Le persone, in genere, arrivano in terapia con uno stato di sofferenza di cui ignorano gran parte dei motivi. Possono individuare alcune fonti di stress che generano in loro tensione, ansia, malumore; possono conoscere le difficoltà che incontrano nella coppia, in famiglia, al lavoro o in altri ambiti di vita, ma di fatto, nello specifico, cosa li fa soffrire e perché resta qualcosa di oscuro e nebuloso.
Dopo uno o pochi incontri, è possibile rintracciare alcune “modalità ripetitive” attraverso cui la persona manifesta e alimenta la sua sofferenza. Ogni persona tende a funzionare in base a degli “schemi che si ripetono”, dei modelli di comportamento e di pensiero che tendono a riproporsi in ogni ambito di vita e nelle varie relazioni significative.
Questi schemi o “copioni” hanno la loro origine nell’infanzia e vengono “attivati da situazioni attuali” che la persona vive nei suoi contesti di vita, qualcosa che accade o qualcosa che la persona prova e pensa in relazione a qualcosa che è accaduto. Ad esempio, potrebbe essere un capo che urla, un partner freddo e distante, un amico particolarmente critico e giudicante, osservare interazioni che riguardano altre persone o anche eventi apparentemente neutri e insignificanti che, invece, nel profondo vanno a toccare le corde più sensibili della persona.
Questi “eventi attivanti” suscitano, in modo abbastanza automatico e inconsapevole, una serie di reazioni da parte della persona, a livello di “sensazioni fisiche” avvertite in una o più parti del corpo, a livello di “emozioni e stati d’animo”, a livello dei “pensieri” che la persona si ritrova a fare e a livello di “azioni concrete e specifiche” attraverso cui la persona risponde a quello stimolo attivatore.
La persona certe volte sembra “re-agire” come un bambino piccolo, indifeso, vulnerabile, addolorato, spaventato, passivo, remissivo; in altri momenti sembra guidata da una parte di sé che si comporta come un bambino viziato, impulsivo, arrabbiato, pretenzioso, sfrontato, indisciplinato e invadente. In altri casi, ancora, invece si attiva nella persona una modalità piuttosto critica e rimproverante che ricorda quella di un genitore avuto nell’infanzia; altre occasioni, invece, sono buone per far emergere modalità più tenere, protettive e accudenti tipiche di un genitore buono, amorevole, affettuoso.
Queste ed altre modalità di reazione da parte dell’individuo alla situazione attuale sono evidentemente in diversa misura e forma “tutte parimenti inadeguate” perché non rappresentano un modo utile per rispondere a quella situazione.
In generale, l’obiettivo di ogni percorso terapeutico è aiutare il paziente a costruire dentro di sé una parte “sana” o “adulta” in grado di agire in modo consapevole, responsabile e utile in quella specifica situazione. Ad esempio, se il capo urla devo capire bene per cosa sta urlando, se si riferisce a me o ad un mio comportamento o ad un’altra persona, se ha ragione, come posso rispondere in modo adeguato ed efficace, se devo invece riconoscere che le sue urla sono il suo modo problematico per risolvere i problemi e gestire i conflitti. Altro esempio: se il partner è freddo e distante, è improduttivo, per non dire controproducente, reagire da bambino viziato o offeso o vendicativo o altre modalità simili; diventa invece fondamentale “affrontare” la questione “da adulti” imparando a comunicare in modo intimo, non aggressivo, determinato e rispettoso al tempo stesso (anche se non ci si riesce immediatamente né sempre). È importante, ad esempio, invitare il partner a comprendere insieme cosa sta succedendo, quali sono le emozioni in gioco, le frustrazioni e le delusioni reciproche, se sono accaduti fatti recenti o se è “una storia” che va avanti da tempo (sperando che sia la propria storia e non quella con altri…). Altro esempio: se ci sentiamo particolarmente criticati e rimproverati da un amico, è fondamentale scoprire insieme i termini della questione; cosa ho fatto? Cosa fa arrabbiare il mio amico? È qualche sua sensibilità o effettivamente mi sono comportato in modo sleale, inaffidabile, l’ho tradito o l’ho deluso in qualche modo? Qual è il suo bisogno? E il mio? E che si può fare?
L’Adulto, “presente in modo potenziale in ciascuno di noi”, contrasta le modalità ripetitive disfunzionali del Bambino ferito e tende in qualche modo a “riscrivere nuove regole di pensiero e comportamento”, oltre le vecchie e rigide regole imparate nell’infanzia e portate avanti per una vita.
Chi si comporta da Adulto sa “comprendere e rispettare ciò che ognuno sta provando e pensando”, sa “riconoscere i bisogni degli interlocutori in gioco”, sa “trovare delle soluzioni” ai problemi e ai conflitti. Soluzioni “mai perfette”, in cui ciascuno deve “saper apprezzare e godere di ciò che ha ottenuto” e anche “saper accettare ciò che è frustrante e deludente”.
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