziare una terapia. Quali bisogni stai cercando di soddisfare con quel tuo rigido comportamento? Quali credenze, idee, pensieri e scopi possono rendere ragione dei tuoi comportamenti? Puoi trovare alternative di comportamento più sane per raggiungere i tuoi scopi? O forse devi modificare alcuni scopi che cerchi di raggiungere e i pensieri che li sostengono?
In ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line, troverai diversi esercizi e attivazioni che ti aiuteranno a conoscere meglio il senso di alcuni tuoi comportamenti ripetitivi e a trovare alternative oggi per te più utili a raggiungere i tuoi scopi e soddisfare i tuoi bisogni.
Quando ti sembra di vivere sempre lo stesso giorno
Quando ti sembra di vivere sempre lo stesso giorno … Chiediti cosa devi fare per vivere un altro giorno… E fallo!
Identifica quelle situazioni e relazioni in cui tendono a ripetersi continuamente certi scenari per te insoddisfacenti.
Identifica cosa è insoddisfacente per te e cosa dovrebbe accadere per migliorare la situazione. Quali emozioni provi? Quali bisogni senti insoddisfatti? Quali pensieri fai per cercare di comprendere la situazione? Quali idee hai su cosa potrebbe migliorare il tuo grado di soddisfazione?
Esplorato e chiarito tutto ciò, individua cosa puoi e devi fare tu per cominciare a cambiare alcuni aspetti della situazione. E inizia a fare effettivamente qualcosa di diverso: comportamenti diversi, modi di esprimerti diversi, richieste che non hai mai fatto, ‘no’ che non hai mai detto, permessi che non ti sei mai dato.
Iniziando nuove azioni certamente otterrai alcuni risultati: cambierai qualcosa di te stesso, potrai influenzare il cambiamento di altri, potrai godere di nuove soddisfazioni, potrai incontrare paure che ti faranno comprendere meglio te stesso (cosa vuoi veramente e cosa vuoi evitare), potrai fare errori da cui imparare, potrai incontrare ostacoli grazie ai quali crescere. Potrai andare avanti in base all’esperienza fatta e procedere in direzione della vita che vuoi, imparando a godere di quanto raggiunto, a cercare di superare i tuoi limiti e imparando anche a rispettare quelli oltre i quali non vuoi o non puoi o non riesci ad andare.
Questa è la traccia, ora sta a te, tracciare il sentiero, nei vari ambiti di vita, trovare situazioni insoddisfacenti da cui partire verso situazioni gratificanti da creare.
A me non resta che fornirti un ulteriore aiuto, suggerirti ‘Alice nel paese delle miserie’, il mio libro che puoi ordinare direttamente in libreria oppure on line.