Figli della propria famiglia, tra lecito e proibito 

La famiglia definisce ciò che è buono e ciò che è cattivo, il valore e il disvalore, ciò che è lecito e ciò che è inaccettabile, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, premiato o punito, definendo e determinando il mondo interno della persona che vi appartiene. Ad esempio, a parità di comportamento, in una famiglia si è cocciuti, in un’altra si è fermi di carattere; creativi o perditempo, esuberanti o disturbanti, teneri o ambigui, ecc.. Per alcune persone, cresciute in uno specifico contesto familiare e culturale, “è sbagliato” chiedere, soddisfare i propri bisogni, manifestare affetto, ecc.. Per altri “non si deve” parlare ad alta voce, esprimere le proprie emozioni, mostrare le propria fragilità, ecc.. Per alcuni un certo comportamento o atteggiamento è un pregio e un valore da coltivare, per altri lo stesso comportamento è un difetto da nascondere o un sintomo di perversione.

Ogni famiglia è portatrice/creatrice di norme e di forme ovvero definisce il modo in cui una persona e una famiglia “devono” funzionare e che direzione dare alla vita e alle relazioni. E questo è un processo normale e ineliminabile, fa parte del processo di socializzazione, della trasmissione di cultura e tradizione e del più generale processo di educazione e sostegno allo sviluppo della personalità dei singoli appartenenti a quel gruppo familiare.

I problemi nascono quando queste norme e queste forme “non guardano” gli individui, sono rigidamente imposte e trasmesse ai membri della famiglia senza tener conto delle specificità dei singoli, senza guardarne i bisogni, senza ascoltare la voce delle diverse posizioni soggettive che compongono lo stesso gruppo familiare. Allora in ogni famiglia alcuni sentimenti sono leciti, altri sono da bandire, alcuni pensieri si possono avere, altri sono negativi, certi comportamenti sono consentiti, altri sono assolutamente censurati. Molte volte l’adulto deve “acquisire” il permesso (“non ricevuto” da bambino) di pensare, di sentire e di agire in maniera autentica e di esprimere i sentimenti in precedenza nascosti per timore del giudizio e della punizione.

Come cresce una persona all’interno della sua famiglia? La crescita è un processo di adattamento alla realtà cui apparteniamo, necessario alla sopravvivenza e alla salute. Ognuno compie questo percorso nel modo migliore che gli è concesso, facendo le migliori scelte possibili in quel contesto, tra costrizioni e libertà, permessi e divieti, sicurezza-protezione e rischio della solitudine.

Da piccoli siamo vulnerabili e dipendenti, incapaci di sopravvivere senza le figure adulte di riferimento. C’è il bisogno di nutrimento e il bisogno di essere visto, stimolato, riconosciuto. Per vivere il bambino ha bisogno di “carezze” ovvero di affetto, amore, approvazione, stima, riconoscimento (Tu esisti), dello specchio dell’altro, mai dell’indifferenza (Tu non esisti). Quando siamo piccoli, i grandi ci appaiono e realmente sono la fonte della nostra soddisfazione o frustrazione, felicità e infelicità. Hanno un potere straordinario. Dobbiamo rendere il mondo comprensibile e prevedibile, in qualche modo controllabile e tranquillizzante e dobbiamo trovare una strategia di sopravvivenza per soddisfare i nostri bisogni e desideri. È importante acquisire alcune certezze e chiarezza su chi siamo, chi sono gli altri, come vanno le cose, come funzionano le relazioni, cosa succede come conseguenza di un certo comportamento. La prevedibilità è rassicurante, l’incertezza mette paura.  Il bambino “piccolo” di fronte agli adulti “grandi” (genitori, nonni, insegnanti, ecc.) ha bisogno di piacere loro per essere amato, stimato e protetto. Impara presto quali sono le cose che riscuotono successo e approvazione in chi si prende cura di lui e comincia a regolare il suo comportamento di conseguenza, in base alle richieste esplicite o implicite che avverte nei grandi che lo possono proteggere.

Il “contenitore del proibito” comincia a riempirsi man mano che il bambino si adegua ai messaggi diretti o indiretti, chiari o ambigui che le sue figure significative gli mandano su ciò che è buono e ciò che è disapprovato, proibito o permesso, gratificato o punito, ciò che è consentito o vietato.

“Dietro ogni malattia c’è il DIVIETO di fare qualcosa che desideriamo oppure l’ordine (OBBLIGO) di fare qualcosa che non desideriamo. Ogni cura esige la disobbedienza a questo divieto o a quest’ordine. E per disobbedire è necessario abbandonare la paura infantile di non essere amati; vale a dire di essere abbandonati. Questa paura provoca una mancanza di coscienza: non ci si rende conto di quello che si è davvero, cercando di essere quello che gli altri si aspettano che noi siamo. Se si persiste in questa attitudine, si trasforma la propria bellezza interiore in malattia. La salute si trova solo nell’autentico, non c’è bellezza senza autenticità, ma per arrivare a quello che siamo davvero dobbiamo eliminare quello che non siamo. Essere quello che si è: questa è la felicità più grande” ( Alejandro Jodorowsky).

La terapia è un modo per rovistare in quel contenitore e recuperare ciò che ci rende più vitali e allineati alla nostra natura. Per imparare da adulti ad assumersi la responsabilità di cosa portare in soffitta o in cantina e cosa invece mantenere a disposizione del proprio vivere quotidiano. 

3 pensieri riguardo “Figli della propria famiglia, tra lecito e proibito ”

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