Ci sono tre tipiche reazioni di fronte al proprio malessere, alle relazioni problematiche attuali e al bambino ferito che ci portiamo dentro e che governa inconsciamente quello che succede oggi. Tutti quanti noi ci possiamo ritrovare ad adottarle tutte, al tempo stesso ciascuno di noi finisce per averne una come modalità dominante o prevalente di far fronte alla personale sofferenza.
ANESTESIA. Quando eviti il contatto con le emozioni che provi, quando cerchi di spegnerle, abbassarne il volume, soffocarle. Quando fai finta che vada tutto bene. Quando sminuisci il livello della tua sofferenza.
PASSIVITÀ. Quando hai facilità a trovare e sentire il tuo dolore, assumendo atteggiamenti che assomigliano ad una resa o rassegnazione passiva di fronte a quello che ti è successo, che continua a ripetersi nelle relazioni attuali e che credi non cambierà mai.
CONTRASTO. Quando combatti contro la tua sofferenza, purtroppo finendo per alimentarla. Passi al contrattacco con l’idea, più o meno consapevole, di liberarti dell’aggressore, di attaccare chi senti responsabile della tua sofferenza. Di fatto, continui solo ad acuire il tuo stato di stress emotivo.
Queste tre modalità possono essere utili se non adottate in maniera esclusiva. Possono essere importanti in certi momenti, ma limitati nel tempo. Poi devono lasciare il passo alle altre strategie di regolazione emotiva, in modo da trovare “un’adeguata integrazione”, riuscendo ad attingere a ciascuna modalità per affrontare il proprio dolore e curarlo, per trasformarlo in qualcosa di meno angosciante e limitante.
Chi tende a tenersi lontano dalla propria sofferenza deve imparare gradualmente, ma costantemente, ad avvicinarsi ai nuclei più dolorosi e rabbiosi del suo sentire. Deve legittimare ogni emozione che prova: l’emozione è parte vitale di noi che ci informa di cosa non va e di cosa dobbiamo correggere per stare meglio. È importante quindi imparare a riconoscere quando siamo spaventati e cercare rassicurazione; quando siamo tristi e cercare consolazione; quando siamo arrabbiati e cercare protezione e aggiustamento delle cose. E così via per ogni emozione. L’emozione, “contattata appieno”, può allora essere modulata nella sua intensità e regolata nella sua espressione.
Chi tende a sguazzare nel dolore è importante che impari anche a mandarlo fuori di sé, ad attraversarlo per superarlo e lasciarselo per sempre alle spalle. Anche il dolore più intenso può essere lenito, anche la ferita più profonda può avvicendarsi con la possibilità di un futuro più luminoso.
Chi tende a bruciare di rabbia è bene che inizi a creare oltre che distruggere, ad accedere realmente ai propri bisogni insoddisfatti e impari a chiedere per essi in modo sano ed utile. Altrimenti resta solo il senso del conflitto e la sconfitta perenne che rinnova la frustrazione, la delusione, l’ingiustizia e il danno.
Ecco un esercizio di esplorazione per favorire la tua consapevolezza…
Pensa a situazioni attuali per te fonte di malessere, sofferenza, frustrazione, delusione.
Cerca di capire come tendi a reagire.
Individua i benefici e i limiti di questa tua modalità tipica…
E inizia a praticare anche le altre due …
E altre ancora…