Ma quando guarisco?

Questa è una domanda frequente che mi fanno i pazienti, soprattutto quelli che, attraverso la psicoterapia e altri percorsi di crescita personale, hanno lavorato molto su di sé e, “pur avendo migliorato notevolmente la qualità della loro vita”, continuano a confrontarsi con la loro ferita primaria, col dolore antico di sentirsi non amati, rifiutati, abbandonati, non visti, non riconosciuti, non apprezzati, ma anche giudicati, rimproverati, invasi, “abusati” emotivamente se non fisicamente.

La persona ha lavorato tanto sulla sua ferita.

Eppure ogni tanto il dolore ritorna, la ferita riappare, vecchi schemi e situazioni sembrano ripresentarsi identiche a se stesse. Per cui la persona si chiede: ma quando finirà tutto questo? Quando guarisce la ferita? Quando guarirò?

La persona, allora, si risponde in modo utile quando “impara veramente a valorizzare i suddetti cambiamenti che ha realizzato” a livello di: comportamenti più efficaci e sani; pensieri più chiari e lucidi; emozioni più regolate e meno distruttive; relazioni più appaganti; maggiore capacità di fare scelte in modo consapevole, centrato e responsabile. In definitiva, “la ferita è qualche cosa che ritorna, a volte ritorna, anche se sempre meno frequentemente, sempre meno invadente, sempre più agevole da governare” per la persona che è cresciuta e conosce meglio se stessa e i propri meccanismi interni e interpersonali. Di fatto, la ferità è qualcosa che ci appartiene, è la nostra sensibilità personale, è la nostra reattività che ci caratterizza, ce la portiamo con noi da sempre, da quando da piccoli abbiamo imparato a stare al mondo. In qualche modo, è la nostra identità, un pezzo importante del nostro senso di identità, di chi siamo e sentiamo di essere. È difficile rinunciarci definitivamente. Sarebbe come privarci di un pezzo del nostro corpo. Di fatto, è parte integrante del nostro modo di essere; abbandonarla completante, in modo controintuitivo, potrebbe destabilizzarci, farci smarrire, farci sentire persi. Se non sono più quello che sono sempre stato chi sono allora? Sarebbe uno stravolgimento troppo estremo della visione di sé, della vita, del mondo, degli altri. Un nostro bisogno fondamentale sappiamo essere quello di controllo, prevedibilità e coerenza interiore.

Il cambiamento terapeutico e di sviluppo personale, allora, si sostanzia nella:

  • riduzione della sofferenza legata alla ferita
  • riduzione della frequenza e dell’intensità con cui si riattiva la ferita
  • capacità di padroneggiare in modo più efficace le emozioni connesse al dolore antico
  • capacità di “riconoscersi identici a se stessi pur avendo fatto tanti cambiamenti”.

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