Spesso combattiamo coi nostri pensieri; un po’ tutti, chi più chi meno, ci ritroviamo a “voler scacciare” dalla nostra mente “pensieri disturbanti” di varia natura e forma. Quasi sempre sono pensieri che riguardano l’essere “estremamente giudicanti verso noi stessi”: non vai bene, sei uno schifo, non sei all’altezza, potevi dare di più, gli altri hanno fatto meglio, che ci provi a fare, non ce la farai, non puoi farcela. Pensieri feroci e spietati che affossano la nostra autostima. Ci ruminiamo sopra per ore nel tentativo di eliminarli, ma finiamo per alimentarli. Altre volte “vogliamo allontanare” pensieri disturbanti che riguardano il comportamento degli altri: come si è permesso? Non capisco come la gente possa agire in quel modo, mi ha mancato di rispetto, non doveva comportarsi così, la prossima volta gliene canto quattro. Pensieri di delusione che alimentano rancori, risentimenti e desideri di vendetta, quasi sempre auto-distruttivi. Anche in questo caso la ruminazione alimenta la rabbia e l’impotenza. In alcuni casi, invece, siamo assaliti da pensieri su future catastrofi che potrebbero accaderci rispetto alle quali ci sentiamo indifesi e che cerchiamo di controllare o prevenire. Pensieri ipotetici, generatori di ansia, su cui rimuginiamo per tentare di rassicurarci, ma finiamo anche in questo caso per farci prendere ancora di più dall’agitazione.
Che fare di più utile? Dobbiamo considerare questi pensieri per quello che sono: pensieri. Solo pensieri. “Non fatti, ma parole”. Parole che girano nella nostra testa. Interpretazioni di fatti.
A volte, è utile cercare una diversa interpretazione di quei fatti, cercare pensieri più utili a farci sentire meglio e agire più efficacemente. Altre volte, quando non riusciamo o non troviamo utile o non sembra sensato o non possibile dare nuove interpretazioni dei fatti, allora possiamo “accettare” quei pensieri disturbanti, quasi “abbracciarli”.
Accettare, riferito ai pensieri e ad altri contenuti interiori che tendono a tornare (sensazioni, emozioni, immagini, ricordi), non significa arrendersi o rassegnarsi; vuol dire piuttosto accogliere pensieri, emozioni, frustrazioni, delusioni che ci vengono a trovare, anche se non invitati, e contemporaneamente riprendere a dedicarci a ciò che è importante per noi, a ciò che è in nostro potere orientare e determinare. Paradossalmente, solo con questo atteggiamento di “apertura” “puoi controllare ciò che non puoi controllare”.
Ecco un esempio, che può essere anche un esercizio da fare, con tutti i pensieri che vuoi: quando sei impegnato in un’attività per te importante, anche fosse “semplicemente” rilassarti, e un contenuto mentale disturbante (di quelli visti sopra) viene a trovarti, notalo, riconoscilo, dagli un nome (meglio se usi una simpatica espressione con cui lo sdrammatizzi) e torna a dedicarti alla tua attività.
Con questa tecnica, non combatti i pensieri, cercando di scacciarli dalla finestra e favorendo il loro ritorno direttamente dalla porta; semplicemente li noti e li ignori, non dedichi loro quell’attenzione che li farebbe caricare di energia emotiva e psicologica di cui ti sentiresti deprivato. Solo in un altro momento, da te scelto, quel pensiero disturbante potrà diventare un problema a cui dedicare le tue energie.
Ovviamente, come per tutte le tecniche, non basta una volta. È più una pratica da ripetere e affinare, un atteggiamento da sviluppare, un diverso modo di affrontare ciò che finora hai affrontato in modo non efficace, anzi controproducente.