Le EMOZIONI sono gli strumenti che l’evoluzione ha selezionato per garantire la sopravvivenza della specie. Le emozioni negative ci avvisano che qualcosa non è come dovrebbe essere. La PAURA ci avverte di una minaccia e di un pericolo. La TRISTEZZA ci mette in contatto con la perdita e col vuoto. La RABBIA manifesta la presenza di un danno o di un mancato obiettivo. Il DISGUSTO affiora di fronte ad aspetti sgradevoli della realtà. La GIOIA emerge quando le cose invece sono proprio come vorremmo. Tutto ciò che viviamo nella realtà è espresso da un’emozione più o meno complessa e sfaccettata.
Le emozioni ci segnalano i BISOGNI insoddisfatti e ci spingono all’AZIONE per soddisfarli, per rimettere a posto le situazioni negative, ad esempio, per rassicurarci di fronte alla paura, per lenire il dolore e confortare la tristezza, per rimettere a posto la realtà ingiusta e il danno fonte di rabbia. E via così.
Quando la nostra azione ha svolto la sua funzione e la situazione originariamente fonte di sofferenza è tornata sufficientemente tranquilla per noi allora l’emozione non ha più ragione di esistere perché ha svolto la sua funzione fino al compimento dell’azione necessaria e utile.
Purtroppo spesso succede che abbiamo un cattivo rapporto con le emozioni, soprattutto quelle dolorose. Invece di ascoltarle, decodificarle, capirne il messaggio, tendiamo a negarle, sopprimerle, evitarle, spegnerle o allontanarle; le vogliamo annientare, ce ne vogliamo sbarazzare dalla consapevolezza perché fonte di sofferenza, con l’esito paradossale di tenerle in vita. Cacciate dalla porta rientrano dalla finestra: le emozioni trascurate tornano a farsi sentire fino a quando non le abbiamo ascoltate, non abbiamo capito i bisogni che vogliono segnalarci e non abbiamo trovato una risposta adatta per confrontarci con questi bisogni; soddisfarli o cambiare mezzi per realizzarli o cambiare meta. Cacciate dalla finestra buttano giù la porta: tanto più non le ascoltiamo tanto più tenderanno ad alzare la voce fino ad urlare ovvero fino a far comparire sintomi fisici e psichici. Purtroppo la nostra stessa cultura ed educazione sono quasi sempre improntate a mettere a tacere le emozioni, a “giudicarle”: ci viene insegnato, per via diretta o indiretta, che provare emozioni non va bene, tanto meno esprimerle o manifestarle nel comportamento; che certe emozioni in particolare sono “cattive” (la rabbia ad esempio), che certe altre sono “da deboli” (la tristezza e la paura per i maschietti) o comunque “inadeguate” (la rabbia per le femminucce). Quante volte abbiamo sentito dire “sei troppo emotivo” o “devi controllare le tue emozioni” o anche “devi essere imperturbabile” o “se piangi ti mostri debole e verrai umiliato” o “se piangi mamma sta male”? Insomma, la nostra educazione è piena di tentativi, abbastanza riusciti, di inibire l’emotività, di frenare ogni slancio emotivo vitale e naturale, di permetterne una parte e di limitare un’altra parte cospicua del repertorio potenzialmente disponibile all’essere umano. Inoltre, spesso, se da bambini abbiamo avuto certe esperienze emotive di paura, rabbia, tristezza, dolore, vergogna, umiliazione, di certo non siamo stati bene accompagnati a vivere queste emozioni in modo sano e utile né a dare loro un senso e uno scopo né a utilizzarle per quello che sono cioè utili strumenti per il nostro adattamento alla realtà e per la costruzione di buoni legami affettivi.
Gran parte del lavoro su se stessi è un lavoro di costruzione di una “confidenza con il proprio mondo emotivo”. Da questa confidenza potrà conseguire la capacità di comprendere cosa ci fa stare male e cosa ci potrebbe rendere felici. Quindi capire il senso della nostra sofferenza e la direzione che dobbiamo prendere per curarla. Concretamente e specificamente, aumentando la nostra confidenza interiore diventiamo più capaci di:
- Collegare eventi e fatti a stati d’animo dolorosi
- Cogliere i pensieri e i motivi per cui abbiamo provato certe emozioni in quelle specifiche situazioni
- Individuare i bisogni insoddisfatti che generano la nostra sofferenza
- Attivare le azioni appropriate per soddisfare quei bisogni e raggiungere obiettivi e scopi personali
Anche nel nostro quotidiano possiamo seguire questo semplice schema per diventare più “esperti del nostro mondo interiore”:
- succede qualcosa e ti senti in un certo modo, provi emozioni soggettive e sensazioni fisiche
- hai pensato qualcosa per sentirti in quel modo, avrai interpretato la situazione in una certa direzione, avrai attribuito un certo significato a quell’evento iniziale, più o meno consapevolmente
- ti sentirai come ti senti perché certi tuoi scopi o bisogni saranno soddisfatti o meno
- se provi gioia e soddisfazione non ti resta che goderne
- se provi qualche emozione negativa non ti resta che rintracciare questi bisogni insoddisfatti e cercare modi per riportare la situazione ad un livello per te accettabile, sostenibile, positivo, appagante, almeno sufficientemente soddisfacente.
Ovviamente non basta sapere quello che non va e quello che vuoi per sapere cosa fare ed ottenerlo. A volte le cose si metteranno a posto abbastanza facilmente e immediatamente, altre volte le tue azioni potranno essere un progressivo avvicinamento, per tentativi ripetuti, alla situazione per te gratificante. Pronto, partenza… vai …