Già Freud credeva che le capacità di amare e di lavorare fossero indicatori di salute e benessere e considerava il loro raggiungimento come obiettivo generale e trasversale ad ogni percorso terapeutico.
La capacità di amare riguarda tanti aspetti dell’incontro con l’altra persona che permettono la costruzione di una “vita piena d’amore”.
- È la capacità di accettare se stessi e gli altri nella complessità e contraddittorietà di esseri umani, coi pregi e i difetti, ciascuno con la personalissima prospettiva soggettiva: il proprio modo di essere, di pensare, di agire, di sentire, di entrare in relazione.
- È la capacità di accettare la propria limitatezza. Noi viviamo una vita “unica”, nel senso che “si vive una sola volta”, una vita che è il risultato di un progressivo susseguirsi di scelte, più o meno consapevoli, che nel tempo ci hanno portato ad essere quello che siamo oggi. A partire dal più banale e fondamentale degli esempi: se siamo uomini non siamo donne… fino al riconoscimento che tutto ciò che oggi abbiamo e siamo è stato da noi creato.
- È la capacità di accettare le proprie limitazioni. Il nostro “sé reale” (chi siamo, chi ci sentiamo, chi ci crediamo di essere, cosa abbiamo realizzato nella vita) non sarà mai perfettamente corrispondente al nostro “sé ideale” (come vorremmo essere o avremmo voluto essere).
- È la capacità di accettare frustrazioni, delusioni e disillusioni inevitabili, intrinseche, costitutive delle relazioni. L’altro e la realtà esterna, in generale, non saranno mai perfettamente rispondenti alle nostre necessità, mai perfettamente corrispondenti a come noi vorremo che fossero.
- È la capacità di non aver paura della propria intimità, di guardarsi dentro e accettare tutto ciò che si incontra, sia gli aspetti piacevoli e amorevoli, sia quelli sgradevoli e aggressivi di noi stessi.
- È la capacità di non aver paura di aprirsi e affidarsi all’altro, sentendosi quindi accolto, legittimato, non giudicato né rifiutato. Per condividere il proprio mondo interno (pensieri, paure, bisogni, desideri, angosce, parti sane e meno sane) e conoscere quello dell’altro, con la consapevolezza e la tranquillità che ciò non distruggerà il rapporto, ma anzi potrà essere un ponte che unisce e sostiene.
- È la capacità di provare compassione per sé e per gli altri, per ogni unica storia e situazione di vita.
- La capacità di dipendere in modo maturo, la capacità di legarsi, di creare attaccamenti intimi e di individuarsi all’interno di questi legami, separarsi e restare uniti, connessi, in relazioni nutrienti in cui sono chiari i confini dell’identità, dell’autonomia personale. Far esistere lo spazio della relazione e lasciare esistere anche lo spazio della realizzazione individuale: dalla dipendenza all’indipendenza verso l’interdipendenza matura della capacità di dipendere dall’altro e, al tempo stesso, di essere autonomo e indipendente. All’inizio della nostra vita, come all’inizio di ogni storia, abbiamo bisogno dell’altro che ci rispecchi e ci convalidi nella nostra esperienza soggettiva, in seguito interiorizziamo questo altro rispecchiante e convalidante, lo mettiamo dentro di noi, fino alla capacità di cercarlo negli altri reali e saperne fare a meno al tempo stesso. Il bisogno di dipendenza è naturale, sano; il modo di soddisfarlo può essere più o meno adeguato.
- È la capacità di perdonare se stessi e gli altri per quello che siamo e abbiamo fatto.
La capacità di lavorare:
- È la capacità di esprimere la propria creatività per risolvere problemi e raggiungere obiettivi, senza indugiare eccessivamente in lamentele sterili.
- È la capacità di andare oltre la propria onnipotenza, di assumersi la responsabilità di accettare ciò che non può essere cambiato e di affrontare ciò che può essere modificato: dall’impotenza fatta di rabbia o senso di fallimento auto-svalutante alla consapevolezza del proprio grado di potere e responsabilità di intervenire su di sé e la propria vita.
- È la capacità di creare “attivamente” dall’interno, dal proprio modo unico ed originale di essere al mondo piuttosto che subire e ingerire “passivamente” dall’esterno o aderire alle pretese, alle manovre e alle manipolazioni degli altri.
- È la capacità di impegnarsi con costanza, perseveranza e autodisciplina nella realizzazione di progetti di valore per sé.
- È la capacità di “produrre” con fatica e divertimento al tempo stesso in modo da trarre soddisfazione dalla propria opera, di qualsiasi tipo essa sia: dalla costruzione di un muro alla scrittura di un libro, dal fare una torta al crescere dei figli, dal dirigere un’azienda al raccogliere ortaggi, dal tenere una conferenza al migliorare il proprio record nella prestazione sportiva preferita.
La psicoterapia aiuta la persona a sviluppare la propria capacità di amare e lavorare. Ciò può portare ad eliminare sintomi e malesseri, ma anche a confrontarsi con il dolore e l’angoscia che la vita può presentare. L’idea che guida il lavoro su di sé non è quella di una felicità astratta basata sull’eliminazione di ogni sofferenza; piuttosto si persegue lo scopo di una piena consapevolezza che rende possibile fare scelte responsabili che permettono di amare con gioia e lavorare con passione.