“Sei cattivo! Non sei capace! Sei stupido! Gli altri sono migliori di te! Che figuraccia! Non hai fatto ciò che dovevi fare! Hai fatto solo il tuo dovere! Sono deluso da te! Non è abbastanza! Se fai il cattivo mamma è triste! Sei sbagliato! Potevi fare di più! Non sei come dovresti essere! Quello che hai fatto mi fa stare male! Se urli papà si arrabbia! Non sei all’altezza!”
Queste sono solo alcune frasi che abbiamo sentito pronunciare dai nostri genitori ed educatori e/o abbiamo letto nel loro sguardo giudicante, critico, rimproverante, rifiutante.
Queste parole veicolano giudizi su come dovremmo essere e non siamo!!!
Sentite sistematicamente, fin dai primi anni di vita, quando la mente è una spugna che assorbe la “verità” presentata dalle nostre figure di riferimento, soprattutto se accompagnate da toni emotivi “drammatici” e “assolutistici”, queste parole affossano l’autostima generando sentimenti di insicurezza e avidità d’approvazione. Il bambino ha un bisogno assoluto di sentirsi “nelle grazie” di chi deve amarlo e proteggerlo.
Gradualmente, nel corso degli anni, queste parole riecheggiano nella mente sempre più frequentemente e in modo strutturato sotto forma di regole rigide su cosa dobbiamo e non dobbiamo essere… per andare bene ai grandi, per sentirci amati e stimati. Si crea così nella nostra mente un GIUDICE INTERNO capace di elargire approvazione o dissenso in relazione a quello che facciamo, pensiamo e sentiamo.
Spesso questo giudice interno è severo, spietato, cinico, duro, intransigente, perfino persecutorio.
IL GIUDICE INTERNO SEVERO, ESIGENTE, PUNITIVO, IL GENITORE “CATTIVO”:
• pone obiettivi irrealistici e fa richieste al limite del possibile
• instilla aspettative eccessive sul comportamento giusto e sbagliato, buono e cattivo
• non è mai soddisfatto (non è mai abbastanza, manca sempre qualcosa)
• manda messaggi d’incompetenza, inutilità, scarso valore
• sminuisce sistematicamente, e a prescindere, nel confronto con gli altri
• manda messaggi confusivi su come dover essere
• ricorda i fallimenti e scorda i successi
• svaluta sempre e non gratifica mai
• usa generalizzazioni e non considera la specificità
• sottolinea e ingigantisce i difetti
• attribuisce alla persona la colpa degli insuccessi
• attribuisce alla fortuna la causa delle cose che vanno bene (che sono sempre poche)
Gli IMPERATIVI CATEGORICI del giudice interno sono:
• devi essere perfetto… oltre ogni limite
• devi essere la persona (l’uomo, la donna) che piace a me… anche se non piaci a te
• devi sforzarti… e sforzarti di sforzarti… per raggiungere…
• devi essere forte… ogni segno di debolezza è severamente vietato
• devi sbrigarti… sempre e comunque… chi va piano è difettoso ed insano
• devi lavorare sodo… anche se scoppi
• non devi mollare mai… anche quando hai finito
• devi fare subito ciò che ti chiedo
• devi sempre … e non basta comunque
Spesso gli imperativi categorici del giudice interno funzionano da vere e proprie missioni impossibili o richieste di onnipotenza che in quanto tali hanno scarso rapporto con la realtà.
In terapia, si lavora sull’obiettivo di “emancipazione” dal genitore interno:
• imparare a dare risposte diverse ai diktat interiori
• imparare a creare le proprie regole a guida del proprio agire
• rimodellare e riscrivere i messaggi e le indicazioni che arrivano dall’interno sul modo migliore di pensare, sentire, agire e vivere la vita
• creare un genitore interno “buono” che sa essere guida autorevole ed empatica, che sa sostenerci nell’esprimere la nostra unicità autentica e, contemporaneamente, aiutarci a stare in contatto con la realtà e con gli altri.
IL GENITORE INTERNO AMOREVOLE E SAGGIO, IL GENITORE “BUONO” CHE SOSTIENE L’AUTOSTIMA:
• ci insegna a individuare il nostro prossimo obiettivo di crescita a partire da quello che non sappiamo ancora fare
• ci ricorda che fare errori è parte integrante e naturale dell’apprendere
• quando non capiamo ci fornisce sostegno e guida invece che una punizione
• sa che l’incompetenza non è generalizzata ma prevede aree su cui migliorare e abbiamo sempre margini di miglioramento
• non giudica la persona, valuta la prestazione
• sa che i nostri limiti non riguardano il valore di noi come persona
• ci aiuta a definire in maniera precisa cosa vogliamo, cosa significa per noi successo e benessere
• fissa mete realistiche e motivanti, senza per questo ingaggiarci in sfide impossibili
• aumenta gradualmente le difficoltà
• stabilisce compiti adeguati per arrivare alla meta
• aiuta ad affrontarli gradualmente
• nota, sottolinea e gratifica per i risultati positivi
• è comprensivo senza essere indulgente
Il lavoro di emancipazione dal genitore interno dura tutta la vita in un cammino progressivo verso la riscrittura delle norme e delle forme del nostro stare al mondo…
4 pensieri riguardo “Autostima e giudice interiore ”