Sei depresso quando sei portatore insano di pretese. Perché le pretese sono sostanzialmente destinate al fallimento…
Pretese verso te stesso…
Pretese verso gli altri…
Pretese verso la vita, il mondo…
Pretese ovvero ‘doverizzazioni’ ovvero ricerca di standard di comportamento irrealistici, assoluti, estremi, perfezionistici, onnipotenti.
Tutto deve essere solo ed esclusivamente e necessariamente e assolutamente come deve essere.
Ma nemmeno tu conosci i confini di ciò che deve essere e come deve essere. Per definizione quindi missioni impossibili che pure, più o meno consapevolmente, desideri, ti aspetti, chiedi, pretendi, ma che risultano ben presto scopi non raggiungibili, mete irrealizzabili, destinate quindi a lasciarti quote, più o meno gigantesche, di frustrazione, delusione, rabbia, sensi di colpa, autosvalutazione, senso di fallimento e perdita, senso di ingiustizia, senso di mancanza e vuoto, disperazione. Insomma pienamente nella miseria!!!
Tu ti senti non all’altezza di come dovresti essere, ma non sai di preciso cosa dovresti e vorresti essere… Ti senti semplicemente inutile, impotente, incapace, indegno, privo di valore, immeritevole, non amabile…
Percepisci gli altri non all’altezza di come dovrebbero essere, ma non sai nemmeno tu bene come vorresti che fossero… Sono semplicemente fonte di sofferenza enorme per te, a volte li odi, altre volte ti vergogni di mostrarti al loro giudizio…
Il mondo è comunque da te vissuto come un posto sostanzialmente negativo e punitivo nei tuoi confronti… È profondamente ingiusto con te a volte… A volte invece è proprio quello che meriti… Almeno così credi, almeno questo è quello che senti…
Sembrano, a volte lo sono veramente, pensieri deliranti ovvero giudizi errati sulla realtà, valutazioni della realtà palesemente distorte in modo abnorme, inaccessibili ad ogni messa in discussione. Infatti, quando sei preda di questi pensieri, nulla ti può convincere del contrario: ciò che credi è semplicemente ciò che è vero e, se tutto il resto del mondo dice il contrario, tutto il resto del mondo non ti capisce…
Cosa fare? Di certo dipende dalla gravità e dalla persistenza di questi modi distorti di pensare e agire e dal loro impatto sulla qualità della tua vita personale, interpersonale, lavorativa.
In terapia, si lavora per:
– conoscere più precisamente il proprio funzionamento depressivo che è simile a tanti altri, ma anche unico
– recuperare un minimo necessario e indispensabile di vitalità, energia, piacere, ‘normalità’ delle attività quotidiane
– riconoscere i propri meccanismi disfunzionali di pensiero al fine di modificare quelle parti che sono maggiormente responsabili dell’umore depresso, della sofferenza associata, dei sintomi e dei comportamenti problematici
– elaborare i vissuti di fallimento e perdita, attraverso l’esplorazione delle emozioni e la ricerca di nuovi significati
– recuperare una vita sociale e affettiva soddisfacente, sufficientemente buona
– recuperare in modo concreto un progetto di vita adeguato a sé, ai propri valori e alle proprie risorse
– accettare i limiti, un certo grado di impotenza e gli stress, dolorosi ma sostenibili, che sono parte ineliminabile dell’umana esperienza.
Un atteggiamento fondamentale da sviluppare verso se stessi (e verso gli altri conseguentemente), fondamentale come terreno fertile affinché ogni altro lavoro su di sè sia possibile, è quello della compassione ovvero essere sensibili alla propria sofferenza, avvicinarla con curiosità per conoscerla senza giudicarla, col desiderio di alleviarla, consapevoli che stiamo tutti in questo mondo e che tutti cerchiamo di fare il meglio. Essere compassionevoli verso se stessi (e verso gli altri) vuol dire che non è tua la colpa, non serve giudicarti e giudicare in modo sprezzante e spietato; al tempo stesso, oggi hai la responsabilità e il potere di iniziare a cambiare le cose…