Darsi una regolata

Quando da bambino ti raccontavano storie e favole cosa ti coinvolgeva maggiormente? Quando oggi leggi o ascolti una fiaba cosa ti appassiona? Quando sei immerso in un racconto cosa ti coinvolge solitamente? Ti capita di leggere i miti antichi e quale lezione ne trai?
Fiabe, favole, leggende, miti di tutto il mondo, con sfaccettature e forme diverse, contengono INSEGNAMENTI su come affrontare la vita, le piccole grandi sfide del quotidiano, i mostri e i cattivi, la morte e la malattia, le ingiustizie e i fallimenti. Come cercare la gioia e la felicità, la realizzazione e il “successo”. E quasi sempre gli INSEGNANTI più importanti sono i genitori. E chi per loro: nonni e zii, fratelli e amici, maestri e vecchi saggi, vicini e lontani, chiunque nella vita possiamo incontrare a rappresentare figure “genitoriali” con la loro autorità e autorevolezza, con amore e fermezza, a volte eccessiva severità e durezza. Figure fondamentali e fondanti la nostra identità e il nostro sentimento di sicurezza, la nostra autostima e il nostro modo di vivere, figure imponenti pronte a dirci cosa è sano, buono e giusto, in cosa dobbiamo credere, cosa dobbiamo fare, cosa ci deve ispirare e cosa va evitato in quanto illecito, proibito, peccaminoso, sconveniente. Brutto, sporco e cattivo.
I nostri genitori ci dovrebbero, dunque, aiutare anche ad apprendere la capacità di FRONTEGGIARE in modo efficace problemi, difficoltà ed esperienze traumatiche, le esperienze di paura, dolore, solitudine, i sentimenti di frustrazione e delusione che la vita ci presenta in misura più o meno massiccia e più o meno quotidianamente. La capacità di CERCARE RASSICURAZIONI e CONFORTO chiedendo aiuto agli altri e la capacità di autorassicurarsi e autoconfortarsi da sé quando quell’aiuto esterno non fosse disponibile.
Purtroppo, nel dispiegarsi concreto di ogni specifica storia di sviluppo individuale, non sempre le cose sono andate come avrebbero dovuto andare. I genitori non sempre sono stati quei genitori “buoni” (amorevoli, solleciti, rassicuranti, presenti, sintonizzati con le emozioni e i bisogni del figlio, di sostegno e guida) che avrebbero dovuto essere per rispondere ai bisogni del figlio in crescita. Il bambino, “ferito”, con siffatto genitore, non ha potuto o ha avuto molta difficoltà a sviluppare un’adeguata capacità di REGOLAZIONE EMOTIVA e COMPORTAMENTALE necessaria ad affrontare le sfide della vita. Da piccolo e da adulto.
Per capacità di regolazione delle emozioni e dei comportamenti qui intendo una serie di aspetti: capacità di individuare ed esprimere in modo adeguato emozioni e bisogni; capacità di modulare l’intensità delle emozioni per renderle sostenibili e governabili; capacità di controllare i propri impulsi; capacità di sapersi destreggiare nelle varie situazioni di vita con consapevolezza e responsabilità; capacità di fronteggiare lo stress e i conflitti senza esaurire le proprie risorse fisiche e psichiche; capacità di interpretare in modo adeguato e utile la realtà e le interazioni interpersonali; capacità di riconoscere il proprio contributo a ciò che ci accade; capacità di cogliere e rispettare la posizione soggettiva dell’altra persona coi suoi pensieri, le sue emozioni e i suoi bisogni; capacità di realizzare i propri obiettivi; capacità di persistere nel tentare di realizzare i propri valori; capacità di stare ed accettare anche le evenienze della realtà che sono distanti dai propri desideri.
Tanto più questo deficit di AUTOREGOLAZIONE è enorme tanto maggiore è il rischio di sviluppare una forma di psicopatologia più o meno dolorosa, grave e limitante.
Questa capacità di autoregolazione emotiva e comportamentale è un indicatore di funzionamento mentale ed interpersonale, è una delle capacità fondamentali che può essere fattore protettivo e preventivo rispetto allo sviluppo di forme più o meno gravi di sofferenza psicopatologica. È una delle capacità fondamentali che può essere appresa e sviluppata in terapia, anche per chi parte da condizioni estremamente svantaggiose e carenti da questo punto di vista.

3 pensieri riguardo “Darsi una regolata”

  1. Salve dott. Fusco.
    Seguo spesso il suo blog via mail e ho letto con interesse il suo articolo “darsi una regolata” e le chiedo: tra i tanti tipi di psicoterapia, c’è un approccio psicoterapico più indicato per adulti che si trovano in uno stato di sofferenza psicopatologica piu o meno grave dovuto proprio a un vissuto con genitori poco, o quasi per niente, “solleciti, rassicuranti, presenti, sintonizzati con le emozioni e i bisogni del figlio, di sostegno e guida”, oppure ogni approccio può andare bene e basta avere un bravo psicoterapeuta? Per casi del genere da lei descritti, fare anni di psicoanali, per esempio, può andar bene?
    Grazie per la divulgazione di temi e suggerimenti importanti che offre attraverso il blog.

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    1. Buongiorno Fabio, intanto grazie per il suo commento e per l’apprezzamento del blog. Le sue sono domande molto interessanti e che aprono diverse questioni, rispondo il più sinteticamente possibile. Ogni approccio può essere valido se trova sintonia con il terapeuta. È da valutare poi il grado di invalidità della sintomatologia rispetto alla gestione pratica del quotidiano, anche in relazione ad un eventuale trattamento farmacologico da integrare con quello psicoterapeutico. Anche la psicoanalisi non è una, ci sono diversi modelli che prevedono diverse impostazioni di lavoro.
      Un approccio terapeutico trasversale a tutti i modelli è l’EMDR che lavora sulle memorie traumatiche. In quest blog può trovare qualche post sull’EMDR.
      Il lavoro terapeutico può durare più o meno a lungo in base agli obiettivi iniziali e all’evoluzione in progress del trattamento.  Spero di esserle stato utile. Buone cose

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      1. Buongiorno dott. Fusco. La ringrazio per l’utile risposta.
        Direi che la relazione terapeuta paziente è un tema molto interessante e affascinate.
        Darò un’occhiata ai post sull’ EMDR nel suo blog.
        Grazie ancora.

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