C’erano una volta sei uomini ciechi che incontrarono per la prima volta un elefante. Ne avevano sentito parlare, ma non lo conoscevano.
Il primo, avvicinatosi all’animale, andò a sbattere contro il suo fianco duro ed esclamò piuttosto malconcio e offuscato: “oh che botta!!! L’elefante assomiglia ad un muro!!!”
Il secondo, toccando una delle zanne, esclamò ridendo sorpreso: “Ma qui c’è una forma rotonda, liscia e appuntita, l’elefante è simile ad una lancia!!!”
Il terzo, prendendo in mano la proboscide che si muoveva in continuazione, esclamò tra lo spaventato e il sorpreso: “Ma questo è un serpente!!!”
Il quarto, allungando curioso la mano e tastando il ginocchio esclamò sicuro e spocchioso: “Ma dai…, è certo e chiaro, questo è in realtà un albero!!!”
Il quinto, capitato per caso a contatto di un orecchio, leggiadro ed entusiasta esternò la sua certezza: “Signori! Questo elefante è praticamente uno stupendo ventaglio!!!”
Il sesto, prendendo in mano la coda, con fare ironico e gioioso: “solo un cieco non capirebbe che l’elefante ha la forma di una corda!!!”
Cosa ci fa vedere questo racconto della tradizione Sufi?
Com’è l’elefante? È come la realtà … ne esistono tante versioni quante sono le persone e quanti sono i significati possibili che ciascuno può dare alla realtà. Quindi anche per una stessa persona la stessa realtà può diventare un’altra realtà nel momento in cui la conosce in modo diverso da prima. E le stesse emozioni cambiano se l’elefante mi sembra un ventaglio o un serpente… Quasi sempre il cambiamento della realtà, quindi anche il cambiamento di noi stessi e della nostra vita, non è cambiare l’elefante, ma cambiare il modo in cui lo vediamo, lo tocchiamo, gli stiamo vicini o lontani…