Passiamo una vita a misurare e a misurarci. A confrontarci con gli altri e con noi stessi. Da bambini, da adolescenti e da adulti, ogni età ha le sue misure di riferimento importanti. In famiglia, come a scuola o al lavoro. Nelle caratteristiche fisiche o di personalità siamo continuamente a misurare il nostro valore in base alle nostre “dimensioni”: abbiamo qualcosa di più o di meno rispetto agli altri o a come vorremmo essere o a come dovremmo essere. Fin da molto piccoli crediamo e verifichiamo nella realtà che avere di più o di meno, in questo o quell’aspetto, fa o può fare la differenza in molti campi e circostanze in cui risultano “vincenti” certe caratteristiche: intelligenza, bellezza, simpatia, sensibilità, ma anche soldi, furbizia, faccia tosta, coraggio, per non dire di altezza, lunghezza e durata… Impariamo molto presto che la competitività, la ricerca dell’eccellenza e del meglio di sé, fino ad un certo punto, sono valori importanti che stimolano una sana ambizione, la crescita e il superamento continuo dei limiti, il migliorare se stessi e il crescere insieme agli altri. È importante coltivare i propri talenti e sfidare l’autodisciplina per migliorarsi giorno per giorno. Purtroppo, a volte o spesso, si supera la misura della misurazione: l’ambizione diventa sfrenata ricerca della vittoria a tutti i costi, la competizione orienta il comportamento fino al punto di perseguire il successo a colpi bassi, senza confine morale, o a colpi di Aulin o di coca.
Il superamento dell’altro e di se stessi rischia di farci cadere da altezze elevate senza poterci più rialzare. Diventa, allora, importante imparare a costruire la propria vita su misura, la propria normalità, la propria norma. Tra competizione sana e rispetto dell’altro, tra ricerca ambiziosa di nuovi traguardi e riconoscimento dei limiti. Imparando a ritagliarsi addosso la propria vita come un vestito su misura, una vita in cui otteniamo risultati eccellenti in certi campi e siamo scarsi in altri, in cui brilliamo per certe caratteristiche e dobbiamo sottostare a nostre carenze più che strutturali. Dove il riconoscimento del proprio limite è il primo passaggio necessario per ampliare le proprie possibilità di creare una vita su misura… e felice.
Questo è un tema che prima o poi tutti incontrano in terapia. Seguendo l’ispirazione delle Sliding doors, è palese che la nostra vita avrebbe potuto essere in infiniti modi diversi e che in diversi momenti cruciali abbiamo fatto scelte, più o meno consapevoli o casuali (anche se l’inconscio non conosce il caso), che ci hanno portato ad essere oggi quello che siamo e a vivere la nostra vita per come ce la siamo creata fin qui. Ciascuno di noi quindi fa i conti quotidianamente con libertà, potere e responsabilità di creare la vita che vuole (oggi è il primo giorno del resto della nostra vita) e anche con vincoli, condizionamenti, zone di comfort, abitudini radicate, copioni già scritti o, come lo chiama qualcuno, con il destino. Doveva andare così… era scritto … Cosa accadrà domani? Conosci il tuo destino oggi? La terapia aiuta la persona a barcamenarsi tra onnipotenza e impotenza, tra l’ideale di poter costruire la vita orientati dai propri sogni e la necessità di confrontarsi con ciò che non si può. Su questo sottile confine è possibile costruire la propria “normalità felice”.
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