Crescere significa imparare a fare i conti con le mancanze.
Nasciamo in uno stato di perfezione che immediatamente dobbiamo abbandonare. La simbiosi originaria lascia il posto ad un rapporto con la propria madre che, anche quando è ottimale, è meno che perfetto. Qualcosa manca e qualcosa mancherà per sempre. Ed è sano che sia così. Dobbiamo imparare a vivere in un’ottimale disillusione in cui l’esperienza della frustrazione è dolorosa, ma noi dobbiamo impegnarci a renderla non traumatica ovvero a tollerarla e sostenerla.
Per tutta la vita sperimenteremo questo senso di mancanza e il tentativo illusorio di raggiungere o recuperare il ‘paradiso perduto’, quel senso di sintonia assoluta, fusione simbiotica, interezza e completo appagamento.
Per vivere una vita ‘sufficientemente’ appagante e realizzata, ovvero una vita ‘realisticamente felice’, il prima possibile dobbiamo imparare a elaborare tale mancanza vissuta come insoddisfazione e privazione, imparando a tollerare in modo ottimale la frustrazione, imparando a riconoscere i nostri bisogni e desideri come validi, a sentirci legittimati nel tentare di realizzarli e, al tempo stesso, imparando a vivere col dolore della mancanza, ad accettare che non tutto sarà mai completamente raggiungibile.
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Una strada per la felicità
