Esistono diverse forme di depressione: depressione reattiva ad uno stress di vita (lutto, perdita, fallimento, cambiamenti, separazioni, ecc.) o depressione di natura endogena, indipendente da accadimenti esterni; depressione transitoria o cronica; depressione unipolare o bipolare a seconda se il quadro depressivo con abbattimento dell’umore, “stare sotto un treno”, pensieri negativi, apatia nel comportamento, chiusura interpersonale si alterni o meno con un quadro di tipo maniacale, con pensieri, comportamenti, umore e gestione delle relazioni completamente eccitati, esaltati, accelerati, “sopra le righe”.
Esistono diversi modelli che offrono una spiegazione delle forme e delle cause della depressione. Ogni approccio o scuola fornisce un proprio inquadramento del funzionamento depressivo (modelli psichiatrico, biologico, psicoanalitico, cognitivista, umanista, sistemico, interpersonale, socioculturale, ecc.).
Esistono conseguentemente diverse possibilità e modalità d’intervento, di tipo biologico-farmacologico e psicologico sociale, alcune orientate sul polo del sostegno alla persona depressa e di riduzione del danno, altre sul polo della cura trasformativa ed evolutiva.
Al di là dell’etichetta diagnostica e delle manifestazioni sintomatologiche, al di là di come la depressione viene spiegata e compresa, al di là delle diverse forme di trattamento, esiste comunque l’esperienza depressiva: il vissuto depressivo, i sentimenti depressivi che la persona porta con sé in terapia come espressione di una sofferenza e di una richiesta d’aiuto.
In terapia si guarda la persona prima che la malattia e, purtuttavia, è possibile individuare, senza pretesa di esaustività, alcuni punti essenziali comuni ad ogni esperienza depressiva:
sensazione di impotenza, incapacità, colpa, indegnità rispetto al dover raggiungere standard elevati sia di origine sociale (potere, successo, eccellenza, dominio, autoaffermazione) sia di origine interna (ideale dell’Io elevatissimo, perfezionista, persecutorio); “non sei all’altezza di come dovresti essere”; “non hai fatto quello che avresti dovuto fare” queste sono solo alcune delle frasi che rimbombano nella mente del depresso
difficoltà a confrontarsi ed accettare “l’imperfezione” della vita, di sé, degli altri. La vita quotidiana, i rapporti interpersonali, ma anche il rapporto con se stessi ci chiedono di confrontarci continuamente con l’esperienza della delusione (noi, gli altri, le cose non sempre sono proprio come vorremmo), della perdita (prima o poi la vita ci toglie qualcosa di importante, persone care, ma anche progetti personali), della separazione (la vita è una serie di distacchi che dobbiamo saper superare nella nostra crescita), del fallimento (non sempre riusciamo ad ottenere ciò che vogliamo), del limite (ad un certo punto ci dobbiamo fermare di fronte a qualcosa più grande o più forte di noi), della sconfitta (non sempre si arriva primi e spesso si sta molto indietro), rinuncia (ogni scelta ha un prezzo da pagare)
difficoltà ad accettare la natura ambivalente e conflittuale di sé, della vita, degli altri. La vita è “bella” e la vita è anche “brutta”. Come direbbe un bambino. Le persone sono “buone” e sono anche “cattive”. Come direbbe un bambino. Siamo capaci dei sentimenti più sublimi di amore e generosità e anche degli impulsi più bestiali, violenti, distruttivi. Dentro ciascuno di noi, nell’essere umano, esistono l’amore e l’odio, le parti dolci e quelle aggressive. Chi non riesce a riconoscere, accettare e integrare dentro di sé e nel dispiegarsi della vita questa natura umana finisce per essere preda di continui sentimenti depressivi di vuoto, disperazione e impotenza.
Il cuore del vissuto depressivo è proprio il risultato della difficoltà ad accettare l’imperfezione (superando l’onnipotenza infantile che perdura in ciascun adulto) e ad integrare l’ambivalenza dei sentimenti che albergano in noi.
Come per l’ansia, la depressione esiste come sofferenza soggettiva unica e irripetibile della specifica persona con la sua individualità e la sua storia. I sentimenti depressivi sono un’esperienza soggettiva universale e assumono una forma e un’intensità più o meno distruttive a seconda di come la persona riesce a padroneggiare conflitti, frustrazioni, delusioni, perdite, angosce che la vita presenta, sia nel dispiegarsi quotidiano sia come dimensioni inevitabili dell’esistenza con cui quindi tutti dobbiamo fare i conti.
La psicoterapia della depressione cerca di trasformare il disagio soggettivo in opportunità di evoluzione personale. Il depresso va aiutato ad affrontare ciò che la vita presenta, a dargli un senso evolutivo, a piangere e ridere della stessa cosa, senza esserne distrutto.
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