Spesso siamo vittime delle nostre catene di pensieri. Pensieri negativi che, invece che considerare solo ipotesi, solo possibilità probabili, ma non necessariamente vere, tendiamo a vivere come fossero assolute certezze che ci procurano dolore.
Spesso questi pensieri riguardano fatti che coinvolgono altre persone.
Il percorso della mente, non sempre facile da rintracciare, è:
Se è successo questo…
Allora vuol dire questo…
Allora vuol dire che l’altro….
Allora vuol dire che io…
Allora vuol dire che il mondo (la vita, le cose)… Quindi mi sento…
Ad esempio, ho ricevuto una critica per il mio ultimo lavoro, questo vuol dire che io non sono capace, che gli altri avranno pensato di non assegnarmi più mansioni o solo quelle più invalidanti, vuol dire che la vita fa schifo, mi sento sotto ad un treno (angosciato, triste).
Queste inferenze sono quasi automatiche e molto spesso inconsapevoli per la persona che si ritrova semplicemente preda di ansia, angoscia, senso di colpa e fallimento, stress, paura, ecc.
Si tratta di conclusioni affrettate attraverso cui la persona, con queste sequenze di implicazioni ritenute assolutamente vere, si incatena in una visione della realtà che la fa soffrire.
Due strade sono percorribili, integrate, per uscirne:
1. Mettere in discussione, per interrompere, questa catena ‘non necessaria’, confrontando in modo più attento i fatti di partenza con le conclusioni…
2. Rintracciando, nella storia personale, l’origine di questa sensibilità a certi temi: la paura di sbagliare, il dover piacere a tutti e sempre, la paura di affermarsi, la paura di perdere il controllo, la necessità di essere perfetti, la paura del conflitto, la paura di essere rifiutati, ecc.
Questi due binari possono far rientrare quel treno nella direzione giusta di una più realistica e benevola visione della realtà e considerazione di se stessi.
Catene dolorose
