Il richiamo depressivo 

La depressione, anche nei momenti di maggiore disperazione e autodistruzione, è una richiesta d’aiuto. La depressione è un dolore psichico che sembra non conoscere lenimento, ma anche un invito, un richiamo alla ricerca di questo lenimento, del contenimento e della cura.

Se è vero che in ogni malessere depressivo è possibile rintracciare vissuti di perdita, fallimento, indegnità, vuoto, è anche vero che l’intreccio di pensieri e sentimenti è sempre molto complesso e articolato: tristezza per ciò che manca, è perduto; rabbia quando è presente l’idea di aver subito un danno ingiusto; senso di colpa quando ci si ritiene in gran parte i primi responsabili del proprio “destino” e del proprio dolore; spesso vergogna per le condizioni di ritiro sociale; autosvalutazione se assediati dalla paura del giudizio degli altri: smarrimento di fronte ad una situazione di degrado affettivo ed esistenziale; perdita di senso, di significato e direzione della vita; angoscia e vuoto.

Spesso, di fronte al mistero di un malessere che sembra inspiegabile, il depresso va alla ricerca di un senso che non sembra facile da rintracciare o di un colpevole di una colpa difficile da definire. Questa ricerca esprime un bisogno di spiegazione prima e di cura poi, ma tale bisogno resta quasi sempre insoddisfatto.

Un approccio utile nella comprensione e nella cura dell’esperienza depressiva richiede l’attenzione a due dimensioni fondamentali che possono rendere ragione della traiettoria unica di ogni malessere depressivo:

1.      Motivi attuali, contingenti, scatenanti legati a vissuti di perdita, fallimento, autosvalutazione e colpa. Alcuni accadimenti esterni particolarmente critici e stressanti (problemi lavorativi, crisi di coppia, lutti, delusioni nei rapporti, progetti non andati a buon fine, riduzione di efficienza percepita in diversi ambiti di vita, ecc.) possono portare la persona a confrontarsi con sentimenti dolorosi e angoscianti, con situazioni fonte di tristezza e rabbia, autosvalutazione e sensi di colpa, smarrimento e blocco.

2.     Assetto interno storicamente determinato (schemi/filtri di pensiero, conflitti emotivi irrisolti, bisogni relazionali mai appagati, ferite laceranti, senso di vuoto, angosce di abbandono e perdita d’amore). Il momento critico attuale, fonte dei suddetti svariati sentimenti dolorosi, funziona come detonatore di una situazione esplosiva personale di “carattere depressivo” in precedenza nascosta o latente. Le difficoltà attuali fanno emergere i vissuti depressivi in tutta la loro potenza: difficoltà ad affrontare la realtà quotidiana, aridità affettiva, ritiro dai rapporti interpersonali, difficoltà a svolgere le normali mansioni quotidiane, perdita di senso della vita fino a ideazione suicidaria o addirittura tentativi di togliersi la vita, ecc..

Il lavoro terapeutico deve portare il paziente a mantenere sempre attenzione e cura su alcuni aspetti fondamentali:

1.      cogliere ed elaborare il rapporto tra crisi attuale e visione del mondo preesistente

2.     curare la ferita antica: il dolore, il vuoto, il senso d’abbandono, l’essere dominati da un dover essere mai raggiunto e mai raggiungibile

3.     portare avanti una quotidianità “normale”, un adeguato rapporto con la realtà in relazione ai propri bisogni e ai contesti della propria vita

4.    sviluppare un progetto di vita che integri la propria storia e la propria personalità con nuove possibilità di realizzazione e attribuzione di senso.

Più che ogni altro quadro psicopatologico, psicologico ed esistenziale, la cura dell’esperienza depressiva richiede veramente di scendere all’inferno per uscirne rinnovati…

“La depressione è una signora vestita di nero che bisogna far sedere alla propria tavola ed ascoltare” (Carl Gustav Jung)

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