“Unfinished business”! Così si esprimeva Fritz Perls, inventore geniale della psicoterapia della Gestalt, a proposito di questioni interiori che restano “irrisolte” dal passato; recente, remoto, adolescenziale, infantile e che ancora oggi esercitano il loro influsso sul comportamento, sulle esperienze e sulle relazioni della persona adulta. In particolare, bisogni frustrati e “divieti interiorizzati” ad esprimere parti di sé: non devi agire in un certo modo, non devi provare certe emozioni e sensazioni, non devi fare certi pensieri, non devi essere quello che sei. O al contrario “devi essere” sempre e comunque forte, impassibile, generoso o qualunque altro aspetto che la persona deve incarnare per ottenere l’approvazione e sentirsi amata. Ad esempio, genitori trascuranti che hanno lasciato nel figlio un vuoto d’amore, di cura, di presenza confortevole e rassicurante. Oppure esperienze nel gruppo di coetanei in adolescenza che hanno lasciato una ferita di vergogna e derisione. O ancora una persona che, fin da piccolo, per ottenere riconoscimento e amore da un genitore, ha imparato a tradire se stessa e a compiacere il genitore, ricacciando nell’inconscio e nel “proibito” una parte fragile di sé o una parte dura o qualunque altra parte che non incontrava l’approvazione del genitore.
La questione irrisolta si ripresenta più volte nella vita, chiedendo una soluzione. La persona è sensibile e portata a rivivere certe situazioni attuali come fossero la riproposizione di antiche esperienze e relazioni frustranti e dolorose. Anche se, nella maggior parte dei casi, questa ripetizione è inconsapevole per la persona che sente vagamente o intuisce profondamente qualcosa di “familiare” che sta rivivendo, ma non sa identificarlo con precisione. A volte, in modo solo apparentemente paradossale, la persona tende a rivivere situazioni opposte a quelle originarie. In maniera inconsapevole, si ritrova in un’inversione di ruoli: laddove in passato è stata vittima di soprusi altrui, ora diventa carnefice e aggressiva nelle relazioni attuali; se ha dovuto adattarsi alle pressioni degli altri, oggi sviluppa continue pretese nelle relazioni; se ha dovuto inibire i suoi bisogni di cura e tenerezza, oggi tende continuamente ad essere sprezzante verso chi si mostra sensibile e affettuoso.
Oggi, dunque, la ripetizione prende la forma di:
- emozioni negative intense, difficili da tollerare;
- distacco e anestesia emozionale;
- sensazioni somatiche dolorose simili alle originarie;
- pensieri negativi su di sé, più o meno chiari e consapevoli, del tipo: sono sbagliato, incapace, difettoso, colpevole, vulnerabile, impotente, non sono mai al sicuro, sono senza controllo, solo, ecc.;
- pensieri negativi sugli altri: non mi posso fidare di nessuno, gli altri sono egoisti, gli altri sono imprevedibili, ti tradiscono, ti abbandonano, ecc.;
- pensieri negativi sul mondo: la vita fa schifo, prima o poi arriva la fregatura, il dolore è l’unico compagno di viaggio, ecc.;
- previsioni su come andranno le relazioni: prima o poi gli altri mi scaricheranno, si stuferanno di me, diventeranno troppo esigenti, resterò solo, ecc..
Quello che la persona riferisce quando arriva a chiedere aiuto, di solito, è la sua sofferenza emotiva e sintomatica (ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari, dipendenze, ossessioni, crisi nelle relazioni interpersonali, malessere esistenziale non meglio definito, ecc.). Da questa è fondamentale risalire al nucleo irrisolto, alle frustrazioni antiche che tendono a ripetersi, agli scenari emotivi e relazionali a cui la persona è particolarmente sensibile. Quindi inizia il percorso per “chiudere” le questioni ancora “aperte”.