Mente compassionevole

Solitamente la nostra vita e le nostre scelte quotidiane, più o meno importanti, sono scandite da un certo modo di funzionare della nostra mente.
C’è una mente ‘minacciata’ attraverso cui compiamo azioni con l’intento di proteggerci da minacce esterne ed interne. Ad esempio, dobbiamo cercare appagamento dei bisogni fisiologici primari, dobbiamo essere in buona salute, dobbiamo farcela economicamente, dobbiamo creare rapporti interpersonali appaganti e mantenerli, dobbiamo imparare a vivere anche in solitudine.
C’è una mente ‘competitiva’ attraverso cui cerchiamo di accaparrarci risorse, limitate, per raggiungere i nostri obiettivi nei vari ambiti della nostra vita, obiettivi per noi importanti in base a valori per noi importanti, anche se spesso non consapevoli. Ad esempio, dobbiamo guadagnare una certa cifra (e anche di più), dobbiamo avere una certa casa (magari due e con giardino o terrazzo a tutto tondo), dobbiamo avere una certa auto e proprio quella e poi un’altra ancora, dobbiamo rimpinzarci di cibo e ristoranti, di vacanze all’ultimo grido e di vestiti da cambiare più volte al giorno. E dobbiamo essere anche presenti e visibili sui social. Forse esagero con questi esempi, forse no.
Possiamo essere grati per questi due modi di funzionare della nostra mente perché ci hanno permesso l’evoluzione come specie e ci permettono quotidianamente di appagare bisogni importanti per noi in direzione di una vita consapevole guidata da ciò che per noi è importante. Ma…
Ma non finisce qui… Spesso queste stesse modalità di funzionamento superano gli eccessi e cominciano i problemi. Problemi sotto forma di stress, sintomi ansiosi e depressivi, disturbi fisici e dipendenze comportamentali, conflitti interpersonali oltre che interiori, relazioni disfunzionali e sempre meno nutrienti, comunicazioni aggressive, autostima sotto i piedi, vissuti di fallimento, colpa e difettosità. E qualcos’altro ancora che può fare al caso tuo…
Ciò che succede è che, per proteggerci dalle minacce che percepiamo e raggiungere i nostri obiettivi, paghiamo un prezzo enorme in termini di sofferenza emotiva.
Diventa allora fondamentale accedere, accendere e coltivare la mente compassionevole.
La mente compassionevole si manifesta in tre modi sostanziali, sia quando è diretta verso gli altri sia quando è rivolta a sé.
1. Essere sensibili alla sofferenza emotiva
2. Cogliere i bisogni frustrati in quelle emozioni dolorose
3. Impegnarsi con azioni concrete ad aiutare per tentare di alleviare la sofferenza e ridurre la frustrazione.
Ciascuno di questi tre aspetti può essere estremamente chiaro ed evidente, ma non sempre. A volte richiede un personale processo di maturazione emotiva che ciascuno di noi sta compiendo a suo modo e coi propri tempi.
Essere sensibili alla sofferenza emotiva non significa che la persona che prova quelle emozioni ci deve piacere o che la apprezziamo in quel momento o condividiamo le sue scelte e i suoi valori. Può esserci anche antipatica ed essere molto distante dal nostro modo di essere e vivere, purtuttavia siamo capaci di coglierne il dolore emotivo.
Cogliere i bisogni frustrati significa essere capaci di vedere cosa motiva il comportamento dell’altro, non per approvarlo o giustificarlo, semplicemente per comprenderlo, per rintracciare un senso nelle azioni della persona.
L’impegno concreto risponde alla domanda: “cosa posso fare per aiutare questa persona?”. E anche: “cosa posso fare per aiutare me a comprendere questa persona?”. La risposta è scontata in alcuni casi o perlomeno sappiamo cosa dovremmo e potremmo fare anche se non è detto che riusciremo a farlo. La risposta è meno scontata in quei casi in cui la persona può suscitarci emozioni ostili (rabbia, odio, antipatia) perché è molto distante dal nostro modo di pensare e agire o perché ci sentiamo in qualche modo ‘minacciati’ da questa persona. Proprio in questi casi, spesso si tratta di relazioni conflittuali, manifeste o vissute interiormente, è fondamentale ‘attivare’ la propria mente compassionevole al servizio dell’evolversi della relazione con l’altro che passa attraverso il comprendere che l’altro sta giocando il suo gioco nella vita, come stiamo facendo noi e ce la sta mettendo tutta con le risorse che ha a sua disposizione, come stiamo facendo noi…
Il rinnovamento, religioso o laico che sia, passa anche attraverso lo sviluppo di una mente compassionevole, potenzialità a disposizione di tutti e che aspetta solo di essere coltivata e allenata, a partire da azioni compassionevoli quotidiane che esprimono e potenziano, a loro volta, qualità compassionevoli di un sé compassionevole che tutti possiamo costruire come risorsa al servizio del benessere individuale e comunitario. Cosa potresti fare oggi, non solo oggi e da oggi in poi per pensare, sentire, agire ed essere compassionevole?

Intanto, se vuoi iniziare ad approfondire queste idee e soprattutto a sviluppare pratiche concrete ed esercizi al servizio di una mente compassionevole, ti consiglio la lettura di Paul Gilbert (terapia focalizzata sulla compassione, mindful compassion), Kristin Neff (la self-compassion), Lambiase Cantelmi (psicologia della compassione) e Sharon Salzberg (l’arte rivoluzionaria della gioia).

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