Scenari relazionali primari e sofferenza adulta. Un nuovo inizio è possibile

La sofferenza emotiva, i comportamenti problematici, i sintomi psicologici e i malesseri psicosomatici hanno un senso; sono motivati da bisogni, scopi e desideri, più o meno consapevoli, per la persona e sorretti da credenze e convinzioni disfunzionali che li mantengono e che alimentano scambi dolorosi di natura interpersonale. Sono veri e propri circoli viziosi che finiscono per confermare le convinzioni negative e mantenere la condotta fonte di sofferenza come l’unica alternativa che il soggetto sembra avere per realizzare i suoi scopi e soddisfare i suoi bisogni.
Quando i bisogni fondamentali dell’essere umano non vengono soddisfatti o è presente un certo grado di distorsione o carenza nel processo di soddisfazione, allora possono risultare esiti alquanto differenti tra loro, anche se accomunati dallo sviluppo precoce e dal consolidamento successivo di condotte problematiche e sofferenza emotiva.

Quando il genitore non fornisce un adeguato accudimento il bambino non si sente amato e desiderato e potrà avere difficoltà a creare relazioni affettive.

Quando il genitore non fornisce un’adeguata protezione dai pericoli il bambino si spaventa e non si sente al sicuro, probabilmente svilupperà sentimenti di insicurezza e tenderà ad essere ansioso con un forte bisogno di controllo e con un deficit più o meno ampio nelle sue capacità di autonomia e di cavarsela nel mondo.

Quando il genitore fornisce una protezione a singhiozzo, in modo imprevedibile, il bambino proverà potenti sentimenti di instabilità e precarietà, non saprà mai come comportarsi e tenderà a mantenere una vicinanza ai genitori e agli altri in futuro come modalità per gestire l’imprevedibilità della presenza. Sarà ansioso, dipendente, adesivo, compiacente e mai sicuro di sé. Tenderà ad essere possessivo, a controllare gli altri per paura di perderli o di essere tradito e ingannato.

Quando il genitore è eccessivamente protettivo il bambino potrà sentirsi soffocato e tendere a sviluppare un’autonomia compulsiva di compensazione che in futuro gli renderà difficile riconoscere quando avrà bisogno di aiuto e non saprà chiederlo. Più frequentemente, invece, un genitore iperprotettivo genera un figlio insicuro, indeciso, dipendente, con bassa autostima e scarse abilità sociali. In alcuni casi, l’eccessiva e ingombrante, da sempre, presenza dei genitori nella gestione di ogni aspetto pratico ed emotivo dei figli, genera persone non in grado di riconoscersi con un’identità separata e distinta, persone che hanno enormi difficoltà a sentire e riconoscere i propri più intimi e personali desideri, difficoltà a prendere decisioni, ad essere “individui autonomi”.

Quando un genitore non ha uno sguardo attento sul figlio, non gli fornisce una giusta misura di attenzione, considerazione e affetto, quando non interagisce con il figlio in modo sintonizzato ed empatico, quando è un genitore malato e bisognoso, il bambino si sentirà non visto, non riconosciuto nella sua individualità, non apprezzato per le sue qualità uniche e irripetibili. Probabilmente svilupperà sentimenti di rifiuto e di non valere, di non essere degno di amore, affetto e stima, il terreno fertile per angosce che si porterà per tutta la vita è che delineeranno la sua sofferenza futura. Si sentirà “estremamente bisognoso” e percorrerà varie strade, quasi sempre disfunzionali e mai realmente appaganti, per colmare il suo vuoto d’affetto e considerazione. Altre volte, quel figlio, per ottenere un briciolo di amore e approvazione, “condizionati”, avrà imparato a prendersi cura del proprio genitore “accentratore e focalizzato su di sé” e da adulto tenderà a prendersi cura degli altri con atteggiamenti di compiacenza, sottomissione, abnegazione, estremo sacrificio.

Quando un genitore è violento, fino all’abuso fisico, il figlio crescerà senza alcuna fiducia in sé, negli altri, nel futuro, con profondi sentimenti di umiliazione, colpa e autosvalutazione, accanto ad una sospettosità e diffidenza generalizzate verso le persone e le situazioni.

Quando un genitore è eccessivamente critico, giudicante, pieno di rimproveri, spietatamente severo, pieno di richieste di prestazioni perfette (e quindi per definizione impossibili), continuamente pronto a mettere all’angolo il figlio per presunti errori e colpe, questo figlio crescerà pieno di insicurezze e con profondi sentimenti di umiliazione, colpa, vergogna, inadeguatezza, inferiorità. Diventerà a sua volta estremamente critico con se stesso e porterà addosso per tutta la vita la sensazione profonda di “essere sbagliato come persona”.

Quando un genitore è stato freddo, distaccato, assente fisicamente e/o emotivamente, affatto interessato ad essere genitore, poco incline alla comunicazione intima ed empatica, con se stesso prima che coi figli, addirittura anche poco incline a rapporti sociali fuori dalla famiglia, il bambino crescerà parimenti alienato da se stesso e dagli altri, con enormi difficoltà ad avere dimestichezza col proprio mondo interiore e conseguentemente anche con la realtà e con gli altri. Non saprà riconoscere i propri pensieri, bisogni e desideri e non riuscirà a governare in modo efficace i rapporti col mondo esterno, fino agli estremi dell’isolamento interpersonale e della chiusura in se stesso.

Quando un genitore è stato austero, inibito, rigidamente formale e compassato, totalmente concentrato sulla razionalità e l’efficienza e poco o nulla avvezzo al gioco e alla spontaneità, il figlio crescerà inibito e represso, controllato e contenuto oltre ogni ragionevole misura, incapace di esprimersi liberamente per paura di essere giudicato riprovevole e fuori controllo, incapace di esprimere il proprio talento e anche la propria fragilità, il tutto soffocato sull’altare di cosa deve essere “psicologicamente e socialmente corretto, giusto, adeguato”.

Quando un genitore è stato troppo permissivo concedendo al figlio ogni possibile gratificazione ed esentandolo quindi da ogni frustrazione ed ostacolo sano e naturale, il figlio cresciuto sarà abituato ad avere “tutto e subito” ed avrà molta difficoltà a stare nelle regole del vivere sociale, avrà molta difficoltà a darsi delle regole di espressione di sé e dei propri impulsi, tenderà a manipolare gli altri con pretese ed inganni, incapace di riconoscere l’individualita altrui (bisogni, desideri, punto di vista). Incapace di assumersi la responsabilità adulta di cercare di ottenere ciò che si desidera e anche di accettare una quota di frustrazione, delusione, impotenza, limite.

Quando…

Quando…

In terapia, si ritorna a quel lì-e-allora da cui ha cominciato a svilupparsi la personalità. Si entra in contatto con quelle ferite dolorose, tuttora vive e lancinanti, per curarle. Senza indugiare in una colpevolizzazione dei genitori, che resterebbe sterile e poco utile nella realtà concreta (i genitori sono stati a loro volta bambini feriti, potrebbero non avere alcuna capacità o forza per mettersi in discussione, potrebbero essere addirittura morti o assenti e comunque il cambiamento profondo ed efficace avviene all’interno di sé), la persona viene aiutata ad elaborare un nuovo senso delle cose, per “concedersi un nuovo inizio”, la possibilità di vivere veramente nell’amore incondizionato, nell’assenza di giudizio, nella libera espressione di sé, nello sviluppo delle proprie potenzialità. Sempre all’interno di un adeguato esame di realtà che prevede di assumersi la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni, la persona forse per la prima volta, impara a prendersi cura di sé, a rispettare e valorizzare se stessa, le proprie inclinazioni naturali e autentiche, la propria essenza nucleare, che permetterà anche un incontro con l’altro e con la vita più libero, vitale, creativo.

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